Il 1° ottobre 2008 la Corte di Appello di Parigi ha annullato la condanna pronunciata in 1° grado contro Shimon Samuels, nel processo per diffamazione intentato dall'UOIF (Union des Organisations islamiques de France) contro il Centro Wiesenthal e le sue accuse di antisemitismo dispensate a casaccio. L'assoluzione non riconosce la verità delle affermazioni di Samuels, ma solo la sua buona fede. Come dire che ha detto il falso, ma credendoci. L'episodio riporta alla mente un'altra clamorosa bufala del Centro Wiesenthal a proposito del presunto antisemitismo di Hugo Chavez. Gli articoli che seguono analizzano nei dettagli le tecniche manipolatorie e diffamatorie usate in quella occasione (Il presidente del Venezuela, Hugo Chavez)





Tecniche di manipolazione:


 

CHAVEZ ANTISEMITA, UNA INVENZIONE DEL CENTRO WIESENTHAL E DI LIBERATION (proprietà Rothschild)

I fatti

Sabato 24 dicembre 2005, Hugo Chavez va in visita al “Centro de Desarrollo Endogeno Integral Humano Manantial de los Suenos”, nella municipalità di Acevdo (Stato di Miranda) e pronuncia in questa occasione un discorso, del quale diverse organizzazioni e media si sono impadroniti per accusarlo di antisemitismo. Tutta la montatura si fonda su una sola frase, che conviene citare esattamente, perché è stata troncata, perfino modificata: “Il mondo ha abbastanza ricchezze per tutti, dunque, ma di fatto alcune minoranze, i discendenti di quelli che crocifissero Cristo, i discendenti di quelli che hanno esiliato Bolivar e lo hanno crocifisso alla loro maniera a Santa Marta in Colombia. Una minoranza si è appropriata delle ricchezze del mondo (…)”
Giacché è stato intentato un processo per antisemitismo, soprattutto da parte di alcuni giornalisti, conviene esaminare analiticamente i passi di tutto il discorso, non certo per dare un giudizio sulla retorica del presidente venezuelano, ma solo per vedere cosa ne avanza dopo che è passata nel frullatore di informatori senza scrupoli.

Come può una frase isolata da un discorso di 26 pagine trasformarsi in un proposito antisemita?. Vale la pena di esaminare questo processo – non quello di “circolazione circolare delle informazioni citato da Pierre Bourdieu per spiegare che i giornalisti ricevono le informazioni prima di tutto da altri giornalisti -  che si può meglio definire di degradazione degradata della disinformazione.

1. Quello che Chavez ha detto… (e che non si è detto che ha detto)
Libero ognuno di sostenere o meno la “rivoluzione bolivariana”, di condividere o meno i principi religiosi di Hugo Chavez. Ma ci si aspetterebbe che un giornalista le illustri, prima di esprimere dei giudizi e che restituisca al pubblico anche il contesto di un discorso che si giudica antisemita.
Peraltro il discorso di Chavez era integralmente disponibile in rete.
La celebrazione della nascita di Cristo la vigilia del 25 dicembre, per Chavez è l’occasione di tessere la seguente metafora: <<come Cristo è resuscitato con l’aiuto di Dio (…) noi siamo in procinto di resuscitare la patria, il Venezuela è in procinto di resuscitare>> (p. 15 del discorso). Il paragone è chiarissimo per chi si prenda la briga di leggere questo discorso di 26 pagine: il Venezuela “rivoluzionario” dei poveri in cerca del “socialismo del XXI^ secolo” , ha un modello e un predecessore nella figura di un Cristo nato “tra i poveri”(p.2) e “redentore del popolo”(p.11)
Questa immagine, forse esotica per dei giornalisti che considerano l’etnocentrismo imperiale come un dovere assoluto, non lo è certamente per un pubblico latino-americano, perché l’idea di un Cristo “umile” che cammina "al fianco dei poveri” viene direttamente dalla Teologia della Liberazione che aveva “la realtà sociale conflittuale latino-americana, come punto di partenza e un metodo marxista, come analisi per meglio comprendere la realtà sociale”.

