Stampa



France-Irak Actualité, 7 gennaio 2015 (trad. ossin)



Attentato a Charlie Hebdo: tutto è cominciato così

Gilles Munier


Gilles Munier ha (bene) commentato la tragica vicenda dell’attentato a Charlie Hebdo, distinguendo il naturale e spontaneo orrore verso una manifestazione così crudele di insensatezza e fanatismo dall’analisi obiettiva delle ragioni profonde che questa orrenda vicenda ha contribuito a produrre. Lo ha fatto riproponendo l’articolo che scrisse il 15 febbraio 2006, in occasione della pubblicazione delle caricature di Maometto


Caricature del profeta: una manipolazione neoconservatrice?
Gilles Munier (15 febbraio 2006)

Ambasciate e Consolati danesi attaccati o in fiamme, bandiere danesi bruciate da manifestanti inferociti, giornalisti e caricaturisti minacciati di morte, il corpo di spedizione danese in Iraq tappato dentro le sue basi, appelli al boicottaggio dei prodotti danesi, norvegesi, francesi… Gli estremisti neo conservatori danesi, statunitensi, israeliani – o altro – possono sfregarsi le mani: con la pubblicazione delle caricature denigranti il profeta Maometto sul Jyllands Postem, riprese quattro mesi dopo da France Soir e Charlie Hebdo, hanno dato alle opinioni pubbliche occidentali una anticipazione dello “Scontro di civiltà”. Il bombardamento preventivo dell’Iran o della Siria, accusati da Condoleeza Rice di soffiare sul fuoco, è più che mai probabile.

La crisi provocata il 30 settembre 2005 dal quotidiano Jyllands Postem avrebbe potuto limitarsi all’ambito danese. Sarebbe bastato che delle scuse sincere fossero state presentate ai mussulmani del paese nei giorni seguenti. Ma è successo il contrario: le iniziative delle organizzazioni mussulmane locali si sono scontrate con un muro di disprezzo e di arroganza. Il 20 ottobre, il primo ministro liberale Anders Fogh Rasmussen ha fatto sapere, agli ambasciatori dei 10 paesi arabi che chiedevano di incontrarlo per protestare, che non aveva tempo per riceverli.


C’è del marcio in Danimarca

Lo Jylland non ha equivalenti in Francia. E’ un quotidiano xenofobo, perfino razzista. Conduce incessanti campagne contro gli immigrati mussulmani, e alimenta un clima esecrabile in Danimarca. Secondo il redattore capo di Politiken – un altro quotidiano danese – la pubblicazione delle caricature del profeta mirava al solo obiettivo di “offendere, coprire d’improperi la minoranza mussulmana” (1). La redazione del quotidiano l’aveva peraltro detto chiaramente all’epoca, prima di trincerarsi dietro la libertà di espressione.

Flemming Rose, responsabile della pagina culturale del giornale, è un amico di Daniel Pipes, neo conservatore considerato negli Stati Uniti come il principale teorico dell’islamofobia (2). Gli ha peraltro dedicato nel 2004 un articolo pieno di lodi con il titolo “la minaccia islamista…” (3).

Daniel Pipes, assai apprezzato da George W Bush, Dick Cheney e Paul Wolfowitz, dirige il Middle East Forum, un think tank la cui mission è di “promuovere gli interessi statunitensi in Medio Oriente”. La sua grande idea è stata la creazione di Campus Watch, un osservatorio che denuncia i professori che non sono abbastanza filo israeliani. E’ infatti un fervente propagandista di Israele, di tendenze ultra sioniste, vale a dire di quelli che rimproverano Israele di non reprimere troppo i Palestinesi. Secondo lui i fondamentalisti mussulmani sono degli assassini potenziali che bisogna eliminare.

E’ autore di un articolo allarmista intitolato: “Arrivano i mussulmani! Arrivano i mussulmani!” pubblicato nel novembre 1990 dalla National Review, nel quale afferma che “le società dell’Europa occidentale non sono sufficientemente preparate ad una immigrazione massiccia di gente dalla pelle opaca, che cucina piatti stranieri e che non applica con cura le norme igieniche tedesche”.


Scuse di circostanza

Stanche di dover subire i comportamenti derisori delle autorità, le organizzazioni mussulmane danesi hanno interpellato l’Umma – la comunità dei credenti – attraverso rappresentanti ufficiali. Sono stati inviati dei delegati al Cairo da parte dell’imam Ahmed Abou Laban, persona vicina ai Fratelli Mussulmani, per chiedere ad Amr Moussa, segretario generale della Lega araba, e allo Sceicco Mohammed Sayyed Tantaoui, gran imam dell’Università di Al-Azhar, di reagire. Poi, il 6 dicembre, Ahmed Akkari, portavoce di un gruppo di 27 organizzazioni mussulmane danesi, ha consegnato le caricature ai rappresentanti di 57 paesi riuniti a La Mecca per il summit dell’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI), tra i quali il re Abdallah d’Arabia e il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad (4).

I libero-conservatori danesi sono rimasti sordi alle proteste degli Stati mussulmani. Cosa per nulla sorprendente, se solo si pensi che, secondo il Partito Popolare danese (Dansk Folkeparti – 13,3% dei voti – 24 deputati), che li sostiene in Parlamento, i mussulmani sono andati in Danimarca “per conquistarla, come hanno sempre fatto negli ultimi 1400 anni” (5). Per quelli che ancora ne avessero dubitato, la provocazione è diventata chiara quando il Jyllands Postem ha autorizzato la rivista cristiana norvegese Magazinet a ripubblicare le caricature il 10 gennaio… in concomitanza con l’Aid Al-Fitr, la più importante festa mussulmana.

