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ProfileAnalisi, dicembre 2015 - Il sospetto che l’Arabia Saudita e il Qatar finanzino Daesh ci spingono a cercare di comprendere quali siano le aspirazioni di questi popoli, specialmente dei giovani

 

Boulevard Voltaire, 9 dicembre 2015 (trad.ossin)
 
 
Dobbiamo aver paura dei giovani arabi del Golfo?
Ghislain de Castelbajac
 
  

Il sospetto che l’Arabia Saudita e il Qatar finanzino Daesh ci spingono a cercare di comprendere quali siano le aspirazioni di questi popoli, specialmente dei giovani
 
I giovani dei paesi del Golfo sono afflitti da una doppia frustrazione: quella di non potere accedere a posti di responsabilità, soprattutto in Arabia Saudita, dove anche il solo nome di Riforma (islah) è incompatibile con la lettura salafita del Corano, e quella di non potere plasmare la nuova società a loro immagine.
 
Negli Emirati e nel Qatar, il governo elargisce sontuosi benefici ad una gioventù dorata, ma nessun potere politico.
 
In Bahrein, la frustrazione si collega ad una frattura settaria tra sunniti (al potere) e la maggioranza sciita.
 
Il sistema elettorale adottato dal Kuwait ha reso questo paese un laboratorio di “libera” espressione. Ma le divisioni interne rendono il paese a rischio di esplosione, aggravato dalla corruzione degli ambienti affaristici.
 
Anche il Sultanato dell’Oman è esposto a divisioni regionali, risvegliatesi di recente, anche se propensione al compromesso del Sultano consente di mantenere la situazione sotto controllo.
 
L’Arabia Saudita è un concentrato di svariate frustrazioni, che provocheranno senza alcun dubbio una prossima dissoluzione, se il governo non sarà
capace di dare risposte ai problemi: in particolare l’accentuato ostracismo di cui sono vittima le popolazioni a maggioranza sciita della regione orientale.
 
Ma per uno strano scherzo del destino, queste province letteralmente traboccanti di petrolio sono di etnia araba e non persiana, anche in Iran.
 
Un Arabistan sciita che detenesse la maggior parte delle riserve mondiali di petrolio, oltre che il controllo del Golfo è una prospettiva che le monarchie sunnite non possono accettare. Per questo, la caduta del governo sciita di al-Maliki in Iraq, in concomitanza con la conquista di Mosul da parte di Daesh, venne apertamente considerata una vittoria da parte dei paesi del Golfo.
 
Avendo vissuto più di dieci anni tra i giovani dei paesi del Golfo, l’autore pensa di comprenderne la mentalità: modernista e aperta sulle cose del mondo, è anche più conservatrice di quella delle generazioni più vecchie ed estremamente attaccata alla religione. Giacché l’islam costituisce il solo tessuto storico della maggior parte delle monarchie del Golfo, esso è il pilastro morale della loro vita.
 
La maggior parte dei ragazzi e delle ragazze guarda con ostilità al sistema democratico occidentale. Parlo con un giovane laureato in ingegneria, che mi parla della sua sete di giustizia e dell’odio che prova per la corruzione dei regimi arabi, sperando che faccia la sua apparizione una qualche combinazione di Nasser e di califfo illuminato. Un altro giovane istruito considera il regime talebano come un esperimento necessario per verificare se potesse alla fine riapparire su queste terre un Califfato “mondo da ogni corruzione”. Una giovane saudita mi dice che il caos è peggio di mille ingiustizie, che preferisce ancora “la prigione a cielo aperto che è oggi l’Arabia Saudita” ad un caos orchestrato dall’esterno, che porterebbe al potere la minoranza più estremista.
 
Questa “minoranza” ha molte somiglianze con i giovani smarriti in Europa che si arruolano in Daesh: droghe, pornografia, formazione autodidatta… è la sfida delle monarchie del Golfo: l’allarme Daesh è niente rispetto a quel che il Regno deve attendersi in caso di smembramento.
 
Il mantenimento di un regime, per quanto inviso, richiede che le élite saudite si assumano le loro responsabilità, affidando al più preso i posti chiave a dei riformisti, se vogliono evitare il caos. Esige anche mutamenti della politica estera dei paesi del Golfo, e azioni suicide in Bahrein e in Yemen.
 
Se la lotta contro i gruppi terroristi passa in Europa per una maggiore fermezza giudiziaria, è vitale per i paesi del Golfo di assumere iniziative per evitare futuri rivolgimenti, conferendo ai giovani maggiori responsabilità e un quadro civico autonomo dalla religione.