Chavez non dice niente di nuovo dunque quando afferma: “Cristo è stato e resta uno dei più grandi rivoluzionari della storia e il primo socialista della nostra era, il primo socialista, per questo lo hanno crocifisso"(p.14) Crocifisso da chi? Da quelli per i quali il regno dei cieli è chiuso: i ricchi
 E Chavez di seguito, attualizzando la sua interpretazione:

“Ho finito di leggere stamattina l’ultimo rapporto dell’ONU sulla situazione del mondo ed è allarmante. E’ per questo che io dico che oggi più che mai in 2005 anni noi abbiamo bisogno di Gesù Cristo, perché il Mondo si sta consumando giorno dopo giorno come la ricchezza del mondo, perché Dio, la natura, è la saggezza, il mondo ha acqua sufficiente perché ciascuno abbia l’acqua, il mondo ha ricchezze sufficienti e terre per dare da mangiare a tutta la popolazione mondiale, il mondo ha sufficienti pietre e minerali per le costruzioni perché nessuno sia lasciato senza un tetto. Il mondo dispone di sufficienti ricchezze  per tutti dunque, ma in realtà delle minoranze, i discendenti di coloro che crocifissero il Cristo, i discendenti di coloro che esiliarono Bolivar e crocifissero anche lui a loro modo a Santa Marta in Colombia. Una minoranza si è appropriata delle ricchezze del mondo, una minoranza si è appropriata dell’oro del pianeta, dell’argento, dei minerali, delle acque, delle buone terre, del petrolio, delle ricchezze, dunque, e ha concentrato le ricchezze nelle mani di qualcuno, meno del 10% della popolazione mondiale possiede la metà della ricchezza del mondo intero e… più della metà degli abitanti del pianeta sono poveri e ogni giorno aumenta sempre più il numero dei poveri nel mondo. Qui noi abbiamo deciso di cambiare la storia…”(p.15).

E’ dunque nel contesto di una denuncia contro l’appropriazione delle ricchezze del mondo da parte di minoranze che Chavez ha pronunciato la frase che si è riportata in grassetto e che, decontestualizzata, fatta a pezzetti, frazionata, manipolata, è diventata oggetto di una grande lezione di giornalismo negativo, dove la disinformazione si associa alla immaginazione.

2. “Guysen Israel News” e il Centro Simon Wiesenthal accusano

Il 3 gennaio 2006 “Guysen Israel News”, che si presenta come una “agenzia di stampa indipendente da qualsiasi tutela, politica o d’altra natura” pubblica un articolo di Albert Bellaiche dove si legge tra l’altro:
“Come la mosca cocchiera che interviene senza che nessuno l’abbia sollecitata, né le abbia domandato che ora è a Buenos Aires o che tempo fa a Gerusalemme, il Presidente in carica del Venezuela, di nome Hugo Chavez, di cui fino a qualche giorno fa nessuno conosceva l’esistenza, fa una tirata spettacolare quanto inattesa, imitando il Le Pen dei suoi migliori giorni. <<Più che mai abbiamo bisogno di Cristo… Ce n’è abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti, ma qualche minoranza, i discendenti di quegli stessi che hanno crocifisso il Cristo, si sono impadroniti della ricchezza mondiale. Meno del 10% della popolazione del mondo possiede più della metà di queste richhezze. Noi siamo decisi a cambiare il corso della storia>> ha dichiarato Hugo Chavez, il Venezuelano, all’auditorio del Centro Manatial de Los Suefos (sic!)”

La citazione, come si vede, è stata tagliata dallo zelo redazionale dell’”agenzia di stampa indipendente da ogni tutela, politica o d’altra specie”, che si dedica a un esercizio di stile vergognoso e odioso, destinato a presentare Chavez come un fanatico antisemita alleato di tutti quelli che vogliono distruggere lo Stato di Israele.

Il 4 gennaio 2006 il Centro Simon Wiesenthal pubblica da Buenos Aires un comunicato dal titolo: “Il Centro Simon Wiesenthal condanna le dichiarazioni antisemite di Hugo Chavez e reclama pubbliche scuse”. Sulla base della medesima citazione (ma amputata del riferimento all’esilio e alla morte di Simon Bolivar): “Il mondo dispone di sufficienti ricchezze per tutti, dunque, ma nei fatti delle minoranze, i discendenti di quegli stessi che hanno crocifisso il Cristo, si sono impossessati delle ricchezze del mondo”.
E il comunicato continua: “In una lettera indirizzata a Chavez, Shimon Samuels (Direttore delle Relazioni internazionali del SWC) e Sergio Widder (Rappresentanteper l’America latina) hanno dichiarato che “nelle vostre parole abbiamo ritrovato due argomenti centrali dell’antisemitismo: il mito del deicidio e il collegamento degli ebrei alla ricchezza. Queste due idee hanno rappresentato il pretesto perfetto per giustificare la persecuzione e l’uccisione degli ebrei lungo due millenni”.

