ProfileAnalisi, novembre 2015 - Gli attentati di Parigi sconvolgono un''Europa che si sente trascinata in una storia (i massacri mediorientali), di cui voleva essere solo spettatrice. Le domande che si pongono le famiglie delle povere vittime, e tutti noi, rischiano di restare senza risposte. Lasciandoci incoscienti delle vere ragioni e dei veri responsabili (oltre alla semplice  manovalanza), di questo gioco criminale (nella foto, i soccorsi)

 

Il sangue degli incoscienti
 
 
I terribili attentati di Parigi ripropongono ad un’Europa terrorizzata il pericolo di un islamismo radicale che bussa alle nostre porte. Eppure c’era da aspettarselo, perché nel giro di qualche settimana ISIS (o altri che usano in franchising il logo ISIS) avevano già compiuto sanguinose stragi in Turchia e nel quartiere sciita di Beirut, senza parlare dell’abbattimento dell’aereo russo sul Sinai.
 
Ancora una volta, dunque, l’Occidente si accorge del problema solo quando viene toccato in prima persona, essendo rimasto più o meno insensibile alle stragi perpetrate dagli “assassini di Allah” in Siria (e in Libia) negli ultimi cinque anni. E la reazione

prevalente sembra essere sbagliata e fuorviante, stando almeno ai post che si susseguono nei media sociali, piene di invettive anti-islamiche (riprese da certi sciacalli del giornalismo nostrano).
 
Distrazione e melensaggine. Nessuno di questi indignati “commentatori” di Facebook si ricorda che la prima apparizione del terrorismo islamico alle porte d’Europa si è avuta in Cecenia; quando tutti i futuri “je suis Charlie” (vedi, in Italia, Adriano Sofri) si indignavano, non per gli attacchi terroristi, ma per le dure reazioni russe. Quella stessa Russia che oggi è seriamente impegnata in Siria contro ISIS, al fianco di Bachar al-Assad, Iran e Hezbollah, mentre gli USA restano alleati di quell’Arabia Saudita che finanzia gli “assassini di Allah” e si affannano a distinguere tra “terroristi cattivi” e “terroristi moderati”, pur di non dover riconoscere che Putin ha ragione.
 
“Ieri – ha detto Bachar al-Assad a una delegazione di deputati francesi in visita a Damasco – Parigi ha vissuto quello che noi sopportiamo da cinque anni”. E si tratta del miglior commento possibile.
 
Riproponiamo, in attesa di analisi più fresche, un’intervista rilasciata qualche mese fa da Alain Chouet a l’Humanité. Pur se non attualissima, si individua il vero nodo del problema: “l’alleanza occidentale con coloro che finanziano da trenta anni il fenomeno jihadista”. 
Perché una cosa è chiara: di fronte ad attacchi così subdoli e imprevedibili, la strategia vincente non è quella di mettere l’Europa in un assurdo stato d’assedio, ma cecare di eliminare le fonti di finanziamento (vedi Arabia Saudita e Qatar, tra i migliori alleati attuali della Francia) (ossin)
 
 
I primi soccorsi prestati ai feriti
 
 
L’Humanité; 3 luglio 2015 (trad. ossin)
 
 
“Siamo alleati di quelli che da trent’anni sponsorizzano il fenomeno jihadista”
Marc De Miramon
 
 
Secondo Alain Chouet, ex capo del servizio informazione della DGSE, la “guerra di civiltà” e quella “contro il terrorismo”, sventolate dal governo come dall’opposizione di destra, sono un’impostura che ne nasconde un’altra, quella dell’alleanza dei paesi occidentali e i padrini del jihad
 
HD: Qual è, a suo avviso, il profilo di Yassin Salhi? Quello di un “lupo solitario” o di un terrorista che opera per conto di una organizzazione strutturata?
 
Alain Chouet: Non è un lupo solitario, ma piuttosto un cretino solitario! Le reazioni mediatiche sono state nell’insieme patetiche. La stampa ha sostenuto per tre giorni che si trattava di un pericoloso terrorista e io ho negato qualsiasi intervista in proposito perché appariva chiaro che era stato un atto personale senza rapporti col mondo del terrorismo. E’ uno fuori di testa, uccide il suo datore di lavoro senza tentare prima di razionalizzare la sua azione, come fanno tutti gli psicopatici e i sociopatici, e urla: “Allah Akhbar. Poi invia una foto al solo amico che ha e che si trova in Siria, forse nella speranza che lo Stato Islamico rivendichi il suo atto.
 
HD: Si può stabilire un rapporto tra l’omicidio di Sousse e l’attentato perpetrato in Kuwait contro la minoranza sciita?
 
A.C.: Sono due cose diverse. In Tunisia si è trattato di un episodio legato alla caduta del partito islamista Ennahdha: prima di abbandonare il governo, hanno varato una riforma fiscale che rovina la classe media laicizzata, che la peggiore nemica dei Fratelli Mussulmani. Poi numerosi attentati hanno insanguinato la Tunisia, allo scopo di distruggere la sua economia, rovinare il settore turistico, i sindacati, le associazioni, per riuscire a tornare al potere. E’ la strategia di sempre dei Fratelli Mussulmani. In Kuwait l’attentato si iscrive più nel contesto della guerra portata avanti dall’Arabia Saudita contro le minoranze sciite.
 
HD: Allora le pare serio, come ha fatto il primo ministro, di evocare la “guerra di civiltà”?
 
AC: No, stiamo scoprendo l’acqua calda di George W. Bush, per lanciarci in una nuova guerra contro il terrore. Già abbiamo visto gli effetti disastrosi di questa politica negli Stati Uniti.
 
HD: Altri leader politici hanno tratto spunto dal dramma dell’Isère per sostenere l’urgenza di adottare la nuova legge sulla intelligence
 
AC: prima di tutto, questa legge è un po’ come una lista alla Prevert. Contiene cose che mi sembrano utili da un punto di vista professionale, soprattutto la legalizzazione delle infiltrazioni. Per quanto riguarda le intercettazioni elettroniche, ho già espresso il mio pensiero. Il “dragaggio sistematico” non ha mai prodotto risultati probanti.
 
 
Il presidente Hollande con il re dell'Arabia Saudita
 
 
HD: Nessuno ricorda il legame che corre tra l’ideologia di queste organizzazioni terroriste e quelle diffuse dall’Arabia Saudita e il Qatar
 
AC: Effettivamente. Però non è inutile ricordare che quello che noi chiamiamo “salafismo”, in arabo si chiama “wahhabismo”. E qui siamo alla contraddizione sistematica in tutte le situazioni di scontro militare, perché in Medio Oriente, in Sahel, in Somalia, in Nigeria ecc, siamo sempre alleati con quelli che sponsorizzano da trent’anni il fenomeno jihadista.
 
HD: Dopo l’11 settembre 2001, sono state investite somme colossali contro il terrorismo, continuano ad essere varate leggi liberticide, e però la “minaccia” terrorista è presente come non mai…
 
AC: Non rende prendersela con gli esecutori, vale a dire con gli effetti del salafismo, ma non con le cause. Su 1,5 miliardi di mussulmani, se 1 su un milione è fuori di testa, questo già produce una riserva di 1500 terroristi. Questo non potrà mai essere impedito, a meno di mettere uno sbirro dietro ogni cittadino. Tutto questo è una grossa burla: non si può muovere la guerra al terrore, ma a dei criminali. E la cosa appartiene alle tecniche di polizia e di giustizia.
 
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