D’altronde, se il 30 gennaio Carsten Juste, direttore del Jyllands Postem, ha finito con lo “scusarsi”, ciò è stato solo perché gli interessi commerciali della Danimarca, e la vita dei Danesi, erano stati minacciati. E lo ha fatto in modo per nulla convincente (6). Premettendo che si trattava di “scuse” di circostanza, e che altre caricature sarebbero state pubblicate, se ve ne fosse stata l’occasione. Il testo della sua dichiarazione pubblicata in arabo sul suo sito non può ingannare: è diverso da quello tradotto in francese (7).


French Connection

Le scuse ipocrite di Carsten Juste, poi quelle del Primo Ministro danese, avrebbero comunque potuto essere sufficienti, e le cose avrebbero potuto andare in modo diverso, se France Soir non avesse rilanciato la campagna islamofobica e, conseguentemente, non avesse fatto in modo di aggiungere la Francia alla lista dei paesi “blasfemi”. Così come Vebjoern Selbekk del Magazinet, anche Serge Faubert, redattore capo di France Soir, sapeva quello che faceva pubblicando le caricature del profeta. In Medio Oriente, i suoi amici sono filo israeliani ed egli è ben noto per assimilare qualsiasi critica all’ideologia sionista all’antisemitismo. Perché Rami (Raymond) Lakah, l’uomo d’affari franco-egiziano proprietario del quotidiano, ha licenziato il direttore generale Jacques Lefranc, con l’accusa di avere oltraggiato “il credo e le intime convinzioni di ogni individuo”, quando questi era stato contrario, secondo diverse testimonianze, alla pubblicazione delle caricature?

France Soir e Charlie Hebdo, che lo ha imitato, non cercavano solo un colpo pubblicitario per incrementare la tiratura, o allora dovrebbero spiegare che cosa c’entri la ricerca del profitto ad ogni costo con la deontologia giornalistica. In questa vicenda la libertà di espressione è un comodo alibi e l’invocazione di Voltaire da parte di France Soir è una mascalzonata (8). L’incitamento all’odio religioso – solo di questo si tratta – è l’impresa commerciale dei neo conservatori e degli estremisti israeliani, che spingono il mondo detto cristiano in una nuova crociata contro l’islam.


Due pesi e due misure

Il Consiglio francese del culto mussulmano (CFCM) ha alla fine promosso un’azione giudiziaria contro i media che avevano riprodotto le caricature del profeta. Tanto meglio, ma è dubbio che otterranno una condanna. In Francia l’islamofobia va di moda. Lo scrittore Michel Houellbecq è stato completamente assolto dopo avere dichiarato nel 2001 al magazine Lire: “La religione più stupida è l’islam”; e Alain Finkielkraut, “filosofo” di una certa sinistra francese, ha dichiarato al quotidiano israeliano Haaretz (18 novembre 2005), senza essere poi oggetto di alcuna sanzione: “Nonostante tutto quello che la Francia ha fatto per loro, i figli degli immigrati la odiano. E’ così nella loro cultura … ll problema è che la maggior parte di questi ragazzi sono neri o arabi e si identificano nell’islam”.   

Il 31 gennaio Amr Moussa, segretario generale della Lega Araba, aveva ragione di osservare che la stampa europea “osserva due pesi e due misure” nei confronti dell’islam e del giudaismo, in quanto “teme di essere accusata di antisemitismo, ma invoca la libertà di espressione quando fa la caricatura dell’islam”. Non bisogna soprattutto credere che i mussulmani siano i soli a condividere questa opinione.


Notes :

(1) Intervista a Europe 1 (1/2/05).

(2) Daniel Pipes, expert de la haine – http://www.voltairenet.org/article13765.html

(3) The threat of islamism, di Flemming Rose (Jyllands-Posten – 29/10/04)

(4) How a meeting of leaders in Mecca set off the cartoon wars around the world, di Daniel Howden (The Independant 10/2/06)

http://news.independent.co.uk/world/middle_east/article344482.ece

(5) Dichiarazione di Soren Krarup, prima della pensione in qualità di portavoce del du Dansk Folkepart.

http://fr.wikipedia.org/wiki/Islamophobie#Au_Danemark

(6) Le dilemme du rédacteur en chef, intervista di Carsten Juste, di Pierre Collignon (8/2/06)

http://www.jp.dk/udland/artikel:aid=3548096:fid=11332

(7) Le Phare – Blog di Gérard Klein – che ha seguito la vicenda con molta obiettività. http://gklein.blog.lemonde.fr

(8) France-Soir pubblicava in prima pagina il 2 febbraio: « Au secours Voltaire, ils sont devenus fou » !*

*Nota : L'ignaro giornalista di servizio quel giorno a France Soir non sapeva che Voltaire, meglio informato sull'islam aveva scritto nel 1770 :

« In questa prodigiosa distesa di paesi [terre governat dal Corano] non c'è un solo maomettano che abbia la fortuna di leggere i nostri libri sacri e pochissimi letterati tra di noi conoscono il Corano. Ne abbiamo quasi sempre una idea ridicola, nonostante le ricerche de nostri veri sapienti. Il Corano resta ancora oggi il libro più elegante e più sublime che sia stato scritto in questa lingua. Noi abbiamo imputato al Corano una infinità di sciocchezze che non ci sono mai state" .

Citato nel febbraio 2004 da Alain Gresh in « A propos de l’islamophobie « » (Oumma.com- 11/10/14)