Ora, questi due argomenti non ci sono nella frase mutilata che i portavoce del Centro citano estrapolandola dal suo contesto. In effetti gli ebrei non c’entrano per nulla, come rileverà l’Associated Press.

Non importa: il comunicato non solo esige delle scuse (e non una semplice precisazione), ma minaccia: “Il vostro silenzio può essere interpretato solo come una conferma di una concezione razzista”. Inoltre invita “i governi dell’Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, oltre che il presidente del Mercosur (il mercato comune dell’America Latina)” a “sospendere il processo di integrazione del Venezuela fino a che Chavez presenti scuse pubbliche per le sue pubbliche dichiarazioni antisemite”. Infine il Centro sottolinea en passant che è “paradossale che il presidente di un paese dove si terrà tra poco il più celebre degli incontri del pensiero progressista, il Social Forum mondiale, utilizzi questo linguaggio medioevale e reazionario”. Bisogna dunque interpretare questo comunicato come un contributo “progressista” al Forum? C’è da dubitarne.

3. Liberation riprende e rilancia

Lunedì 9 gennaio 2006, Jean-Hébert Armengaud pubblica su Liberation un articolo dal titolo “Il credo antisemita di Hugo Chavez”. Un “credo” la cui paternità rimanda al giornalista di Liberation.
Jean-Hébert Armengaud, senza avere mai pubblicato il benché minimo articolo sulla situazione sociale e politica del Venezuela, mette da parte gli articoli del corrispondente permanente di Libé a Caracas (che, sicuramente nel lungo soggiorno in spiaggia, tenta di tanto in tanto di produrre qualche articoletto) e subappalta ai dispacci di agenzia i suoi editoriali vendicativi, infarciti di approssimazioni: queste attività ne fanno, non un giornalista di informazione o investigazione, ma un piccolo panflettaro.

Ma in questa occasione egli supera se stesso. Subappaltando distratto, confonde uno Stato con una città. (Il discorso si era infatti tenuto  vicino a Acevedo, nello Stato di Miranda e lui ha scritto che era nella città di Miranda, nello Stato di Zulia.). Traduttore in mala fede, per accreditare l’idea che Chavez avesse di mira proprio gli ebrei, trasforma “alcune minoranze” in “una minoranza”, per fare intendere che sia quella ebrea. Lettore dalle forbici affilate, toglie dalla citazione tutto quello che dà fastidio alla sua interpretazione. Ecco cosa ne resta: “Più che mai il Cristo ci manca (…) ma è successo che una minoranza, i discendenti di coloro che hanno crocifisso il Cristo (…) s’è impadronita delle ricchezze del mondo (…)  e ha concentrato queste ricchezze in poche mani”.
Segue poi un riassunto della protesta del Centro Simon Wiesenthal, ravvivata da due insinuazioni supplementari – presentate come note esplicative: 1/ l’influenza che avrebbe avuto su Chavez il pensiero revisionista di Ceresole; 2/ il carattere (antisemita, fortemente…) che avrebbe rivestito un intervento della Polizia in un Centro ebraico di Caracas. E tutto questo, sotto la penna delicata di Armenegaud, diventa un “credo antisemita”: niente meno! Quanto alla portata di questo “credo”, risulta chiara nella domanda che apre l’articolo: “Anti-neoliberista, anti-imperialista… e anti-semita?” Perché va da sé che non si può essere anti-neoliberista e anti-imperialista, senza essere potenzialmente antisemita…

4. Le Monde ricicla e si contorce

Allegando come fonte un dispaccio dell’agenzia Associated Press del 6 gennaio 2006, le monde.fr titola un articolo pubblicato il 9 gennaio 2006: “Il centro Wiesenthal accusa Hugo Chavez d’antisemitismo”. Sia! Tuttavia la prima frase spara la sentenza: “Il presidente venezuelano ha manifestato orientamenti antisemiti durante il suo discorso di Natale(…)”. Il riciclaggio del dispaccio di agenzia equivale a una miserabile riscrittura.
Così, mentre Associated Press traduce fedelmente i proponimenti di Chavez, le monde.fr non li veirifca per niente e li riscrive secondo le sue convenienze: “Il mondo appartiene a tutti ma una minoranza, i discendenti di coloro che hanno crocifisso il Cristo, si è impossessata delle ricchezze mondiali”. Mentre il dispaccio di AP dedica 4 righe alle accuse lanciate dal Centro Wiesenthal e 6 alle dichiarazioni di Rabbi Arthur Waskow, che ha manifestato “seri dubbi che si trattasse di uno scivolone antisemita”, questo riferimento è sparito nell’articolo messo o line.  Citazioni troncate, traduzioni sbagliate, fonti non verificate, riferimenti strumentalizzati: un vero cumulo di… referenze.

