Analisi, novembre 2013 - Mi è capitato di chiedere alle persone che respingono o problematizzano  ogni critica nei confronti della politica estera degli Stati uniti: “Cosa dovrebbero fare gli Stati Uniti in materia di politica estera perché perdano il vostro sostegno? Che cosa sarebbe troppo per voi?” Non ho ancora ricevuto una sola risposta soddisfacente a questa domanda...







Le Grand Soir, 12 novembre 2013 (trad. ossin)



NSA – L’unico ufficio governativo che ascolta davvero quello che
 
avete da dire


William Blum



Mi è capitato di chiedere alle persone che respingono o problematizzano  ogni critica nei confronti della politica estera degli Stati uniti: “Cosa dovrebbero fare gli Stati Uniti in materia di politica estera perché perdano il vostro sostegno? Che cosa sarebbe troppo per voi?” Non ho ancora ricevuto una sola risposta soddisfacente a questa domanda


Il New York Times (2 novembre) ha pubblicato un lungo articolo sulla base dei documenti della NSA pubblicati da Edward Snowden. Una delle cose che ha attirato di più la mia attenzione  riguardava “Sigint” – Signals intelligence, il termine utilizzato per le intercettazioni elettroniche. Si poteva leggere:


“I professionisti di Sigint devono attenersi a principi etici irreprensibili, perfino quando dei terroristi o dei dittatori tentano di approfittare delle nostre libertà. Alcuni dei nostri avversari diranno o faranno qualsiasi cosa per vincere; noi no.”


E a questo punto mi sono chiesto: che cosa significa questo? Che cos’è che la NSA potrebbe rifiutarsi di fare – per ragioni di etica?


Mi è capitato di chiedere alle persone che respingono o problematizzano  ogni critica nei confronti della politica estera degli Stati uniti: “Cosa dovrebbero fare gli Stati Uniti in materia di politica estera perché perdano il vostro sostegno? Che cosa sarebbe troppo per voi?” Non ho ancora ricevuto una sola risposta soddisfacente a questa domanda. Penso che sia perché hanno paura che. qualsiasi cosa dicano, io farei loro notare che gli Stati uniti l’hanno già fatta.


Il voto delle Nazioni unite sull’embargo a Cuba – 22 anni consecutivi
Per anni il leader politici e i media statunitensi si sono compiaciuti di definire Cuba come un “paria internazionale”. E’ molto tempo che questa espressione non viene più usata. Probabilmente una delle ragioni è il voto annuale dell’Assemblea delle Nazioni unite sulla risoluzione dal titolo: “Necessità di togliere il blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati uniti d’America contro Cuba”. Ecco i risultati dei voti:

 

Voti delle Assemblee Generali delle Nazioni Unite sulla necessità di porre fine all’embargo degli Stati Uniti contro Cuba
Anni
Data
favorevoli
contrari
astensioni
Paesi contrari
1992
24 Novembre
59
2
72
Stati Uniti, Israele
1993
3 Novembre
88
4
57
Stati Uniti, Israele, Albania, Paraguay
1994
26 Ottobre
101
2
48
Stati Uniti, Israele
1995
2 Novembre
117
3
38
Stati Uniti, Israele, Uzbekistan
1996
12 Novembre
137
3
25
Stati Uniti, Israele, Uzbekistan
1997
Ottobre
143
3
17
Stati Uniti, Israele, Uzbekistan
1998
Ottobre
157
2
12
Stati Uniti, Israele
1999
Novembre
155
2
8
Stati Uniti, Israele
2000
Novembre
167
3
4
Stati Uniti, Israele, Isole Marshall
2001
Novembre
167
3
3
Stati Uniti, Israele, Isole Marshall
2002
Novembre
173
3
4
Stati Uniti, Israele, Isole Marshall
2003
Novembre
179
3
2
Stati Uniti, Israele, Isole Marshall
2004
Ottobre
179
4
7
Stati Uniti, Israele, Isole Marshall, Palau
2005
Novembre
182
4
1
Stati Uniti, Israele, Isole Marshall, Palau
2006
Novembre
183
4
1
Stati Uniti, Israele, Isole Marshall, Palau
2007
Novembre
184
4
1
Stati Uniti, Israele, Isole Marshall, Palau
2008
Ottobre
185
3
2
Stati Uniti, Israele, Palau
2009
Ottobre
187
3
2
Stati Uniti, Israele, Palau
2010
Ottobre
187
2
3
Stati Uniti, Israele
2011
25 Ottobre
186
2
3
Stati Uniti, Israele
2012
13 Novembre
188
3
2
Stati Uniti, Israele, Palau
2013
29 Ottobre
188
2
3
Stati Uniti, Israele

Ogni autunno il voto dell’ONU è una gradito ricordo che il mondo non ha completamente perduto la ragione e che l’impero statunitense non controlla completamente tutti gli altri governi.


