Analisi - Una intervista a James Petras da parte di Radio Centenario, comparsa su www.lahaine.org
Iraq, Kurdistan, Turchia, Argentina e Latino America, valutazioni sullo stato delle cose.
Traduzione per ossin di Elena Cristiano.


(nella foto, James Petras)

Il trionfo ottenuto da Cristina Kirchner favorisce le classi arricchite

 

x James Petras - La Haine

 

Efraín Chury Iribarne intervista James Petras: Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan parla di appoggio critico agli USA e di colonialismo democratico per giustificare la sua collaborazione con
Gli Stati Uniti. Il PKK un tempo era marxista-leninista e si dichiarava a favore del Socialismo, ma ora parla di colonialismo democratico.

 

Commenti per Radio Centenario del sociologo nordamericano James Petras. Lunedì, 29 ottobre.

 

Efraín Chury Iribarne: Sai che volevo aprire con la situazione in Kurdistan e una domanda che qui ci stiamo facendo è se l’esercito turco entra o no in Iraq, se i curdi sapranno resistere, che sta succedendo in questa regione? Quali interessi ci sono in gioco?

 

Petras: è una domanda molto importante e un pò complicata ma cercherò di parlare nel modo più chiaro possibile. I curdi dell’Iraq e i curdi della Turchia hanno una relazione di collaborazione molto stretta e con la protezione nordamericana i curdi hanno ottenuto uno status di “cliente avvantaggiato” e possono governare, ma a patto di prestare servizi mercenari agli Stati Uniti.

I curdi nel nord dell’Iraq hanno una visione del Grande Kurdistan che include i territori di un terzo della Turchia, una parte importante dell’Iran, della Siria fino all’Armenia, oltre a quello che ottengono in Iraq, che è quasi un terzo del paese. Per questa transazione, potremmo dire che i curdi, come mercenari più fedeli degli Stati Uniti in Iraq, hanno ottenuto una posizione molto privilegiata, però la situazione è tale che gli Stati Uniti dipendono anche, più che da qualsiasi altro gruppo, dai turchi per mantenersi in Iraq.

Io ho intervistato gente legata al PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) e parlano di appoggio critico agli Stati Uniti. Più che di appoggio critico parlano di colonialismo democratico, per giustificare la loro collaborazione con gli Stati Uniti. Il PKK un tempo era marxista-leninista e si dichiarava a favore del socialismo, ma ora parla di colonialismo democratico.

Ora quindi, se la Turchia oltrepassa la frontiera per attaccare i curdi che stanno usando l’Iraq come santuario per lanciare i loro attacchi, questo indebolirà i curdi alleati degli Stati Uniti. Non bisogna dimenticare che il Comandante supremo dei militari nordamericani in Iraq, il Gen. David Petraeus, ottenne la sua fama grazie al suo successo nell’organizzazione dei curdi come forze di scontro, prendendo il controllo e ripulendo il nord da qualunque tipo di resistenza. È questa l’importanza che hanno i curdi per l’occupazione imperialista in Iraq.

Ora, se i turchi attaccano, disarticoleranno tutti gli sforzi degli Stati Uniti. Nel momento in cui la Turchia oltrepassi la frontiera e cominci a toccare i cittadini sotto il controllo turco, i curdi non lo permetteranno, ritireranno le loro truppe dal sud e dal centro dell’Iraq, dove collaborano con gli Stati Uniti, per rafforzare la loro resistenza nel nord del paese.

Gli Stati Uniti in questo momento hanno scelto di appoggiare i curdi e cercare di conciliare i turchi con questa politica, ma non hanno nessun appoggio, specialmente nell’esercito turco. Ottengono un po’ di aiuto da Recep Tayyip Erdogan (primo ministro della Turchia), il dirigente islamista-liberale, ma l’opinione pubblica turca, in una percentuale quasi del 90 per cento, è contro la riconciliazione.

