Stampa
 Siria, maggio 2013 - Un decennio dopo che il governo Bush ha utilizzato il tristemente celebre pretesto delle “armi di distruzione di massa” per lanciare una guerra di aggressione contro l’Iraq, l’amministrazione Obama si appresta a  seguire la stessa strada per lanciare la sua guerra diretta a favorire un cambiamento di regime in Siria (nella foto, John Kerry)






Mondialisation.ca, 29 aprile 2013 (trad.ossin)



Washington minaccia di invadere la Siria
Bill Van Auchen


Le accuse  pronunciate giovedì dalla Casa Bianca e dai Segretari USA di Stato e della Difesa , secondo cui alcune forze governative siriane avrebbero utilizzato armi chimiche, portano Washington sull’orlo di una nuova guerra in Medio oriente.


Un decennio dopo che il governo Bush ha utilizzato il tristemente celebre pretesto delle “armi di distruzione di massa” per lanciare una guerra di aggressione contro l’Iraq, l’amministrazione Obama si appresta a  seguire la stessa strada per lanciare la sua guerra diretta a favorire un cambiamento di regime in Siria.


In una lettera indirizzata giovedì ai membri del Congresso, la Casa Bianca ha detto che i servizi  di informazione USA ritengono in modo più o meno certo che il governo siriano avrebbe fatto uso di una piccola quantità di armi chimiche in Siria, in particolare di gas sarin.


La lettera riafferma la minaccia di Obama che qualsiasi ricorso alle armi chimiche “costituisce una linea rossa per gli Stati Uniti d’America”, aggiungendo che la Casa Binaca “ha comunicato questo messaggio in pubblico e in privato ai governi del mondo intero, ivi compreso il regime di Assad”.


Il segretario di stato, John Kerry, ha detto che il regime siriano “avrebbe attuato due attacchi chimici” e ad Abu Dhabi il segretario alla Difesa Hagel ha parlato con i giornalisti della lettera della Casa Bianca, aggiungendo che il ricorso a queste armi “costituisce violazione di tutte le convenzioni applicabili allo stato di guerra”.


Un responsabile della Casa Bianca ha detto ai giornalisti che, “per ciò che concerne la nostra risposta, tutte le opzioni sono possibili”.


Non c’è peraltro ragione di credere alla fondatezza di questi rapporti più di quanto ce ne fosse di fidarsi delle affermazioni del governo Bush a proposito dei tubi di alluminio, dei yellow cake (concentrato di uranio) del Niger e dei laboratori mobili di armi biologiche.


Oggi come dieci anni fa, queste affermazioni servono puramente e semplicemente come pretesto per una guerra di aggressione per la difesa degli interessi geostrategici  statunitensi in Medio Oriente.


Il Pentagono ha già dispiegato 200 soldati in più alla frontiera giordano-siriana per addestrare i sedicenti ribelli e, secondo Hagel, “migliorare la determinazione ed essere pronti a rispondere a qualsiasi scenario possibile”. Secondo alcuni alti responsabili USA che hanno parlato la settimana passata col Los Angeles Times,  tra questi scenari vi sarebbe anche la possibilità dell’intervento di 20.000 soldati e marines statunitensi per invadere la Siria allo scopo di “mettere in sicurezza” i suoi stock di armi chimiche.


Le dichiarazioni del governo Obama hanno provocato un torrente di rivendicazioni in vista di una azione militare immediata.


Come ci si poteva aspettare, la coalizione messa su da Washington, comprendente Fratelli Mussulmani e altri politici in esilio, ha immediatamente chiesto che i governi occidentali agiscano “immediatamente e risolutamente” per dimostrare che la linea rossa di Obama non sono solo “parole al vento”. Questa coalizione, proclamata dagli Stati Uniti e dai suoi alleati occidentali come “legittimo rappresentante del popolo siriano”, sarebbe felice di essere portata al potere dai carri armati USA.


Il senatore John McCain, repubblicano dell’Arizona ed ex candidato alla presidenza, ha chiesto che Obama agisca per applicare la sua “linea rossa”, istituendo sul territorio siriano una “zona di sicurezza” ed una “zona di esclusione aerea”. Questi obiettivi richiederebbero un bombardamento USA a largo raggio e l’intervento diretto di truppe statunitensi.


