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Analisi - "Il declino del sistema occidentale" è il titolo dell'editoriale pubblicato da Resistenze.org sul numero del 7 Febbraio 2008 a firma di Davide Rossi. Abbiamo deciso di pubblicarlo su Ossin.org perchè ci sembra illuminante.

 

Il declino del sistema occidentale
 
 

di Davide Rossi
 

Non è abitudine della nostra rivista riflettere sull’immediata contingenza. Da nove anni uniamo ricerca storica, interessi culturali, capacità di analisi prospettiva verso il futuro. Una serie di avvenimenti tuttavia devono d’esser presi in considerazione. Sarà, non solo per le olimpiadi, l’anno della Cina, alla quale si danno, da parte occidentale, tutte le colpe del pianeta. Ultima in termini di tempo la scarsità di cioccolato prevista per i prossimi mesi. Sì, perché i cinesi mangian cioccolato e le ditte occidentali non hanno cacao a sufficienza e le coltivazioni mondiali non possono aumentare le produzioni ai ritmi della domanda, a meno che intervenga la piaga del cacao transegenico, il quale come tutti i prodotti ogm alla lunga rende sterili le terre. Il pianeta è al collasso ambientale, eppure proprio la Cina – che ambisce a raggiungere un livello di consumi pari in media al 25% di quelli di un cittadino europeo, ovvero consumare tre volte meno di noi - è la dimostrazione del totale fallimento del progresso fondato sulla crescita dei consumi. Prima vittima l’Occidente, il quale ha propagandato nella vittoriosa guerra fredda il mito del “consumate di più”.
 
 Eppure nel momento in cui la Cina e l’India vincono sui mercati mondiali, esportano, crescono e i loro cittadini, o almeno una bella fetta di quegli oltre due miliardi di persone, vogliono automobili, carta igienica e cioccolato, il prezzo del petrolio s’infiamma e le riserve si esauriscono e si perdono, come nel caso della Nigeria o dell’Irak, in cui donne e uomini di quelle terre, spesso definiti terroristi, difendono la loro unica ricchezza incendiando i pozzi e impedendo il furto del greggio da parte delle compagnie multinazionali, la deforestazione annienta la Siberia, i produttori di cioccolato annaspano perché la Cina se lo produrrà da sé, acquistando cacao, riducendo per gli occidentali le vendite e aumentando i costi della materia prima. Tre esempi. Potrebbero essere mille. Il sistema occidentale come lo abbiamo conosciuto e come ce lo hanno insegnato è finito.
 
Le condizioni di vita dei cittadini europei non potranno che peggiorare perché il divario tra noi e il resto del mondo è enorme e il sud del pianeta lo sta riequilibrando con il sudore del suo lavoro, che ambisce ad acqua calda in casa e non ad un secchio di acqua fredda al giorno, mentre ferve corre l’accaparramento dell’oro blu e la sua privatizzazione, ad un’automobile, alla carta igienica, a un po’ di cioccolato, … Il problema è: chi lo dice tutto questo agli europei? Chi spiega che i loro soldi saranno sempre meno e il loro potere di acquisto sarà sempre più basso, che le loro condizioni di vita dovranno orientarsi ad una riduzione dei consumi e, osiamolo dire, peggioreranno? Nel frattempo il presidente - dittatore francese straparla, Zapatero inneggia ad un fantomatico miracolo spagnolo, il nostro buon Prodi auspica e spera. La signora Merkel in data 15 gennaio ’08 in una conferenza stampa, all’ennesima domanda idiota sulla crescita, azzarda la verità: la crescita è quasi impossibile, la competizione internazionale insostenibile quando i salari europei sono decine di volte più alti di quelli del resto del mondo, la crisi della speculazione finanziaria innescata in estate dal debito statunitense incontenibile, i costi delle materie prime energetiche e alimentari crescono con la domanda, quindi ci saranno sempre meno prodotti e sempre più cari. Incredibile tanta onestà nelle parole del cancelliere democristiano, almeno complimenti.
 
Il dubbio è se valutare questa dichiarazione sulla crisi, il declino e la fine del sistema occidentale come un buon passo verso nuove politiche sociali in Europa e nuove relazioni internazionali, oppure come un segno drammatico di disperazione, di ammissione del fallimento. Siamo più inclini a credere ragionevole la seconda ipotesi. Intanto in Italia grandi interessi e interessi malavitosi speculano sull’immondizia, mentre la televisione – attraverso tardive pubblicità progresso - invita a spegnere le luci che non si usano per risparmiare energia, i politici si agitano quando gli studenti di Roma ritengono che la tribuna dell’apertura dell’anno accademico di un ateneo pubblico sia poco adatta per le parole di un uomo che non ha promosso il dialogo come il cardinal Martini, ma ha sospeso decine di teologi. Pure la Slovenia, che salutiamo per la prima presidenza dell’Unione Europea affidata ad un paese dell’est, si trova obbligata a ripetere le parole dell’incontro inter - governativo di Lisbona di dicembre: “fare dell’Europa la zona più competitiva del mondo”. Assolutamente impossibile. A meno che i salari non scendano alla media mondiale di 30 euro con, al massimo, 10 euro di contributi, francamente ci pare non praticabile. Intanto nelle fabbriche, ad esempio italiane, si muore, come a Torino, dilaniati dal fuoco dopo 12 ore di lavoro, ma gli industriali chiedono il ritorno alle sei giornate lavorative, con un sabato senza straordinari da pagare, come in Francia, dove Sarkozy ha eliminato queste spiacevoli complicazioni, applicando la nuova direttiva Bolkenstein che indirizza verso la contrattazione individuale contro quella collettiva, riducendo in un colpo diritti e salari e ripristinando orari di lavoro “concordati” degni dell’Ottocento.
 
