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ProfileIntervento, novembre 2017 - L’esercito statunitense non è capace di vincere, non lo è stato in Europa durante la Seconda Guerra mondiale, quando il grosso delle battaglie è stato sul fronte est, né in Corea, né in Vietnam, né altrove...

 

Club Orlov, 9 novembre 2017 (trad.ossin)
 
L'esercito USA è il più incompetente e pericoloso del pianeta
Dmitry Orlov
 
Nel corso degli ultimi anni, ho scritto molto sui fiaschi, numerosi e variegati, dell’esercito statunitense in varie parti del mondo. Le cause di essi, in estrema sintesi, sono i seguenti:
 
 
L’esercito USA è essenzialmente una spugna che va a denaro pubblico. E’ il maggiore datore di lavoro, il maggior consumatore di combustibili fossili e il più importante programma di rilancio economico.
 
E’ il programma più caro, ma in alcun modo il migliore. La spesa non garantisce la vittoria. La Russia spende per la sua difesa meno del 10% di quanto spendono gli USA ma, in virtù di una migliore scelta negli acquisti, i suoi sistemi di arma sono migliori e le sue truppe più capaci. In certi ambiti, il materiale e i software militari russi sono oramai più avanti di diverse generazioni rispetto a quelli degli Stati Uniti.
 
L’esercito statunitense non è capace di vincere, non lo è stato in Europa durante la Seconda Guerra mondiale, quando il grosso delle battaglie è stato sul fronte est, né in Corea, né in Vietnam. Le campagne di Afghanistan o dell’Iraq non possono considerarsi vittorie. Questo esercito è capace di far saltare tutto, ma non sa guadagnarsi la pace.
 
Quello che resta è solo un « agitarsi » : rispondere a minacce fantasiose in tutto il mondo. I subappaltai devono essere pagati e dunque le armi devono essere utilizzate,  gli equipaggiamenti testati in combattimento, le bombe sganciate. Gli ufficiali vogliono lanciare truppe all’attacco per potere essere decorati e promossi. I politici vogliono usare l’azione militare per distrarre la popolazione dai problemi insolubili di casa. Poco importa dove e perché, giacché il risultato è sempre lo stesso: un altro paese con gente dalla faccia scura o asiatica viene ridotto in rovina: un’altra ondata di rifugiati; un altro terreno per il terrorismo.
 
Con lo scorrere del tempo, la scelta dei luoghi dove l’esercito USA può giocare I suoi giochi si è ridotta sempre di più. Non può fare molto contro la Russia o la Cina perché sarebbe troppo pericoloso. L’Afghanistan e l’Iraq, i suoi ex campi da gioco, offrono opzioni limitate per un’escalation. Il Medio oriente è oggi troppo complicato per i pianificatori di guerra statunitensi ed è pieno di trappole nascoste. La Corea del Nord e l’Iran sono troppo pericolosi per impegnarsi militarmente; tutti lo sanno, e minacciarli in modo impotente regala loro anche delle vittorie propagandistiche.
 
Allora, che cosa una istituzione tanto enorme, corrotta, costosa e generalmente inconcludente decide di fare ?
 
Risposta : invadere l’Africa
 
L’Africa subsahariana è il campo da gioco ideale per gli Stati Uniti. E’ sottosviluppata. E’ vasta, con tanto terreno non caro per la costruzione di basi militari. Gli Stati africani sono deboli e facilmente corruttibili con un po’ di soldi. Ci sono tanti conflitti interni di cui approfittare per giustificare un intervento di natura « umanitaria ». (Diffidate sempre degli Statunitensi che parlano dei diritti dell’uomo!). L’Africa non costituisce in alcun modo una minaccia militare per gli Stati Uniti. Ora che la Libia è stata distrutta, non c’è più nessuno che si opponga agli USA.
 
L’Africa è piena di gente dalla pelle scura – qualcosa che si concilia bene col razzismo tradizionale che ancora prevale tra le classi inferiori che affollano l’esercito USA. Negli Stati Uniti i Bianchi sono condizionati a sparare sui Neri, a « tenere il campo » e i Neri sono condizionati a sparare sui altri Neri (gli omicidi tra Neri sono frequenti). Inevitabilmente, il caos razzista che creeranno in Africa provocherà contraccolpi interni quando le truppe torneranno dalle missioni, generando nuove ondate di criminalità che aiuteranno a sviluppare il complesso industriale carcerario, fornendogli altri schiavi dalla pelle scura.
 
Oltre ad essere un bel terreno da gioco per i militari, incasinare l’Africa subsahariana offre ulteriori vantaggi. Un’operazione militare in questi paesi provocherà nuove ondate di rifugiati che saranno inoltrati in Europa occidentale attraverso il viadotto libico. Qui giunti, questi rifugiati daranno una mano ad affossare quel che resta delle reti di sicurezza sociale e dei servizi pubblici già messi a dura prova, distruggendo quest’ultimo bastione del socialismo nel mondo e contribuendo alla vittoria della ideologia statunitense sul socialismo. Le imprese minerarie statunitensi avranno anche l’opportunità di operare, senza doversi preoccupare dell’impatto ambientale o delle popolazioni locali che dovranno sgombrare.
 
Dal punto di vista delle pubbliche relazioni, nessuno si preoccupa granché dell’Africa subsahariana. L’esercito USA può distruggere tutto senza troppo distinguere, e anche se qualche organizzazione internazionale di difesa dei diritti umani denuncerà Ia cosa, si potrà facilmente ignorare. Sì, i Francesi potrebbero irritarsi se il loro accesso all’uranio fosse bloccato: senza di esso i loro reattori nucleari quasi obsoleti non avranno più combustibile e le luci potrebbero spegnersi in tutta la Francia. Ma, a paragone con altri campi da gioco, dove un passo maldestro potrebbe gravemente perturbare i mercati energetici o perfino trascinare qualche fungo atomico su una o due città statunitensi, i rischi a distruggere l’Africa sono minimi.
 
Ma c’è un inconveniente. Dalla Seconda Guerra mondiale in poi, l’esercito USA ha svolto una funzione essenziale: minacciare di distruzione chiunque sognasse di sostituire il dollaro come principale moneta per il commercio internazionale. I pochi che hanno tentato di farlo  – Saddam Hussein, Muammar Gheddafi – sono stati rapidamente trattati e i loro paesi bombardati, fino all’osso. E’ questa minaccia che ha permesso al dipartimento del Tesoro e alla Riserva Federale degli Stati Uniti di restare in posizione di forza, stampando tutto il denaro di cui avevano bisogno, esportando l’inflazione che avevano creato verso i pesi che detestavano. A sua volta, è questo che ha permesso di finanziare tanto generosamente l’establishment militare statunitense. Ma adesso che perfino l’Arabia Saudita è disposta a vendere il suo petrolio in yuan cinesi, questo trucco non sembra più funzionare. Minacciare gli Africani poveri non può certo aiutare, perché essi sono troppo poveri per contare e hanno già paura. La fine di partita che pare inevitabile è che l’esercito USA resterà senza soldi – col resto degli Stati Uniti. L’unica questione che rimane è la seguente: quanti altri danni riuscirà ancora a provocare nel frattempo?