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 Crisi siriana, marzo 2013 - Di recente gli Stati Uniti hanno chiesto al Qatar di interrompere il suo sostegno finanziario e logistico  all’opposizione siriana. Questa richiesta potrebbe voler dire che Washington preferisce cooperare sul dossier siriano con l’Arabia Saudita, piuttosto che col Qatar









Numidia-liberum.blogspot.fr, 10 marzo 2013 (trad. ossin)



Siria, il Qatar fuori gioco?


Di recente gli Stati Uniti hanno chiesto al Qatar di interrompere il suo sostegno finanziario e logistico  all’opposizione siriana. Questa richiesta potrebbe voler dire che Washington preferisce cooperare sul dossier siriano con l’Arabia Saudita, piuttosto che col Qatar. Il governo qatariano ha informato il presidente della Coalizione degli oppositori al governo siriano, Moaz al-Khatib, che, a causa delle crescenti pressioni di Washington, Doha ha deciso di interrompere i suoi aiuti finanziari agli oppositori a partire dal 1° marzo. A sua giustificazione, il governo qatariano ha fatto riferimento all’esistenza di divisioni in seno all’opposizione siriana. Doha ha anche sostenuto che è stata la Coalizione a interrompere i rapporti col governo del Qatar, che ha deciso, di conseguenza, di interrompere l’aiuto finanziario. Ma sembrerebbe che vi siano altre ragioni alla base di questa decisione: alcuni rapporti della Casa Bianca e del Congresso USA mostrano che gli Statunitensi sono preoccupati per i caratteri del ruolo che il Qatar sta giocando nella crisi siriana e nell’insieme della regione del Medio Oriente, soprattutto dopo l’assassinio dell’ambasciatore degli Stati Uniti a Bengasi, in Libia, e l’attacco all’ambasciata USA a Tunisi. Tutti sanno che in Tunisia il Qatar finanzia non solo Ennahdha, ma anche, insieme all’Arabia Saudita, proprio i gruppi salafisti (che hanno la responsabilità dell’attacco all’ambasciata) e alcuni “liberali”, come il grottesco presidente della repubblica.

Alla luce di questi rapporti, il governo qatariano avrebbe usato la propria influenza per assumere il controllo delle correnti islamiste estremiste. Nello stesso tempo i leader del Qatar vorrebbero fare intendere agli statunitensi, e soprattutto al presidente Barack Obama, che il Qatar sarebbe in grado di giocare il ruolo di intermediario degli interessi USA in tutta la regione del Medio oriente.

Queste preoccupazioni hanno spinto gli Stati Uniti a fare nuove pressioni sul governo del Qatar, da qualche settimana, perché cessi di aiutare finanziariamente i miliziani che si battono contro il governo siriano. Gli Stati Uniti vogliono soprattutto che il Qatar non finanzi più i gruppi jihadisti estremisti che si infiltrano in Siria.


D’altro canto, la Casa Bianca ha fatto capire ai leader qatariani che Washington non desidera il rovesciamento del governo del presidente Bashar al-Assad, ma preferisce piuttosto che la situazione possa stabilizzarsi in Siria attraverso la cooperazione con le forze civili e laiche. Secondo taluni analisti, gli Stati Uniti hanno deciso di realizzare un cambiamento degli attori principali presenti sulla scena dei fatti siriani. In questo senso avrebbero deciso di sopprimere completamente la presenza del Qatar. Quanto alla Turchia, sembra che gli Stati Uniti abbiano raddoppiato le loro pressioni sul governo di Ankara perché modifichi la propria posizione nei confronti della evoluzione della crisi siriana.  A Washington alcuni dicono che oramai la Casa Bianca vorrebbe rimescolare le carte, responsabilizzando i veri attori della crisi siriana. Secondo gli analisti, l’Arabia Saudita sarebbe l’attore sul quale gli Stati Uniti vogliono puntare più di prima. Secondo Qassem Mohebali, sembrerebbe che gli Stati Uniti avrebbero chiesto all’Arabia Saudita di giocare in Siria lo stesso ruolo che ha già giocato nello Yemen.


Gli Stati Uniti e i loro alleati europei vorrebbero canalizzare l’evoluzione della crisi siriana in uno schema capace di soddisfarli pienamente:

1) Essi non desiderano un crollo completo in Siria,

2) Non vogliono che la struttura amministrativa e di sicurezza della Siria si sgretoli completamente,

3) Preferiscono che il presidente Assad e i suoi non siano più al potere in Siria,

4) Gli Statunitensi, traendo insegnamento dal fallimento islamista in Tunisia, in Egitto e in Libia, preferiscono adesso che Assad venga rimpiazzato da un governo nazionale e laico e filo occidentale,

5) Desiderano che il nuovo governo siriano sia un alleato dell’occidente e che si adegui al processo di pace in Medio Oriente, vale a dire alla dominazione israelo-Usa-wahhabita sul Medio oriente e il Maghreb,

6) Non vogliono che la crisi si propaghi nei paesi vicini, come il Libano, la Turchia o l’Iraq. Almeno non in questo momento, perché lo scenario non è ancora conforme ai piani statunitenso-israeliani di rimodellamento di questa regione,

7)  Non vogliono che la Siria continui ad essere amica dell’Iran e di Hezbollah libanese.

Si tratta di un piano assai differente da quello già immaginato da alcuni paesi della regione, tra cui la Turchia, il Qatar e l’Arabia Saudita. Questi paesi volevano soprattutto impedire ogni soluzione pacifica e democratica della crisi siriana. Volevano, e vogliono ancora, imporre un governo islamista sunnita, che obbedisca loro al minimo cenno, come accade in Tunisia, per esempio. E’ il motivo per il quale questi paesi hanno sostenuto, fin dall’inizio, i gruppi estremisti salafisti sunniti, inviando loro armi, mercenari e danaro.


Il Qatar e l’Arabia Saudita volevano, e vogliono sempre, sia pure in concorrenza tra loro, estendere la loro influenza su tutti i paesi della regione del Medio oriente e del Maghreb, senza dimenticare il Sahel. Ma tra Doha e Riyad vi è anche una forte rivalità. L’Arabia Saudita aveva da molto tempo una tradizionale influenza su alcuni paesi arabi del Medio oriente, tra cui il Libano. Ma il Qatar non aveva una simile influenza e ha voluto, molto velocemente, segnare la propria presenza sulla scena degli avvenimenti politici della regione giocando la carta di altri gruppi estremisti salafisti. Insomma questi due paesi fanno a gara a chi ha al suo fianco il più gran numero di gruppi salafisti, a chi dispone di più pedine in questo gioco di scacchi, le cui maggiori vittime sono i poveri popoli di questa regione dimenticata da dio.   I leader islamisti, come Ghannouchi e simili, approfittano di questa malsana concorrenza per arricchirsi al massimo possibile. E’ questo il loro islam.
  


http://numidia-liberum.blogspot.fr/2013/03/syrie-le-qatar-hors-jeu.html