Prendendo la parola davanti all’Assemblea Generale, il 29 ottobre, il ministro cubano degli affari esteri Bruno Rodriguez, ha dichiarato: “I danni economici accumulati nel corso di mezzo secolo dall’inizio del blocco raggiungono i 1.126.000.000.000 dollari” e una trentina di enti statunitensi e stranieri sono stati colpiti con 2,446 miliardi di dollari di multa a causa dei loro rapporti con Cuba.


Ciononostante il rappresentante statunitense, Ronald Godard, facendo appello agli altri paesi perché votassero contro la risoluzione, ha dichiarato:


“La comunità internazionale non può…. In assoluta buona coscienza ignorare la facilità e la frequenza con cui il regime cubano fa tacere le critiche, disperde le manifestazioni pacifiche, reprime i giornalisti indipendenti e, nonostante talune riforme positive, continui ad impedire a taluni Cubani di allontanarsi o ritornare sull’isola. Il governo cubano persevera nelle tattiche di detenzioni per motivi politici e  di persecuzioni e violenze poliziesche contro alcuni cittadini cubani (1)”.

Ecco. Ecco perché Cuba deve essere punita. Bisognerebbe indovinare quello che il sig. Godard risponderebbe se gli si dicesse che più di 7.000 persone sono state arrestate negli Stati Uniti nel corso dei primi otto mesi del movimento di protesta Occupy (2); che i loro accampamenti sono stati violentemente distrutti, e che molti di loro sono stati brutalizzati dalla polizia.


E’ mai capitato al sig. Godard di leggere un giornale, di navigare in Internet o di guardare la televisione? Non passa giorno negli Stati uniti senza che un poliziotto uccida a colpi d’arma da fuoco una persona disarmata.


Quanto al “giornalismo indipendente” – che cosa succederebbe a Cuba se si annunciasse che chiunque può diventare proprietario di un media? Quanto tempo ci vorrebbe perché la CIA – fondi segreti e illimitati della CIA finanziano già ogni sorta di operazioni a Cuba – arrivi a possedere o controllare la maggioranza dei media che valga la pena di possedere o controllare?


Il vero motivo dell’eterna ostilità di Washington nei confronti di Cuba? Il timore di un buon esempio di alternativa al sistema capitalista, un timore risultato più volte fondato, ogni volta che un paese del Terzo Mondo ha espresso la sua ammirazione per Cuba.


Ecco come è cominciato l’embargo: il 6 aprile 1960 Lester D. Mallory, sottosegretario di Stato aggiunto agli affari interamericani, ha scritto in una nota interna: “La maggioranza dei Cubani sostiene Castro… il solo mezzo possibile a termine per indebolire il sostegno interno passa attraverso il disincanto e la disaffezione provocate dall’insoddisfazione e dalle difficoltà economiche… Tutti i mezzi possibili per colpire l’economia cubana devono essere rapidamente posti in essere”. Mallory ha proposto “una linea di azione che… cerchi al massimo di privare Cuba di denaro e forniture, di diminuire i salari monetari e reali, di provocare la fame, la disperazione e il rovesciamento del governo “ (3). Poco dopo l’amministrazione Eisenhower applicò l’embargo per strangolare il suo eterno nemico.


La guerra fredda rivisitata

Ho scritto l’introduzione di un nuovo libro pubblicato recentemente in Russia, che costituisce in qualche modo un aggiornamento del mio libro “Killing Hope” (Guerre Scellerate) (4). Eccone un breve estratto:


“La Guerra Fredda non è stata una lotta tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. E’ stata una guerra tra gli Stati Uniti e il Terzo Mondo che, nel decennio seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, è proseguita ad Haiti, in Somalia, in Iraq, in Jugoslavia e altrove.

