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Ma il nuovo governo deve essere molto cauto. Il passato è stato colorato di posizioni ideologiche e caratterizzato dalla disinformazione. Politiche sostenibili ed un’attenzione certosina alla realtà devono predominare. Insieme a ricerche sul campo, si devono comprendere le dinamiche della terra, dell’agricoltura e della sussistenza, ma soprattutto bisogna porre attenzione alle prospettive dei contadini. Il “Programma di riforma agraria e di susistenza” nel sud dell’Africa si è concentrato proprio su questo. Grazie ad un ricerca dell’Università del Capo in Namibia, Sud Africa e Zimbabwe (www.lalr.org.za) si sono raccolte importanti informazioni della riforma agraria in Zimbabwe a partire dal 2000. I dati hanno rivelato importanti verità che mettono in discussione le principali argomentazioni che i media hanno avanzato.

Luogo comune 1: La riforma agraria in Zimbabwe è stata un fallimento.

Non c’è una sola storia di riforma agraria in Zimbabwe: essa è differente a seconda della regione, della tipologia, dello schema, dello stakeholder (il partecipante). Nella provincia di Mavingo sono stati redistribuiti 1.2 milioni di ettari a 20.000 famiglie. Tra questi, i piccoli agricoltori autosufficienti (A1), le cui attività si caratterizzano per un basso investimento di capitale ed un predominante ricorso alla manodopera locale, se la sono cavata abbastanza bene, in particolare nelle zone più umide. Questi contadini hanno dissodato la terra, piantato i semi, fatto investimenti e assunto nuovi lavoratori. Con la redistribuzione si è venuta a creare una nuova stratificazione socio-economica. Alcuni hanno abbandonato la terra a causa di sfortuna, malattia o morte (ci sono alti tassi di HIV/AIDS in tutta la parte sud dell’Africa).
Il gruppo dei piccoli agricoltori che vendono sul mercato (A2) ha invece subito le drastiche conseguenze della crisi economica che ha impedito o rallentato investimenti in capitale. Ma ci sono delle eccezioni di imprese che, nonostante l’iperinflazione e la carenza di credito, sono riuscite ad emergere. La storia è simile nelle “zone dello zucchero” che vedono i contadini differenziare il raccolto per ridurre il rischio. Queste imprese agricole che producono su larga scala hanno avuto difficoltà ad affrontare la crisi. Tuttavia, nel corso di alcune interviste, i contadini hanno detto che nonostante tutte le difficoltà la loro vita è migliorata notevolmente. Altri hanno detto che sono più felici adesso poiché hanno più terra a disposizione. C’è molta confusione circa su questi fatti. Nel 2000 è stato abolita la vecchia agricoltura dualistica, erede del sistema coloniale, che è stata sostituita da un nuovo modello che ha prodotto vincitori e perdenti. Detto questo, non si può dire che si sia trattato di un fallimento. Le nuove politiche da adottare dovranno tenere conto di ciò ed impedire il ritorno di modelli agrari vetusti.

Luogo comune 2: I beneficiari della redistribuzine sono stati i “compari” politici

Non si può negare il fatto che ci sia stato un fenomeno del genere specialmente per le terre di più alto valore, come nel Highveld, vicino Harare. Tuttavia, su 16 siti e 400 famiglie (341 di tipo A1, 59 di tipo A2) intervistate a Masvingo, il 60% sono “contadini ordinari”. Sono persone provenienti dalle aree vicine, sono migranti. Non si tratta di famiglie ricche o con legami politici, bensì povere. Alle domande rispondono che “questa è la terra per la quale hanno da sempre combattuto, i loro parenti sono morti per essa…. Adesso noi dobbiamo coltivarla”. Coloro che hanno tratto un vantaggio dalla riforma agraria sono stati anche i lavoratori agricoli, gli stessi che organizzarono l’invasione delle terre che avevano lavorato in passato. Questo gruppo rappresentava il 7% del totale. Un numero simile è composto dai veterani della guerra, che spesso hanno condotto le invasioni delle terre e che hanno ottenuto una porzione maggiore. Tra gli A2 ci sono numerosi funzionari dello stato (14%), in genere insegnanti, in assenza di salario l’accesso alla terra rappresenta un importante strumento di sussistenza. Un altro 5% è costituito da commercianti, che possiedono un negozio o un’attività. Infine c’è un gruppo, sempre nell’A2, composto da funzionari dei servizi di sicurezza (polizia, esercito agenti dell’intelligence con forti legami politici). Quest’ultimo gruppo costituisce il 3% del totale ed è probabilmente il più associato al fenomeno della “raccomandazione”. Funzionari dello stato, funzionari dei servizi di sicurezza e commercianti sono coloro che hanno maggiori rapporti con la città e più conoscenze. Questo mix sociale è in contrasto con il vecchio modello di ripartizione, il che nel lungo termine offre opportunità per innovazioni economiche e sociali.

Luogo comune 3: Nei nuovi insediamenti non si fanno investimenti.

