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Analisi - Il volto oscuro dell'Occidente - parte 3° - Nel suo ultimo saggio, “Le Dérèglement du monde”,  Amin Maalouf, di solito assai sereno, lancia un grido di rabbia : il mondo va male. Abbandonando il suo leggendario ottimismo, esorta i detentori del potere dell’Occidente e del mondo arabo a trovare rimedi all’attuale malessere della civiltà. Prima che sia troppo tardi







Ricomporre il mondo

di Walid Chmait

Afrique Asie, giugno 2009


Il giudizio è senza appello: il mondo, dice l’umanista Amin Maalouf col suo stile limpido e accessibile, si confronta oggi con una moltitudine di crisi tutte molto gravi. Finanziaria, economica ed ecologica, certamente, ma anche culturale, ideologica e geopolitica.. Questa angoscia esistenziale per lo stato del mondo e il suo futuro è onnipresente nella maggior parte delle opere di Amin Maalouf, tradotte in trentasette lingue ed oggetto di non meno di diciassette tesi accademiche. Si avverte  soprattutto ne Les Jardins de lumière (1991), Le Premier Siècle après  Béatrice (1992) e Les Identités meurtrières (1998).

Una severità giustificata
Nei due primi libri, l’autore rivolge, attraverso i personaggi di due asceti, uno sguardo severo sul passato del mondo. Lo stesso che si ritrova anche ne Le Dérèglement du monde di oggi, il cui stato, soprattutto economico e finanziario, esige un’urgente e radicale rimessa in discussione. La terza opera, come si capisce dal titolo, tratta la questione dell’identità e dell’appartenenza e rileva come l’identità una e impermeabile sia, nei fatti, una sovrapposizione di identità ed una combinazione di appartenenze che assai spesso si contrappongono e si combattono, ma che sono inevitabilmente destinate a riconciliarsi tra loro ed a collaborare con le altre. Oggi il mondo, secondo Maalouf, ha tratto pericolose conclusioni dalla caduta del muro di Berlino, che l’hanno condotto alla crisi attuale. Negli Stati Uniti è allora apparsa una dottrina economica ultraliberale, convinta che debba eliminarsi tutto ciò che può ostacolare il mercato perché contrario allo spirito della moderna economia. La stessa dottrina ha ritenuto che la parte sociale del capitalismo sia oramai inutile, nella misura in cui essa era soltanto una concessione tattica per fare barriera all’onda socialista. Adesso che il socialismo ha fallito, non c’è più ragione di mantenerla! Questa dottrina praticata da governi occidentali ultraliberali, che ha “liberato” il mercato da ogni regola, nei fatti non ha prodotto altro se non l’impoverimento delle classi sociali a beneficio di una ristretta elite che ha accumulato fortune colossali. Parallelamente a questa deregolamentazione economica, anche le relazioni internazionali sono state caratterizzate da grande disordine. Perché, in conseguenza del crollo dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti hanno perso ogni senso della realtà, soprattutto con la presidenza di George W. Bush ed il suo gruppo di neoconservatori. Una deriva aggravata dalla shock dell’11 settembre. Questo li ha portati direttamente a Guantanamo, Abou Ghraib ed ai pantani afghani e iracheni. Abbiamo allora potuto constatare – osserva Amin Maalouf . con quale disprezzo, arroganza ed egemonismo gli Stati Uniti si sono comportati con tutti gli altri. L’umanità, dice, resterà in stato di assedio fintantoché gli Stati Uniti, in virtù del loro statuto di potenza mondiale, non saranno riusciti a convincere il mondo della loro “legittimità morale”. Amin Maalouf si augura che possa realizzarsi un “ordine mondiale consensuale”, e una rifondazione delle organizzazioni internazionali che le renda più efficaci e più rappresentative. Ci invita a porci le domande essenziali: “In che mondo vivremo domani? Che cosa stiamo costruendo? Come saranno le relazioni tra gli uomini?”.
Per quanto riguarda il supposto scontro di civiltà, principalmente tra la civiltà arabo-islamica e quella occidentale, rivolge un appello a “superarla”, per costruire una comune civiltà: “La mia idea – confida – non è quella di sopprimere tutto o di creare qualcosa di ibrido o indefinibile. Il problema sta nel fatto che la capacità dell’Occidente di diffondere la sua civiltà incontra oggi i suoi limiti. Il mondo attinge molto alla civiltà occidentale, ciò che impone a quest’ultima di andare oltre la sua specifica parte occidentale, per diventare universale, mostrandosi disponibile ad assimilare gli apporti culturali che vengono dal resto del mondo.   Non dico che gli Occidentali debbano abbandonare i loro valori, dico anzi che debbono rispettare proprio i loro valori nelle relazioni con gli altri”. In questo ambito – aggiunge l’autore di Léon l’Africain - gli immigrati e gli espatriati hanno il loro ruolo da giocare per costruire dei ponti di collegamento tra Oriente e Occidente.
Se si mostra severo verso gli Occidentali, lo è ancor più nei confronti degli Arabi. La tragedia degli Arabi è che essi hanno perso  il rango che avevano tra le nazioni e si sentono incapaci di ritrovare la gloria di un tempo. Il mondo arabo affonda sempre di più in un abisso storico ed è incapace di risalire in superficie, e questo lo spinge ad odiare sé stesso ed il mondo intero.  “Ciò che scrivo nel mio ultimo libro sul mondo arabo potrà sorprendere gli Occidentali, ma non stupisce nessuno nello stesso mondo arabo. Perché ciò che scrivo è quello che tutti, nel mondo arabo, continuano a ripetersi”.
Un mondo arabo dal quale Amin Maalouf proviene e che evoca con molta amarezza e dolore. “Per che cosa lotta questo mondo? Quali valori difende? Che senso attribuisce alla sua fede? Che cosa offriamo a gli altri e a noi stessi? In che cosa siamo utili agli altri? C’è un’alternativa alla disperazione suicida, che è il peggio di tutto?  E aggiunge: “Noi critichiamo l’Occidente, critichiamo il colonialismo, critichiamo Israele. Ma questo non basta a nascondere le nostre proprie responsabilità. Che cosa ci impedisce di dare vita a regimi democratici? Che cosa giustifica l’assenza di libertà? Perché non abbiamo utilizzato le ricchezze disponibili, come il petrolio e le altre risorse, per costruire delle università, creare delle industrie, investire nell’uomo e nel futuro? Gli Arabi hanno bisogno di risvegliarsi per proiettarsi pienamente nel cuore della civiltà”. Attraverso il racconto dettagliato del nasserismo, che il mondo arabo ha vissuto per decenni e che lo stesso autore sostenuto, Maalouf ricorda l’ascesa e il crollo dell’ideologia nel mondo arabo  e il fascino – spesso contrastato e deluso – che alcuni slogan di quell’epoca avevano esercitato sui cuori e le menti delle folle e delle elite. “Alla fine le elite e i movimenti nazionali arabi hanno miseramente fallito su tutta la linea. Non si sono realizzati né sviluppo, né liberazione nazionale ed ancor meno modernità sociale. Tutto ciò che si è ottenuto, è il nazionalismo staliniano”.
I paesi arabo-mussulmani hanno sofferto più di altri – secondo Maalouf – della transizione dall’ideologia alla identità strumentalizzata, quali elementi di discriminazione tra gli uomini.

