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Investi'action, 10 novembre 2017 (trad. ossin)
 
Elezioni regionali in Venezuela: trionfo del chavismo, opposizione allo sbando e i media rifiutano di ammetterlo
Ricardo Vaz
 
Mentre il presidente della Commissione Elettorale del Venezuela (CNE) legge i risultati delle elezioni regionali del 15 ottobre, le redazioni dei media mainstream sono in stato di shock. Il chavismo ha vinto in 18 delle 23 (1) regioni, un risultato che, secondo loro, non si sarebbe dovuto avere. Gli osservatori internazionali hanno approvato il processo elettorale, e le accuse di frodi, riprese ingenuamente dai media, non stanno in piedi
 
Nicolas Maduro
 
Il Partito socialista unificato del Venezuela (PSUV) ha riportato una vittoria strepitosa. Tra le regioni conquistate, alcune sono piuttosto importanti. Hector Rodríguez, un giovane leader chavista carismatico, ha strappato Miranda all’opposizione. Miranda comprende una parte di Caracas ed era il punto più caldo delle violenze scatenate dall’opposizione nei mesi scorsi. Un altro esempio è quello dello Stato di Barinas, dove è nato Chavez, che pure aveva conosciuto momenti di agitazione nei mesi passati. Il fratello più giovane di Chavez, Argenis, era candidato in questo Stato, già governato con successo dal PSUV.
 
L’opposizione ha perso le tre regioni conquistate nel 2012 (Miranda, Amazonas e Lara) e ne ha strappate altre cinque (Anzoategui, Merida, Nueva Esparta, Tachira e Zulia), tre delle quali poste alla frontiera con la Colombia, con ciò lasciando temere che possa intensificarsi l’attività paramilitare proveniente da quello Stato. Il tasso di partecipazione è stato del 61%, contro il 54% di cinque anni prima, e il PSUV ha raccolto il 54% dei voti, circa 5,6 milioni. Questo risultato segna un ribaltamento completo rispetto alle legislative del 2015. E dimostra anche che il nocciolo duro del chavismo resta fortissimo e ciò si deve non tanto alla coerenza del suo governo, quanto all’incapacità dell’opposizione di mobilitare i suoi elettori.
 
Carta delle elezioni regionali. Il chavismo ha vonto in 18regioni (in rosso), e l'opposiizione in 5 (in blu)
 
La reazione dei media è degna di figurare nei libri di storia. Non avendo prestato troppa attenzione a queste elezioni, nel periodo pre-elettorale si sono limitati a riciclare il solito discorso: « se le elezioni saranno giuste e trasparenti, sarà uno tsunami dell’opposizione ». Quando i risultati sono stati resi pubblici, piuttosto che cercare di capire le ragioni per cui le loro previsioni non si erano avverate, i media si sono rifugiai nella tana del coniglio. Non corrispondendo a quanto essi avevano malamente raccontato, né ai loro sondaggi scombinati, i risultati erano semplicemente impossibili !
 
La prova che erano impossibili era altrettanto debole. Si è ricorsi all’abituale accusa infondata, o facilmente confutabile, di « frodi ». Il New York Times ha aggiunto la tanto scientifica affermazione che « la partecipazione era stata evidentemente più bassa », mentre Reuters, dalla sempre più dubbia affidabilità, è andato oltre, parlando di persone costrette a votare con una pistola puntata alla tempia ! Diversi analisti si sono messi in mostra affermando che questi risultati erano impossibili, taluni argomentando perfino che erano « inconcepibili ». Pare che questi giornalisti e analisti abbiano violato una delle regole cardini della informazione: mai innamorarsi delle proprie fonti. In parole povere, hanno cominciato a credere davvero alla loro stessa propaganda.
 
Una sconfitta clamorosa per l’opposizione
 
Esaminiamo adesso quali sono state le iniziative che l’opposizione venezuelana, appoggiata dagli Stati Uniti, ha preso nel recente passato. Prima di tutto ha scatenato un’ondata di violenze nelle strade in aprile, che ha provocato più di 100 morti (la maggior parte frutto delle violenze dell’opposizione). Sostenuta da una propaganda dei media a pieno regime,  ha dichiarato di essere in procinto di « rovesciare la dittatura ». Ma, al di là di qualche isolata occasione, le violenze non si sono mai spinte al di là del bastioni dell’opposizione, principalmente a Caracas est.
 