Ma Le Monde è anche un quotidiano di carta. Nell’edizione del 10 gennaio, Le Monde pubblica un articolo intitolato: “Il Centro Wiesenthal accusa M.Chavez di antisemitismo”, il medesimo titolo dell’articolo apparso il giorno prima nell’edizione on line. Ma – non visto, non conosciuto? – Le Monde si rettifica senza dirlo. “Media culpa?” Certamente no: gli errori e le approssimazioni dell’articolo precedente, per Le monde, non sono mai esistiti! Qualsiasi cosa sia, deliberatamente o no, Marie Delcas, corrispondente di Le Monde a Bogotà sgonfia le accuse come un pallone.
Non è solo la citazione – questa volta corretta – del discorso di Hugo Chavez  a equivalere a una smentita dell’articolo di lemonde.fr, ma il quotidiano della sera corregge il tiro dando la parola a colui che era assente il giorno prima… il rabbino Arthur Waskow, che – ricordiamolo – “mette in dubbio l’antisemitismo del presidente venezuelano” E aggiungendo (come una riparazione?) che “il 9 novembre 2005 David Bachenheimer, segretario generale della comunità ebraica, aveva dichiarato a uno dei principali quotidiani di Caracas, El Nacional, che non v’è antisemitismo in Venezuela”.

5. Un mattino, Adler glossa….

Senza sorpresa, Alexander Adler (giornalista e storico francese) si è golosamente precipitato sulle interpretazioni del giorno: occasione per lui di celebrare la sua chiaroveggenza di predicatore onnisciente.
Che cosa ricordare della tenera melopea di colui che aveva già stigmatizzato il preteso antisemitismo di Chavez, attribuendolo alle sue frequentazioni dell’OPEP. Prima di tutto una conferma implicita dell’accusa di antisemitismo: “Sospettavo che avesse pessime idee. Le ha effettivamente”.  Quali? Quelle “del film di mel Gibson sul popolo ebreo”. Completata dalla fabbricazione di una citazione patchwork attribuita a Chavez: “Natale è un giorno per la ribellione, la rivoluzione. Il Cristo era un ribelle rivoluzionario e i discendenti di coloro che hanno crocifisso il Cristo si sono appropriati delle ricchezze del mondo concentrate in poche mani”. Questa citazione fittizia è temperata (ma si…) da una concessione apparente: “Dopo tutto è il caso di farne un dramma? Ci sono sicuramente ricchezze del mondo che sono concentrate in poche mani e si può considerare che siano costoro, ebrei o non ebrei, che hanno crocifisso Cristo”.
Essendo inteso che Chavez, secondo Adler, è antisemita ma non ha manifestato orientamenti antisemiti, che cosa resta? Una probabilità: “La probabilità ch’egli abbia effettivamente fatto riferimento al popolo ebreo”, subito tramutata in certezza: “E’ certo che la visione del mondo (di Chavez)è totalmente compatibile con l’antisemitismo”. Conclusione adleriana: Chavez è antisemita perché potrebbe esserlo. E perché potrebbe esserlo, visione del mondo a parte? Perché è consigliato da Ceresole. Ed è tutto. La montagna di accuse ha partorito il topolino.