Basta con la disperazione
Dopo la caduta delle ideologie, soprattutto quelle della contrapposizione tra poveri e ricchi, si è sviluppato il senso di appartenenza. E quando l’appartenenza è di tipo religioso, l’idea stessa della discussione con le opinioni altrui diventa inammissibile, dunque impossibile. La coesistenza tra gli uomini diventa più difficile. Quanto al confessionalismo, è la negazione stessa dell’idea di cittadinanza. “Non è possibile costruire un sistema politico veramente moderno su queste basi. Il sistema di ripartizioni di quote su base confessionale – come nel caso del Libano – trasforma una nazione in un insieme di tribù antagoniste”.
Amin Maalouf dedica nella sua opera un’attenzione centrale alla questione delle minoranze. Essa costituisce, insieme alla questione del ruolo della donna, un indicatore importante del progresso morale o della regressione di ogni società.
Infine, ne Le Dérèglement du monde, si parla con serietà e gravità della protezione dell’ambiente. Se i detentori del potere non si decidono ad agire rapidamente, il nostro pianeta terra incorre in pericoli reali. Amin Maalouf lancia così tanti avvertimenti, ma senza cadere mai nella disperazione. Perché attraverso tutti i suoi libri, Croisades vues par les Arabes (1983), Samarcande (1988) e molti altri, emerge il suo grande progetto: quello di costruire dei ponti tra gli uomini, le culture e le civiltà. Combattere tutte le forme di razzismo e di discriminazione (sulla base del colore, della razza, della religione delle caste o delle classi), ed ogni politica o ideologia dell’esclusione, dell’emarginazione, che non fanno altro che nutrire l’odio ed il supposto scontro di civiltà. La parola non cambia il mondo. Ma Amin Maalouf finge di crederlo. “Lo so che è illusorio pensare di cambiare il mondo, ma si tratta di una illusione salvatrice. Senza di essa i miei libri e la mia vita non avrebbero senso”.