Le immagini di caos sulla riforma agraria in Zimbabwe, riportate dai media internazional, hanno dominato le prime pagine. Sebbene si possa parlare di danni sostanziali delle strutture commerciali di base in alcune parti del paese, compiute tanto dai nuovi quanto dai vecchi occupanti, ci sono stati anche investimenti significativi, quasi tutti privati e senza sostegno statale. Cambiamenti al sistema di produzione, da una produzione su larga scala ad una produzione su scala limitata, dimostrano che le priorità non sono più sistemi di irrigazione e aratri meccanici, ma mezzi più modesti e utili per l’immediato. I nuovi contadini A1 hanno dissodato molte aree, hanno costruito nuove case, hanno fatto investimenti in bestiame. Il 75% possiede un aratro, il 40% una bicicletta, il 39% un carretto e il 15% un’automobile. Questi investimenti hanno un valore superiore a quello della terra che fino ad ora i contadini hanno coltivato.
I contadini A2 hanno meno opportunità di accesso a risorse alternative, così solo pochi hanno avuto modo di fare degli investimenti. Uno di questi ha costruito un campo di grano a irrigazione con un nuovo tipo di pompa e con trattori. Un altro ha lavorato alla costruzione di un caseificio. Altri hanno dato il via ad imprese ortofrutticole riparando attrezzature abbandonate. Anche qui ci sono casi di vittoria e casi di sconfitta a causa dello stato generale dell’economia. La chiave per le politiche future deve essere la stabilità economica e la destinazione di credito ai contadini tutti, non solo a chi produce per il commercio.

Luogo comune 4: Il settore agricolo è in rovina


L’agricoltura in Zimbabwe ha passato momenti difficili. I cambiamenti radicali sono sempre dolorosi, specialmente se accompagnati da crisi economica e ricorrente siccità. Tutti i dati statistici sulle materie prime indicano il ribasso, riflettendo il collasso solo della vecchia e formale economia agricola, non della nuova microeconomia agricoltura. Nella regione del Masvingo l’economia era dominata dall’industria dei bovini, degli animali selvatici, ma anche dalla produzione di zucchero e agrumi. Il settore dei bovini si è trasformato radicalmente, mentre il settore degli animali selvatici soffre del declino della caccia. I vecchi allevamenti di bovini sono stati riadattati alle esigenze di un agricoltura non più di larga scala.
Per i contadini A1 il settore agricolo è produttivo. Nella stagione 2005-06, circa il 75% delle famiglie, nelle zone del nord di Gutu e Masvingo, hanno prodotto più di una tonnellata di granturco, sufficiente per le necessità della famiglia, per essere venduto e conservato. Non si può dire lo stesso per le aree più secche dove la situazione della sicurezza alimentare è stata precaria.
Ciò dimostra le potenzialità della piccola agricoltura nel nuovo assetto: una tra le diverse forme di sostentamento tra le quali rientrano le attività extra, il commercio e le rimesse. L’agricoltura è una forma di sussistenza per la maggioranza della popolazione, quindi sono necessarie politiche che assicurino la fornitura di input, inoltre nelle zone aride è necessario il controllo dell’acqua e l’investimento in piccoli impianti di irrigazione.

Luogo comune 5: L’economia rurale è collassata.

Mentre l’economia formale è in una terribile morsa e vede un’inflazione rampante, l’economia agricola nella regione di Mavingo si sta adattando rapidamente. Il cambiamento radicale nella struttura agricola sta alterando la catena del valore, formalmente dominata da agricoltura su larga scala, gestita da bianchi.
La catena del valore del settore bovino è un buon esempio. Nel passato c’era un legame stretto tra pochi fornitori e pochi mattatoi della Cold Storage Company. Oggi, invece, sono coinvolti molti nuovi attori e nuovi fornitori.
Il collasso delle esportazioni è invece stato sostituito da mercati locali. Ci sono stati molti ostacoli nelle forniture, visto che i nuovi contadini erano impegnati negli investimenti e ad incrementare i gregge anziché vendere sul mercato. La carne di bovino non si vende più nei supermercati cittadini, ma sui mercatini locali. Nuovi fornitori emergono, nuovi partecipanti contribuiscono all’economia agricola e i benefici sono molto meglio distribuiti. L’attività economica si è spostata, facendo incontrare domanda e offerta, facendo emergere nuovi legami commerciali, coinvolgendo spesso scambi economici transfrontalieri illegali. Si riscontrano nuovi investimenti anche in altri settori economici, come il commercio al dettaglio che ha dato luogo a nuovi legami economici generatori anche di occupazione agricola. Tuttavia questi effetti sono stati annullati dalla pressione iperinflattiva e dalle norme sul controllo dei prezzi. Ma in condizioni diverse queste nuove attività riemergerebbero. Le strategie future devono occuparsi di elevare la stabilità economica, incrementando la produzione locale ed il potere d’acquisto. Al momento i benefici netti della ristrutturazione agricola non sono ancora chiari, ma con un giusto sostegno si può realizzare una robusta crescita economica. L’importante è che questi sforzi non sottostimino l’intraprendenza economica affermatasi negli anni recenti. La nuova catena di valore è probabilmente ancora caotica e confusa, ma i suoi vantaggi sono distribuiti meglio ed essa è maggiormente fondata sull’economia locale. Nel lungo periodo questa nuova organizzazione agricola potrebbe crescere con vigore e affermare una crescita che la vecchia economia agricola non avrebbe mai potuto immaginare.
Possiamo solo sperare che il nuovo governo e il gruppo di donatori seguano queste raccomandazioni, anziché, come troppo spesso accade, seguire impostazioni ideologiche che non tengono in debito conto delle forze sociali emergenti. Il paese ha molte necessità: stabilità politica ed economica; investimenti e sostegni all’agricoltura; ma al contempo c’è molto da costruire e forze positive da catalizzare. Speriamo che si affermi una spirale positiva che produca benefici ben distribuiti e che infine la piccola agricoltura diventi il motore della crescita economica.

Ian Scoones (Institute of Development Studies)