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 Siria, maggio 2013 - Al Qusseir suona il rintocco funebre agli USA nel loro tentativo di dominare il mondo; mette a nudo le connivenze con il terrorismo di quelli che dicono di combatterlo; disvela il tradimento degli islamisti e delle monarchie arabe; apre la strada a nuovi rapporti di forza multipolari (nella foto, l'esercito regolare a al Qusseir)








Al Qusseir, teatro di tutti i cambiamenti
Djerrad Amar

Dalla caduta del regime in una “settimana”, poi in un “mese”, ai due anni già passati; dalla “battaglia di Homs”, di “Damasco” poi di “Aleppo”, alle altre; di menzogna in menzogna, di tattica in tattica fino all’esaurimento di ogni possibilità, dalla creazione di un esercito denominato “libero” alla importazione con l’inganno di migliaia di terroristi “jihadisti”, gli strateghi USA-sionisti e i loro seguaci arabo-wahabo-takfiro-monarchici hanno accumulato solo fallimenti, sconfitte dopo sconfitte, nonostante le considerevoli risorse finanziarie e una propaganda mediatica di guerra senza precedenti. Ma le cose spesso sono attaccate solo a un filo.


Il filo, questa volta, sembra essere la città di Al Qusseir, nella periferia di Homs,  che è l’ultimo teatro che annuncia la cessazione dell’aggressione contro la Siria a causa della forte concentrazione di forze antagoniste. Dopo i tanti colpi assestati dall’esercito ai terroristi wahabo-takfiriti, soprattutto negli ultimi tre mesi in molte zone e località, principalmente nella periferia di Damasco, a Idleb, Lattaquié, Aleppo, Deir Ezzor, Daraa, Hama, dove si registrano centinaia di morti al giorno, la città di Al Qusseir sembra, in base agli ultimi sviluppi, il punto nodale scelto dagli strateghi USA, che comporterà la fine della guerra.


Al Qusseir era certamente il luogo strategico e determinante per invadere Damasco, punto centrale di tutta la strategia USA-sionista. Migliaia di terroristi bene armati vi sono stati fatti affluire. Si parla di 5000  terroristi, per la maggior parte non siriani (arabi e non arabi), bene armati dall’occidente, assediati dall’Esercito arabo siriano che ha loro tagliato tutti i mezzi e le fonti di approvvigionamento, in particolare con la distruzione dei tunnel che servivano per lo spostamento e lo stoccaggio di armi, munizioni e derrate. Era il “lascia o raddoppia”, l’ultimo tentativo per non perdere la faccia, vale a dire la guerra. Non è stato per caso che i sionisti, per ordine degli USA, in un tentativo di sopravvivenza, come bestie ferite hanno tentato il mezzo abietto  - che ha messo a nudo il rapporto esistente tra jihadisti e sionisti – di intervenire direttamente, con un raid, e correre in aiuto ai loro terroristi credendo di poter allentare la morsa e così salvare dal “fiasco” (in italiano nel testo) ogni loro strategia diretta a mettere in ginocchio l’asse di resistenza del Medio oriente.


Ciò è stato fatto senza tenere in debito conto l’esperienza, l’intelligenza e soprattutto la pazienza dei Siriani, che erano al corrente dei minimi dettagli, che hanno lasciato fare, ma mettendo in atto una contro strategia che consenta loro di dare poi il colpo di grazia definitivo. Un proverbio arabo dice bene che “l’astuzia di chi non ha astuzie è la pazienza” ed essa permette sempre di realizzare gli obiettivi, perché “la pazienza è molto più potente della forza” (Plutarco).


Ora le cose sembrano volgere alla fine. Sarà la resa totale o il suicidio. Al Qusseir suona il rintocco funebre agli USA nel loro tentativo di dominare il mondo; mette a nudo le connivenze con il terrorismo di quelli che dicono di combatterlo; disvela il tradimento degli islamisti e delle monarchie arabe; apre la strada a nuovi rapporti di forza multipolari; obbliga i regimi, soprattutto colonialisti, nepotisti o plutocratici, a dei cambiamenti radicali della loro politica se non vogliono sparire.