Liberation, ripreso da Le Monde, ci aveva avvisato: “Il presidente venezuelano da molto tempo è consigliato da Noberto Ceresole”… strilla dietro di loro e denuncia un preteso guru di Chavez che “cercava di costruire un’America Latina post democratica” . Adler si pavoneggia: “D’altronde io sono il solo ad avere da molto tempo scritto sui giornali il nome di Ceresole” prima di punteggiare la sua frase con un “vero?”, patetico in modo toccante. E tuttavia non si tratta di una rivelazione. Ceresole è stato effettivamente consigliere di Chavez…per un anno, prima di essere congedato. E niente prova ch’egli abbia indotto Chavez a condividere le sue derive revisioniste. La sola utilità nella evocazione del nome di Ceresole è quella di rafforzare un’accusa senza prove con una insinuazione che può così riassumersi: 1/ Ceresole era revisionista. 2/ Ceresole è stato consigliere di Chavez 3/ Dunque Chavez è antisemita. Un simile 
(s)ragionamento emana un forte profumo di maccartismo…

 


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Quella frase di Chavez


di Maurizio Chierici

da l'Unità del 23 gennaio 2006


PERFINO IL BERLUSCONI al tramonto non gioca la carta disperata che trasforma l’Olocausto in uno spot. Per il momento. Orribile spot che riduce l’antisemitismo a bandierina da sventolare sui mal di pancia della politica. Ma dall’altra parte del mare qualcuno ci sta provando. L’Olocausto è un paesaggio desolato le cui ombre non spariranno e il dolore segnerà all’infinito la ragione dell’umanità. Milioni di innocenti sciolti nei forni di Hitler e gli scheletri dei sopravvissuti aggrappati ai recinti dei campi di sterminio. Memoria che accompagnerà le generazioni invocando rispetto e rimorso per l’indifferenza colpevole dei padri. Eppure c’è chi ha avuto la delicatezza di arruolare questa sofferenza per agitare la polemica contro un presidente che si vorrebbe rovesciare. Audience assicurata, naturalmente, ma è il tipo di clamore che nell’incoscienza della finzione può risvegliare la peste dell’antisemitismo.
Odiato dal 35 per cento e avvolto dall’entusiasmo del 63 per cento dei venezuelani, di Chavez si possono dire tante cose. Dittatore. Populista vanitoso. Un pericolo per la democrazia. Nemico del liberismo. Leader di un popolo affamato. Governante intestardito nell’utopia del ridare dignità a un continente ricco ma sfinito dal saccheggio di vecchi e nuovi colonialismi. Parla troppo. Mantiene le promesse. Ha ridotto il Venezuela a una caserma castrista. Ha ridato speranza ad un Paese fino a ieri al guinzaglio dei soliti interessi. Una voce contro l’altra, a volte polemiche furibonde. Ma chi deve votarlo o non votarlo ha la possibilità di confrontarsi e discutere. Giornali e Tv sono nelle mani degli editori impegnati a disfarsi del presidente sotto la tutela degli angeli custodi di Bush. Ogni elettore è in grado decidere o di non andare a votare con tutte le carte in tavola. Ma giocare con l’Olocausto resta un’infamia difficile da perdonare.
Ecco cosa è successo. Nei primi giorni di novembre Repubblica pubblica cinque righe con titolino sperduto nel mare di altre parole: gli ebrei venezuelani lasciano Caracas sentendosi perseguitati. L’allarme scuote le comunità americane ed italiane. Provo ad informarmi. Ritrovo tra i messaggi del computer la notizia che sta facendo il giro del mondo, commentata, enfatizzata. Al telefono una sociologa agnostica e un professore credente, entrambi ebrei, rispondono da Caracas cadendo dalle nuvole. Negli anni Novanta la crisi ha sconvolto l’economia e i partiti del Paese, anticipando gli scricchiolii del crollo argentino e provocando la migrazione di imprenditori e famiglie un tempo agiate. Cercano fortuna altrove. Fra loro - è vero - qualche ebreo. Ma non è la religione a decidere. Scappano cattolici, protestanti e chi non crede in niente. Scappano signori dalle tasche mezze vuote, non perché si sentano perseguitati per pregare in modo diverso; stanno inseguendo il loro sogno americano che in Venezuela impallidisce per corruzione e malconduzione dei due partiti da 30 anni al potere: socialdemocratico e socialcristiano. Capire se c’é persecuzione non è semplice. Dopo Natale l’accusa diventa inquietante. La notte della vigilia, il Chavez che parla cinque ore alla Tv di Alò Presidente, avrebbe precisato «inequivocabilmente il suo antisemitismo». Possibile? Le Monde, Liberation, Wall Street Journal confermano. Shimon Samuel e Sergio Winder, rappresentati del Centro Wiesenthal per l’America Latina, con sede a Buenos Aires, raccolgono inconsapevolmente l’allarme divulgato da Caracas. Nel ricordare la natività in un posto dove sopravvivono i senza niente, Chavez avrebbe detto: «Stamattina mi è arrivato un rapporto dell’Onu sulla situazione della povertà nel mondo». Elenca i disastri del sottosviluppo.