Quando Maduro ha proposto l’Assemblea costituente, l’opposizione ha rifiutato di partecipare al processo elettorale e dichiarato che ne avrebbe impedito lo svolgimento. Ha perfino messo in scena un suo proprio « referendum » per respingere l’Assemblea costituente e ha invitato le forze armate a intervenire. Ma in quella che si è dimostrata una grande prova di forza dei chavisti, oltre che una manifestazione contro la violenza dell’opposizione, il 30 luglio hanno votato più di 8 milioni di persone. Tutto quello che l’opposizione, e i media, potevano fare, era di dichiarare che i risultati erano falsi, basandosi su sondaggi affrettati e sulle dichiarazioni senza fondamento di Smartmatic (2). Queste elezioni, e l’assunzione delle funzioni da parte dell’Assemblea costituente, hanno davvero riportato la pace nelle strade.
 
Allora, dopo avere dichiarato di voler rovesciare la dittatura e chiesto a Maduro di dimettersi il giorno dopo, l’opposizione si è rivolta ai suoi elettori e ha chiesto loro il più seriamente possibile di uscire e di andare a votare alle elezioni regionali. L’ala più dura ha scelto di astenersi (e rimprovera adesso i dirigenti di aver partecipato), ma la maggior parte dei partiti dell’opposizione ha insistito nel discorso assurdo di « votare contro la dittatura ». All’esito di questa storia assurda, il risultato è stato una sconfitta clamorosa. E allora, puntuale come un orologio, l’opposizione ha dichiarato che i risultati erano fraudolenti. Francamente cos’altro resta loro da fare? Magari potrebbero spedire i loro candidati sconfitti a Washington DC e formare un « governo in esilio ». (3)
 
Accuse fraudolente di “frodi”
 
Se la copertura mediatica del Venezuela conservasse un minimo di onestà, gli articoli spiegherebbero come funziona il sistema di voto, per poter contestualizzare  queste accuse di « frode ». In sintesi, l’elettore vota usando una macchina, che stampa una scheda con il voto espresso e, dopo averne controllato la conformità, lo stesso elettore la deposita nell’urna. Completate le operazioni elettorali, viene effettuato un audit nel 54,4% dei seggi elettorali, scelti a caso. Vengono nuovamente contate le schede cartacee e si controlla se corrispondano, con un margine minimo di errore, ai risultati del voto elettronico. Ciò assicura che statisticamente i risultati siano praticamente definitivi, ed è quello che il presidente del CNE, Tibisay Lucena, intende dire quando annuncia che i risultati sono « irreversibili ».
 
Sia i chavisti, che l’opposizione e gli osservatori internazionali partecipano alle verifiche preventive, sono poi presenti nei seggi durante le votazioni e anche all’ audit. All’esito di queste operazioni firmano un rendiconto (acta). E’ dunque difficilissimo sostenere che vi sia stata una vera frode elettorale. Infatti il candidato battuto dell’opposizione a Miranda, Carlos Ocariz, ha detto che aveva lui stesso avuto tra le mani il rendiconto e che non era questo il problema. E’ dunque ridicolo che la Francia e il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti abbiano detto che vi sono problemi nelle operazioni di comunicazione dei risultati.
 
La principale denuncia di « frode » da parte dei media concerne la ri-localizzazione di più di 200 seggi (su 13 500) in zone dove l’opposizione è meno forte e che sono tradizionalmente filo-governative. Quel che, molto comodamente, non è stato segnalato è che si trattava di seggi che non si erano potuti aprire durante le elezioni dell’Assemblea costituente a causa delle violenze dell’opposizione, cosa che giustifica pienamente una ri-localizzazione mirante a garantire le condizioni di sicurezza del voto.
 
Vi sono state anche proteste a proposito dei candidati dell’opposizione che avevano perso le primarie (contestate) e il cui nominativo continuava a comparire nella scheda. Ad esse la CNE ha risposto che le richieste di ritiro dal voto non erano state fatte nei tempi stabiliti. Ma, alla luce dei risultati, tutte le tornate elettorali hanno praticamente visto in competizione due soli candidati, con una percentuale minima di voti attribuiti ad un terzo candidato e col vincitore attestatosi a più del 50%; dunque qualsiasi conseguenza dovuta a tale problema è stata trascurabile (con la possibile eccezione dello Stato di Bolivar).
 
