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Le Grand Soir, 3 agosto 2012 (trad.Ossin)


Assassinio del Principe Bandar, capo dei servizi di informazione dell’Arabia Saudita (Asia Times)
Pepe Escobar


Il principe “Bush” Bandar, 63 anni, figlio del Principe Sultan Abdulaziz (ministro della difesa saudita, 1963-2001), ambasciatore a Washington (1983-2005) e finanziatore discreto della jihad, è stato assassinato da uno squadrone della morte siriano?


Un silenzio assordante è presente nei media siriani, iraniani ed arabi (per la maggior parte controllati dai Sauditi). Lo stesso vale per Al Jazeera. Ecco la versione piuttosto inaffidabile di Debka (in inglese): http://www.debka.com/article/22225/Saudi-silence-on-intellig...


La cronologia qui è cruciale. Il Principe Bandar bin Sultan bin Abdulaziz Al Saud è forse il cervello dell’operazione “Vulcano di Damasco” del 18 luglio. E’ stato certamente promosso capo dei servizi di informazione sauditi il 19 luglio. Ed è stato forse assassinato, da un attentato con una bomba al Quartier Generale della Intelligence Generale Saudita, il 22 luglio.


Una voce siriana pretende che “Vulcano di Damasco” sia stato ideato dai servizi sauditi, con l’appoggio logistico della CIA. E’ assai poco probabile. La CIA è del tutto incapace di infiltrarsi negli ambienti più vicini ad Assad. La versione più diffusa in circolazione nella capitale siriana è che si sia trattato di un colpo di stato bianco.


Di fatto “Vulcano di Damasco” è stato un fallimento. Gli sciami di mercenari – infiltratisi attraverso la Giordania – che avrebbero dovuto prendere il controllo della capitale si sono ritirati verso nord. Al momento attuale i media si focalizzano su di una nuova falsa battaglia decisiva – la “battaglia di Aleppo”.


Ci sono delle cose che davvero non convincono nella vicenda “Vulcano di Damasco”. Nessuno dei quattro capi dei servizi di informazione militare di Assad è stato ucciso – di fatto sono loro che dirigono le terribili operazioni ad Aleppo.


Vi sono anche seri dubbi sulla capacità di uno squadrone della morte siriano di colpire gli ambienti
più vicini al potere di Riyadh. Ma i servizi iraniani ne sarebbero assolutamente capaci. Quanto all’ipotesi di Debka secondo la quale Teheran avrebbe reclutato degli jihadisti di Al Qaida per fare il lavoro, è una cretinata.


La verità è questa: nessuno sa, perché nessuno parla.


Quello che è certo, è che la nomina di Bandar alla testa dei servizi sauditi era parte della risposta del Re Abdullah alla Primavera araba.


In Siria la strategia saudita consiste nel provocare un mutamento di regime – e dare vita a un governo sunnita fragile e diviso a Damasco, che non sarebbe allineato con Teheran.  


All’interno la strategia consiste nello schiacciare senza pietà le proteste sciite nell’est del paese. Si piò dire che non c’è Primavera araba in Arabia Saudita perché la monarchia saudita ricorre sia alla corruzione che all’intimidazione dei suoi cittadini.


La strategia speciale e di “gettare la colpa sull’Iran”; secondo questa logica, gli sciiti sauditi sono solo delle marionette di Teheran, così come gli sciiti del Bahrein. L’amministrazione Obama condivide ciecamente questa menzogna dimenticando l’essenziale: la monarchia saudita detesta la democrazia parlamentare all’occidentale quanto gli sciiti, siano essi iraniani o meno.


Che cosa è successo dunque a Riyadh? Uno spettacolare messaggio inviato da Teheran alla monarchia saudita? Un kamikaze indipendente? Una guerra interna saudita? La monarchia saudita tace. E Bandar non può più parlare.