Racconta che il sogno di Bolivar è finito nelle mani di chi affama milioni di latinoamericani. E aggiunge «Il mondo ha cibo, acqua e risorse per tutti, ma una minoranza che discende da chi ha crocifisso Cristo si è impossessata delle ricchezze». La pioggia di messaggi allarmati raggiunge i computer di ogni continente e il Centro Wiesenthal argentino ne diventa portavoce: Chavez ripropone l’antisemitismo come ricetta per combattere la povertà. La risposta del governo di Caracas è inspiegabilmente burocratica. Laconicità che fa crescere il sospetto: «Riascoltate i nastri della trasmissione e capirete che il presidente non ha pronunciato questa frase». Punto e basta. Ha ragione chi specula o chi si difende? Da Caracas risponde Ernesto Villegas, giornalista molto conosciuto e molto rispettato. Per ciò che scrive, soprattutto per il programma televisivo En Confianza, in confidenza, nel quale ogni sera intervista con secca professionalità i protagonisti dell’avvenimento del giorno. Specie di Biagi venezuelano. Per niente amico di Chavez, fa sapere: «Questa storia delle persecuzione degli ebrei da parte del governo è un’idiozia di chi vuol polemizzare sull’amicizia di Chavez coi Paesi arabi». Chavez sta disegnando un’internazionale del petrolio da sottrarre all’influenza Usa, e il Venezuela acrobaticamente entra come osservatore nella Lega Araba e patteggia con l’Iran assieme a Russia e Cina. «Non ho mai sentito amici lamentarsi, non ricordo una sola manifestazione contro i 20 mila ebrei che vivono in Venezuela dove l’antisemitismo è forse l’unico incubo che ci è evitato. Ricordo solo di aver intravisto, durante una marcia contro la guerra in Iraq, un cartello che polemizzava con Sharon e una bandiera di Israele bruciata assieme alla bandiera americana». Villegas ne è sicuro, ma è la sicurezza di un giornalista non ebreo, quindi non coinvolto nell’angoscia. Limita l’isterismo a qualche isterico pacifista isolato. A poco a poco vien fuori la verità. E la Comunità Ebraica prende le distanze dal Centro Wiesenthal: «La frase è stata citata strumentalmente in modo scorretto». Si uniscono alla protesta le due più importanti associazioni legate al Comitato e al Congresso ebreo-americano degli Stati Uniti. La precisazione viene pubblicata da Forward, settimanale della Comunità di New York. Ecco come è stato manipolato il discorso. Con l’accento messianico che gli appartiene, Chavez ricorda la morte di Cristo: «I discendenti della minoranza che lo hanno crocifisso si sono impadroniti delle ricchezze del mondo». Questa la versione diffusa per suscitare scandalo. Gravissima e pericolosa. Ma riascoltando la registrazione ci si accorge di un “piccolo” errore. Solo un ricamo che ricuce le parole di discorsi lontani. Secondo Chavez, chi si è impossessato delle ricchezze del mondo sono «i discendenti di coloro che hanno crocifisso Bolivar, lontano dalla sua patria, a Santa Marta in Colombia», dove il Libertador era braccato dai generali che l’avevano tradito nel nome degli spagnoli. Muore quasi clandestino. «Ci pare evidente», sottolineano le associazioni ebreo-americane che «la minoranza la quale si è impossessata delle ricchezze del mondo» non è riferita agli ebrei ma «all’oligarchia bianca». Caso chiuso? Neanche per idea. Bisogna battere il ferro caldo. Mentre leggo le precisazioni delle comunità pubblicate dal Monde e altri giornali, continua la pioggia dei messaggi. Ieri mattina, domenica 22 gennaio, El Herald di Miami, sentinella degli ultras della destra della Florida, rilanciava la notizia: «Gli intellettuali denunciano Chavez per discorso antisemita». Un mese dopo il blog è più vivo che mai. E i blog sono tanti. Foto di uno striscione appeso alle spalle di