Un’altra denuncia riguarda alcuni seggi che hanno aperto in ritardo. Detto questo, anche dopo la chiusura dei sondaggi alle 18, chi è ancora in coda deve votare, quindi questa denuncia non ha senso. Nel complesso, l’opposizione venezuelana, i loro sostenitori e i media, vorrebbero fra credere al mondo che le elezioni erano fraudolente perché i votanti della classe media non volevano fare la fila e, ancor meno, vedere poveri lungo la strada verso il seggio.
 
Festa chavista per il trionfo elettorale (foto AVN)
 
Le via da percorrere
 
E’ difficile prevedere cosa farà l’opposizione venezuelana, con segni già evidenti di lotte intestine. Coi loro atteggiamenti da « culto del disastro » è improbabile che riescano a riattivare la violenza urbana, e quindi ogni loro speranza sta in quello che potrà fare l’Impero USA. Spereranno che (ancor più) sanzioni possano infliggere tante sofferenze ai Venezuelani da far loro vincere le elezioni presidenziali dell’anno prossimo. I più fanatici potrebbero addirittura sperare che Trump continui a minacciare il paese di intervento militare.
 
Una cosa su cui possono contare, è l’appoggio risoluto e incondizionato dei media mainstream. Mentre i votanti e gli elettori dell’opposizione possono fare appello alla loro memoria e rilevare incoerenze e contraddizioni, non ci si deve attendere lo stesso da parte dei media. Continueranno a ripetere che queste elezioni sono state fraudolente, che la partecipazione al voto del 30 luglio è stata gonfiata, e ad allungare la storia di questo ex procuratore, dicendo che ha le prove della corruzione che coinvolge i funzionari  del governo. Come tutto quello che può essere utilizzato contro il governo bolivariano, non ha mai bisogno di prove.
 
Quanto al chavismo, è indiscutibile che le due ultime elezioni sono state delle vittorie sacrosante. Gli analisti occidentali valutano, e ancora un volta non riescono a capire la vitalità della rivoluzione bolivariana, e riducono i chavisti a fanatici cui è stato lavato il cervello o a gente solo spaventata di perdere i suoi benefici (4). La realtà è che, anche sotto il peso di una grave crisi economica che li ha duramente colpiti, e nonostante la leadership avrebbe dovuto comportarsi in modo diverso, i Venezuelani poveri e la classe operaia vedono ancora questo progetto come il loro, un progetto nel quale sono attori e non semplici spettatori.
 
Il mandato di Maduro ha indubbiamente visto il chavismo sempre sulla difensiva, con una guerra economica, una riduzione costante dei prezzi del petrolio, due crisi di violenza guarimba (violenza politica) e le costanti pressioni e sanzioni internazionali. Appena usciti da questa vittoria elettorale e con l’Assemblea costituente insediata, è imperativo che il chavismo colga questa occasione per radicalizzarsi, per passare all’offensiva, con un anno davanti prima delle elezioni presidenziali. Il sostegno che ha ricevuto attraverso questa tempesta non deve essere dato per scontato, e adesso ha una finestra di fuoco per combattere contro la corruzione, accrescere il controllo della classe operaia sull’economia, ampliare l’influenza dei comuni ecc. Non si tratta solo di conservare la propria base elettorale, è in gioco come vincere la guerra economica, come si costruirà il socialismo.
 
 
Note:
 
(1) Le operazioni di conteggio sono state ultimate solo in 22 dei 23 Stati. Nello Stato meridionale di Bolivar, la vittoria del candidato del PSUV si è ottenuto con un margine scarso.
 
(2) Smartmatic, la compagnia responsabile del software delle macchine del voto, ha dichiarato che “senza alcun dubbio” la partecipazione è stata gonfiata di almeno 1 milione di votanti. La dichiarazione è stata respinta dalle autorità elettorali del Venezuela perché la compagnia non ha accesso ai dati elettorali. Diverse organizzazioni di solidarietà hanno inviato una lettera al direttore di Smartmatic, Antonio Mugica, l’8 settembre, chiedendo che la compagnia presenti le prove a supporto della sua dichiarazione o si scusi. Ma a tutt’oggi non vi è stata alcuna risposta.
 
(3) In modo tempestivo, María Corina Machado ha esortato l’assemblea nazionale controllata dall’opposizione, che è accusata di oltraggio al tribunale dalla metà del 2016, di nominare una nuova commissione elettorale. Si spera ci sia spazio sufficiente presso la sede dell’Organizzazione degli Stati americani a Washington.
 
(4) Se solo avessero una comprensione politica profonda e matura come quella dell’opposizione e il suo slogan “non vogliamo essere Cuba”…