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Interventi, giugno 2010 - I primi pirati somali sono stati severamente giudicati dal Tribunale di Rotterdam. Saprà la Giustizia europea essere altrettanto severa con la marina militare israeliana?






Le Grand Soir – 25 giugno 2010

La Giustizia europea… o della solita legge del più forte

Daniel Vanhove*

Il verdetto è stato appena deciso: i primi pirati somali processati nei Paesi Bassi sono stati condannati a 5 anni di prigione senza condizionale. Il presidente del tribunale di Rotterdam ha sottolineato che “la pirateria è un crimine…”, aggiungendo  che “è stata una fortuna che nessuno sia rimasto ferito o ucciso”. Infine il presidente ha dichiarato che “la pirateria costituisce una seria minaccia al Diritto internazionale di libero passaggio nelle acque internazionali”.
Ne prendiamo atto, chiedendoci se questa sentenza farà giurisprudenza. Dopo il sanguinoso episodio dell’assalto alla Mavi Marmara nelle acque internazionali da parte della marina militare israeliana, bisogna augurarselo. Nel caso contrario, bisognerà che il presidente di tribunale olandese sia incaricato dalla UE di spiegare alla comunità internazionale la differenza che passa tra questi poveri miserabili somali, che tentano di provvedere ai loro bisogni alimentari con prodotti che provengono soprattutto dalla pesca, e la soldataglia israeliana, che interviene con atti di guerra e gran dispiego di armi in acque anch’esse internazionali, ferendo decine di militanti umanitari e uccidendone diversi altri senza che si sappia ancora oggi il numero esatto delle vittime. E’ vero che è molto più facile prendersela  con dei semplici pescatori definiti, loro malgrado, “pirati” improvvisati, che osare sfidare la marina israeliana. Non è la prima volta che siamo costretti a valutare il coraggio dei nostri governanti…
E forse bisogna cogliere l’occasione per ricordare ciò che tutti i media passano singolarmente sotto silenzio, vale a dire che, se queste imbarcazioni temerarie si azzardano ad attaccare grosse navi, ciò avviene perché da anni le nostre navi-officina, in una corsa frenetica al facile profitto, continuano a rastrellare i fondali marini con reti a strascico di diversi chilometri di lunghezza, capaci di distruggere in modo aggressivo e irresponsabile ogni forma di vita marina o quasi, impedendo in tal modo ai pescatori africani di esercitare i loro artigianali metodi di pesca praticati da decenni, e privandoli dei loro magri guadagni. Ciò che noi vietiamo in prossimità delle nostre coste, lo pratichiamo impunemente in prossimità delle coste africane. Cosa che non si capisce, se non con una persistente pratica dei due pesi e delle due misure.
In altre parole, noi dispieghiamo la terribile efficacia della nostra tecnologia mortifera per saccheggiare le riserve alieutiche di alcuni paesi sotto il loro naso, e in più neghiamo loro la possibilità di difendersi. Essi non hanno altra scelta se non di sottomettersi alle nostre pratiche ancora e sempre caratterizzate di quello spirito coloniale del quale non ci decidiamo a liberarci! Senza parlare dello scarico dei nostri rifiuti altamente tossici, provenienti dalle nostre belle centrali nucleari, dalle nostre fabbriche petrolchimiche e altro, lungo quelle stesse coste africane considerate da i nostri prestigiosi democratici talmente bisognose di Diritti umani e sviluppo e trasformate in volgari pattumiere gigantesche… Rendendo inoltre questi paesi e le loro popolazioni già talmente oppresse, ancora più povere, indifese e disperate a causa delle nostre inqualificabili procedure.
Così, cosa resta da sperare per i cittadini di buona volontà, desiderosi di una vera giustizia, di fronte alla reiterazione delle pratiche odiose e brutali che esercitiamo nei confronti di chi non è in grado di difendersi? Ben poco in verità, salvo denunciarle instancabilmente, e reclamare ancora e sempre un cambiamento nei nostri criteri di valutazione.
Salvo a proporre perciò che il comportamento di questo giudice olandese zelante serva da esempio nell’inchiesta che stabilirà in termini definitivi la responsabilità flagrante della marina israeliana per la sua azione nelle acque internazionali, in modo che i colpevoli siano giudicati con la stessa severità di quelli che sono stati condannati per fatti assai meno gravi, in relazione ai quali sussistono numerose circostanze attenuanti.  Ragione per la quale l’inchiesta sul recente attacco contro la flottiglia dei pacifisti non può in alcun modo essere condotta dalle sole autorità israeliane, delle quali si conosce per altro la propensione a travisare la verità.
D’altra parte si è mai visto affidare un’inchiesta per aggressione e assassinio agli stessi che dovrebbero al contrario rispondere dei loro crimini? E’ un non senso assoluto e, una volta di più, la dimostrazione di quanto i nostri governi facciano poco caso ad una giustizia a geometria variabile, quando è sempre più evidente che le tante tensioni che scuotono il mondo dimostrano che niente può stabilizzarsi in modo durevole, senza un migliore funzionamento del Diritto che deve essere uguale per tutti, tanto all’interno che all’esterno delle nostre frontiere.
Quanto tempo ci vorrà e fino a quando bisognerà che regni il caos, perché i nostri governanti ottusi e ben protetti ne prendano coscienza?

•    Osservatore civile, componente del Mouvement Citoyen Palestine