passanti impegnati a chiacchierare sulle panchine di un giardino: «No al terrorismo dei comandos isreaeliti in Venezuela». E un attimo dopo arriva l’omelia di Rosalio Castillo Lara, cardinale emerito di Caracas, tra lui e Chavez scintille dal primo giorno: «Il governo eletto sette anni fa ha smarrito il suo cammino democratico e presenta segni di dittatura». Batti e ribatti. Distribuzione capillare, postini molto accurati: testo spagnolo tradotto in italiano. Chissà perché Barbara Bessone, italica pasionaria dei messaggi, dimentica la replica immediata della Conferenza Episcopale venezuelana. Monsignor Ubaldo Santana ne è il presidente. «Il cardinale ha diritto ad esprimere le proprie opinioni e come ogni altro cittadino può divulgare il suo giudizio personale mentre gode la meritata pensione. Ma non appartiene ormai alla Conferenza Episcopale e queste parole non possono essere considerate espressione della volontà dei vescovi. Insomma, non ha parlato a nostro nome».
Allora perché montare un orribile falso contro Chavez, arruolando un gruppo di intellettuali i quali pagano “di tasca loro” una pagina del Nacional (giornale, come tutti, avverso al presidente ) nella quale si ammorbidiscono le accuse di antisemitismo parlando solo di «allusioni piuttosto chiare», ma ribadendo che con Chavez è ora di finirla: perché?
Fra tre giorni comincia il Forum Sociale Mondiale di Caracas. Indigeni, diseredati, soprattutto i giovani di un’America Latina che sta cambiando bandiera, arrivano per ascoltarlo. Folle enormi, segnate da drammi e rabbie. Come è successo a Porto Alegre con Lula e a Mar del Plata con Chavez e Morales, il rimbombo animerà il continente. Un pericolo da disattivare con l’insulto più atroce: antisemitismo. Ricorda un trucco dell’Europa di 30 anni fa. La famiglia del francese Giscard d’Estaing era diventata socia della più importante miniera d'uranio dell’Africa nera; socia del presidente centroafricano Bokassa. Ma Bokassa, matto per sifilide, diventava ingombrante. Abbraccia in pubblico Giscard: «Ecco il mio cugino preferito». Si incorona imperatore. Gli esperti del deuxième bureau, servizi segreti, hanno un’idea per liberarsene senza ucciderlo: lo accusano d’essere cannibale. Liquidato per sempre quando l’era internet era ancora lontana. Oggi è più facile, i blog galleggiano. E il Chavez antisemita riaffiorerà appena serve metterlo in cattiva luce riesumando le verità dimezzate di questi giorni. Infastidisce ciò che Chavez annuncerà al World Social Forum: il petrolio del Venezuela sarà venduto con lo sconto del 40 per cento a tutti i paesi in difficoltà nel continente. Con Brasile e Argentina, Caracas produrrà e distribuirà gratuitamente farmaci anti Aids. Oleodotto e gasdotto lunghi 10 mila chilometri uniranno Venezuela, Brasile, Bolivia e Buenos Aires assicurando interscambio e indipendenza energetica che taglia fuori le multinazionali. Il terremoto economico rafforza il Mercosur e permette a Morales di far respirare la Bolivia. Sarà vero se le promesse scendono da una specie di Eichmann travestito da presidente? A proposito dello striscione disteso nei giardini di Caracas: fa venire in mente lo striscione apparso una domenica in piazza San Pietro sotto la finestra di Giovanni Paolo II. Il giorno dopo il Papa doveva ricevere Fidel Castro. Piove a dirotto, pochi fedeli: tre pellegrinaggi diocesani da Puglia, Piemonte e Insbruck. Spuntano da sotto gli archi quattro ragazzi tirando uno striscione. Parole di fuoco: «Santità, non riceva l’Anticristo - I perseguitati cubani». Un operatore ha qualche problema a filmare: l’acqua appanna l’obiettivo: «E sbrigate, che ce bagnàmo. Te se’ rincoglionito?». Strani habaneri dall’accento romano. Due ore dopo il Tg2 dà grande rilievo all’avvenimento. «Ecco i profughi di Castro accorsi a Roma per contestarlo. Protestano prima della benedizione dell’Angelus: non vogliono che il Pontefice riceva chi li ha costretti all’esilio». Primi piani di facce un po’ fuori luogo: ragazze in costume tirolese, occhi mediterranei, il profilo scolpito dei piemontesi. «Povera gente che sfida la pioggia per far sapere a Giovanni Paolo II quale dolore li ha spinti fin qui». Direttore del Tg2, 1997: Clemente Mimun.

 

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