Ci sono soldati turchi prigionieri, hanno assassinato vari soldati e civili. Inoltre, i curdi turchi vogliono provocare un’invasione perché credono che questo obbligherà tutti i curdi ad appoggiarli. Per questo rilasciarono i prigionieri turchi, i soldati, in una manifestazione molto provocatoria per forzare i turchi a prendere una decisione.

In ogni caso, la situazione è molto pericolosa per gli Stati Uniti e la loro occupazione in Iraq, perchè renderà ostile al conflitto il loro governo cliente turco e il loro governo cliente curdo. Qualsiasi risultato sarà negativo per il potere degli Stati Uniti, sia in Iraq che nel Medio Oriente.

Io credo che è assolutamente certo che i turchi oltrepasseranno la frontiera, non c’è alcun dubbio e la domanda è a quale profondità attaccheranno, in che misura resisterà la forza curda. Credo che, se incontreranno molta resistenza, i turchi estenderanno la loro incursione oltre la frontiera. Questo potrebbe portare ad una guerra molto più ampia e coinvolgere ancora di più gli Stati Uniti.

Già i militari turchi hanno avvisato i loro alleati israeliani di ritirare i loro consulenti ed il Mossad dal nord dell’Iraq. In seguito all’appoggio israeliano ai curdi in questa regione, si è giunti quasi ad una rottura delle relazioni tra Israele e Turchia. E questa è una complicazione politica enorme per la politica statunitense.

 

Chury: è assolutamente chiaro, Petras. L’ultimo discorso di Bush minaccia Cuba. Ci sarà presto una riunione delle Nazioni Unite per l’embargo imposto dagli Stati Uniti a Cuba. Che possiamo commentare a proposito?

 

Petras: ci troviamo davanti ad un ondata molto aggressiva, tra le più reazionarie che si possano immaginare. Quando si etichettano le forze dell’esercito iraniano come terroriste, con la dichiarazione di “guerra globale contro il terrorismo”, questo implica la preparazione di una guerra contro l’Iran.

Le dichiarazioni contro Cuba rappresentano un tentativo di rafforzare lo strangolamento. Ma in entrambi i casi – sia con l’Iran che con Cuba – Bush dispone di pochi strumenti oltre il suo esercito. I militari nordamericani sono molto divisi su qualunque possibilità di guerra contro l’Iran. Bush può contare, per un attacco contro l’Iran, solo sull’appoggio delle comunità sioniste e dei loro alleati nel Congresso.

Riguardo a Cuba, non ha nessun appoggio nell’Assemblea delle Nazioni Unite, molti meno in qualsiasi altro Foro dell’America Latina; e ora dubito che qualunque paese in Europa segua la linea presa da Bush. Si tratta di un altro fallimento diplomatico ed ha ripercussioni solo negli Stati Uniti, tra i cubani esiliati della destra estrema, quelli che nel mondo in genere sono conosciuti come “los gusanos”. A parte questi “gusanos”, nessuno appoggia le misure prese da Bush contro Cuba.

 

Chury: Che pensi del successo di Cristina Fernández e della continuità del ‘kirchnerismo’ in Argentina?

 

Petras: Se c’è una cosa che dobbiamo dire, è che il boom economico con l’aumento dei prezzi del grano, della carne, dei minerali ecc…, ha aiutato moltissimo la crescita economica in Argentina. Questa crescita ha aiutato il settore commerciale con l’aumento del consumo e questo ha provocato il fatto che la quasi totalità della classe media abbia votato i Kirchner, la moglie e suo marito; e che abbiano ottenuto una comoda vittoria.

Adesso si confronterà coi problemi della carestia, dell’inflazione, degli scioperi dei sindacati, esigendo che condividano la torta della ricchezza con più giustizia. Le disuguaglianze continuano ad essere le stesse, e, conseguentemente, la povertà è ancora abbastanza generalizzata, riguarda circa il 30 % della popolazione. Questo è un altro problema. Perciò, una cosa è vincere la presidenza e un’altra governare il paese. E questo è ancora più vero in quanto sta crescendo una insoddisfazione economica, più che politica.