L’inflazione intanto sale, la produzione cala, il prodotto interno lordo non è più un indice credibile, in Italia come in Europa. La Fiat arranca e finge, non ammettendo che è la succursale europea di una casa automobilistica indiana, la Tata Motors, i cui utili sovrastano di gran lunga quelli della fabbrica degli Agnelli. La scuola, italiana ed europea, versa in acque limacciose, incongrue, defatiganti, disperate. Ma i telegiornali ci spiegano che almeno in Italia il problema sarebbe la grave colpa degli insegnanti che invece di insegnare la competitività insegnano la solidarietà. Proprio un nuovo progetto solidale sarebbe invece il solo che potrebbe attenuare la violenza del collasso. Violenza che intanto porta disperati e disperati occultamente organizzati a sfogarsi intorno agli stadi e contro gli stranieri. Già, verso questi cittadini che svolgono quei lavori che noi rifiutiamo, pagano le tasse e i cui figli vengono rifiutati dalle scuole materne di Milano. Lo spauracchio è quello della criminalità, la quale certo va sempre combattuta, ma solo il 5% degli stranieri svolge attività criminale, gli altri 95% no, ma a certa stampa piace trovare il nemico nella porta accanto, purché non italiano. Così cresce la demonizzazione del tema della sicurezza, calano rapine, furti e violenze, i telegiornali diventano la succursale di cronaca nera dei peggio giornalacci.
 
La verità che nessuno dice è che se un anziano subisce una rapina è un dramma perché non ha più nulla in banca, mentre venti anni fa qualche risparmio lo aveva. Quindi il problema non è quello della “percezione” del problema, come altri giornaloni tanto considerati raccontano, ma della realtà. Perdere oggi la pensione rapinata fuori dalla posta significa trovarsi nella miseria di non saper cosa mangiare sino alla fine del mese. È quindi un problema sociale, non di sicurezza, ma poco importa, l’importante è moltiplicare le espulsioni, anche se i reati li compiono in stragrande maggioranza gli italiani, solo tenendo gli stranieri nel terrore infatti i datori di lavoro potranno continuare a ricattarli, sfruttarli e pagarli pochissimo e male, in fondo – questo sì - è il solo modo per restare competitivi. L’Europa che dovrebbe difendere i diritti umani diventa così la promotrice di una nuova forma di schiavismo, mascherato, ma presente dietro casa, che si somma allo sfruttamento intensivo, ma sempre meno praticabile, della manodopera in giro per il mondo. A questi mali italiani ed europei, la penisola aggiunge un tessuto industriale composto dalla piccola imprenditoria, sempre più impossibilitata a reggere il confronto sulla produzione di manufatti che altrove si producono a prezzi dieci volte più bassi, siano le mutande in Romania e i caschi per motocicletta in Cina. In Italia la ricerca e la produzione industriale avanzata e di alta tecnologia è insignificante, quindi quel qualcosa in più che l’Occidente in qualche modo ancora ha, ovvero intelligenze, ricerca, in Italia non esiste. Si legga Luciano Gallino per capire quanto l’Italia non produce nulla che possa essere considerato valore aggiunto.
 
Il declino dell’Italia è comunque solo più accentuato rispetto al resto dell’Occidente, la retorica assolutamente falsa dei politici europei relativamente alle loro presunte crescite economiche è ridicola. Inutile cercare strade per uscirne, la traiettoria è incorreggibile, eppure una possibilità l’Europa ce l’ha: ammettere il dato irreversibile del declino e sviluppare politiche sociali redistributive che contengano i guasti sociali e la disperazione che sono dietro l’angolo. Diminuire, contenere e impedire per quanto possibile tutte le operazioni speculative, rivedere la sproporzione tra salari di lavoratori e salari di dirigenti (oggi in proporzione 400 a 1, trenta anni fa 25 a 1) a partire dal settore pubblico, ma con un sistema fiscale serio che metta ordine anche nel settore privato. Promuovere una nuova politica internazionale basata sulla cooperazione e non sulle operazioni costose, inutili e del tutto fallimentari di esportazione della “democrazia”, che oramai in ogni angolo del pianeta sono ragionevolmente comprese anche da bambini e analfabeti come operazioni di tutela dei nostri interessi occidentali contro quelli degli altri. Qualcuno si agiterà di fronte a queste proposte – essenzialmente scandinave e socialdemocratiche – eppure l’alternativa è la barbarie e la rabbia sociale, pronta a manifestarsi nelle forme più inaspettate, deleterie, distruttive. Cavalcare il “tanto peggio tanto meglio” è da sempre sbagliato, assurdo e fallimentare, negare l’evidenza della realtà italiana, europea e planetaria è idiota. Meglio sarebbe agire con coerenza e intelligenza. Ma purtroppo all’orizzonte si vedono solo – nere, nitidissime e inconfondibili - nubi.

 

source: www.resistenze.org