La senatrice Dianne Feinstein (Democratica della California), presidente della Commissione per i servizi di informazione del Senato, ha affermato che “un’azione (militare) deve essere avviata per impedire una utilizzazione su scala più vasta” delle armi chimiche.


In passato il governo Obama aveva dato prova di scetticismo rispetto alle affermazioni israeliane, inglesi e francesi, secondo cui il regime di Assad aveva utilizzato armi chimiche . Il mutamento di orientamento non deriva da nuove informazioni o da nuove prove scientifiche. Al contrario, esso si è verificato dopo una sconfitta dei “ribelli”, che sono sostenuti dall’Occidente e che hanno subito una serie di rovesci recenti da parte dell’esercito siriano, e più specificamente la perdita della città strategica di Otaiba, a est di Damasco, che serviva da crocevia per l’invio delle armi e degli aiuti forniti dall’occidente e dai suoi alleati delle monarchie del Golfo.


Un intervento diretto è in preparazione allo scopo di evitare una sconfitta schiacciante delle forze al servizio dell’Occidente, che sono sempre di più dominate dalle milizie islamiste, ivi comprese quelle alleate di AlQaida.


Un argomento cruciale avanzato da coloro che reclamano un intervento militare statunitense immediato in Siria è stato riassunto in una dichiarazione di Martin Indyk, ex ambasciatore USA in Israele e membro del gruppo di pressione filo-Israele, citata giovedì dal New York Times. Egli ha detto che, se il governo Obama darà “l’impressione che il presidente non abbia voglia di applicare la linea rossa, questo avrà delle conseguenze nella regione, soprattutto per ciò che concerne il programma nucleare iraniano”.


In altre parole, Washington deve effettuare una guerra di aggressione fondata su menzogne per ciò che concerne le armi chimiche della Siria, nell’intento di preparare una guerra ancora più catastrofica contro l’Iran col pretesto di contrastare il suo programma nucleare.


Infatti Hagel ha pronunciato le sue accuse sugli attacchi siriani con armi chimiche proprio mentre faceva un tour in Medio oriente, imperniato su un contratto di 10 miliardi di dollari di forniture di armi a Israele, all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, tra cui degli aerei da combattimento F16, dei missili di precisione aria-suolo, degli aerei cisterna per il rifornimento in volo e di altri sistemi di armamento concepiti per preparare una guerra contro l’Iran.


La motivazione di questa guerra non ha niente a che fare con le preoccupazioni circa l’uso di “armi di distruzione di massa” o l’incolumità del popolo siriano, come i suoi promotori pretendono. Una guerra USA contro la Siria, esattamente come quella fatta in passato contro l’Iraq, provocherà molte più vittime di quelle già prodotte dalla guerra civile settaria oggi fomentata dall’Occidente, nella misura di centinaia di migliaia di vittime, forse addirittura di milioni.


I veri obiettivi di questi preparativi di guerra traggono origine dalla crisi continua del capitalismo statunitense e dal tentativo dell’oligarchia dirigente USA di fermare questa crisi ricorrendo alla forza militare per assicurarsi il controllo sulle regioni strategiche del Medio oriente e dell’Asia centrale.


Questa politica criminale ricorda fortemente la decisione del regime nazista di salvare il capitalismo tedesco dalla crisi degli anni 1930 con una guerra di aggressione e di conquista.


L’aggressione militare contro la Siria e l’Iran rappresenta una guerra ben più sanguinosa di quelle fatte dagli Stati Uniti nell’ultimo decennio in Iraq e in Afghanistan. Essa rischia di provocare un incendio ben più vasto che potrebbe coinvolgere l’intera regione, e anche delle potenze esterne, vale a dire la Russia e la Cina, i cui interessi sono minacciati.


Non saranno solo le popolazioni siriane e iraniane a pagare il terribile prezzo di una simile guerra, ma anche i lavoratori statunitensi, sia nel senso della vita dei loro figli e figlie mandati al fronte, sia per l’aggravamento delle misure di austerità e il peggioramento delle condizioni di vita.


(…)