Credo che questo dimostri, in modo distorto, che in questo momento l’America Latina ha delle enormi possibilità di fare giustizia. Il problema, con governi come quelli di Kirchner, Evo Morales, Lula, Tabaré Vázquez, è che questa ricchezza non si sta canalizzando verso i poveri. Si stanno accumulando grandi riserve di capitale, ma è denaro morto. Si stanno pagando i debiti ai banchieri, ma non si sta generando un miglioramento degli impieghi, degli stipendi, del Sistema sanitario ed educativo.

È una crescita che favorisce le classi arricchite, la classe media benestante, ma non è arrivata più in basso.

 

Chury: Il presidente Tabaré Vázquez ha viaggiato verso gli Stati Uniti con due dei capofila neoliberali, i ministri Lepra [dell’Industria, Energia y Attività Mineraria] e Astori [dell’Economia e delle Finanze], ma in questo viaggio hanno scelto la California, la California di Schwarzenegger o ‘Terminator’ e ci vanno con speranze di affari eccellenti. Questo è possibile? Come si vede la cosa dagli Stati Uniti?

 

Petras: lì ci sono degli investitori, soprattutto nel settore del turismo, nel settore immobiliare. La California è uno degli stati più ricchi degli Stati Uniti. Si investe molto anche nell’agricoltura e nell’industria del legno. Io penso che i settori che potremmo chiamare di esportazione delle materie prime e quello del turismo possono essere ciò che interessa Vázquez.

È meno probabile che tocchi terra nella Silicon Valley (NdeR: Baia di San Francisco, nella California del nord. Silicon in italiano è silicio e si riferisce all’alta concentrazione di industrie di alta tecnologia nella zona) dove si trova il settore informatico, per provare ad agganciare qualche impresa e aprire qualche ufficio in Uruguay. Ancora non sappiamo esattamente con chi tratterà lì, ma non credo che ottenga molto, perché in questo momento di recessione il finanziamento per nuove investimenti è molto limitato. Quindi, se ottiene qualcosa, non sarà niente di eccezionale.

 

Chury: Un’ultima cosa Petras. Qui si sono riuniti vari rappresentanti neoliberali. C’è stato un discorso del presidente supplente dell’Uruguay, Rodolfo Nin Novoa, in una riunione a cui hanno partecipato l’ex presidente spagnolo Felipe González, e il messicano Carlos Slim. Il tema centrale di tutto questo sono stati il neoliberalismo e le privatizzazioni, che furono quelli che prevalsero in generale.
 Questo indica che almeno è tale linea di pensiero continua in questa regione.
 

Petras: Io credo che Felipe è il ponte tra le grandi multinazionali e le banche spagnole. È l’uomo politico che parla e che difende questi interessi. Quando c’era la crisi in Argentina e le compagnie spagnole volevano alzare le tariffe, Felipe González fu il messaggero, il consulente e l’agente delle multinazionali.

Ora, secondo le mie informazioni, le banche spagnole continuano ad avere enormi garanzie nella regione, soprattutto la banca di Santander, e forse estenderanno le loro inversioni nel settore finanziario. E in Uruguay forse apriranno alcuni complessi turistici di alta classe, per attirare i turisti spagnoli a passeggiare insieme agli abitanti di Buenos Aires in Uruguay.

Ma è simbolico. Felipe González è considerato l’architetto delle privatizzazioni in Spagna, è un rappresentante della politica reazionaria a favore dei contratti spazzatura, fu durante la sua presidenza che si lanciarono tutte queste iniziative. Non è un buon sintomo per la classe operaia il fatto che Nin, González e gli altri siano riuniti, non ne può uscire niente di buono oltre a consegnare un’altra parte dell’economia uruguayana al settore finanziario, al capitale spagnolo.

 

Estratto da La Haine

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