La Guerra Fredda non è stata una crociata mondiale degli Stati Uniti per bloccare l’espansione sovietica, reale o immaginaria. E’ stata una crociata mondiale degli Stati Uniti per bloccare i cambiamenti politici e sociali nel Terzo Mondo, cambiamenti ai quali l’élite della potenza statunitense si opponeva.

La Guerra Fredda non è stata un movimento glorioso e nobile della libertà e della democrazia contro il totalitarismo comunista. In termini generali, è stata un movimento degli Stati Uniti di sostegno alle dittature, ai regimi autoritari e alle oligarchie corrotte che erano pronte a seguire la linea del partito di Washington su varie questioni: la Sinistra, le imprese statunitensi, Israele, il petrolio, le basi militari, ecc. e che proteggevano gli interessi politici ed economici statunitensi nel loro paese in cambio del loro mantenimento al potere da parte dell’esercito statunitense e della CIA, contro la volontà dei loro popoli.

In altri termini, qualsiasi cosa i diplomatici dell’epoca ne abbiano potuto pensare, i revisionisti della Guerra Fredda sono stati riabilitati. La politica statunitense è stata solo imperialismo ed espansione militare”.


A proposito degli  innumerevoli altri miti che tutti noi abbiamo appreso sull’Unione Sovietica, ho recentemente ricevuto questa lettera di uno dei miei lettori, una donna russa di 49 anni, trasferitasi negli Stati Uniti otto anni fa e che vive oramai nel Nord della Virginia:


“Io non riesco a capire perché qualcuno si meravigli nel sentirmi dire che ho nostalgia della mia vita in Unione Sovietica: che cosa c’è di male nella gratuità delle cure mediche e dell’educazione, nella garanzia del posto di lavoro, la gratuità di un alloggio garantito? Nessun affitto o ipoteca di alcun genere, solo servizi pubblici, ma anche sovvenzionati, quindi realmente a buon mercato. Per essere onesti, occorre riconoscere che vi era una lista di attesa per ottenere un alloggio, cosicché qualcuno lo otteneva più rapidamente e altri dovevano attendere degli anni, dipendendo tutto dal luogo di lavoro. Ma nessuno era in strada, e la criminalità era molto meno attiva. Quando andavo alla scuola primaria, io prendevo un mezzo di trasporto comune per andare a scuola, che era a circa 1 ora di bus (era una grande città, della grandezza di Washington DC, noi vivevamo in periferia e la scuola era in centro), e andava bene, tutti i bambini facevano la stessa cosa. Si potrebbe immaginare oggi? Non voglio dire che tutto era perfetto, ma nell’insieme era un sistema più stabile e socialmente equo per tutti, nessuno era lasciato ai margini. E’ questo che mi manca: la pace e la stabilità, e non avere paura del futuro.

Il problema è che nessuno mi crede, dicono che sono una ‘tovarish’ (compagna) che ha subito il lavaggio del cervello. Prima cercavo di discutere di questo con degli Statunitensi, ma adesso lascio correre. Si rifiutano semplicemente di credere a qualunque cosa contraddica ciò che la CNN ha raccontato loro per tutta la vita. Una signora mi ha detto: ‘Tu non sai quello che succedeva laggiù, perché voi non avevate la libertà di espressione, ma noi, gli Statunitensi, sappiamo tutto, perché noi possiamo leggere tutto questo sui nostri media’. Io ho risposto: ‘Io ero là, io non ho bisogno di leggere sui media, io l’ho vissuta quella vita’. Ma lei non si è convinta! Non si può credere quello che mi ha risposto: ‘Sì, può darsi, ma noi abbiamo più cose!’. Veramente per gli Statunitensi potere scegliere tra 50 tipi di cerali e di centri commerciali pieni di affari in plastica è considerato meglio di una vita stabile e sicura, della giustizia sociale per tutti?

Certo ci sono persone che hanno vissuto in Unione Sovietica e che non sono d’accordo con me e io ho parlato anche con loro, ma trovo i loro argomenti altrettanto ridicoli. Ho sentito dire da una signora russa che Stalin ha ucciso, ’30, no 40 milioni di persone’. Per prima cosa è falso (io non difendo in alcun modo Stalin, ma penso che mentire e esagerare su questo tema non serva a niente) (*) e, in secondo luogo, che c’entra con gli anni 1970, quando io ero bambina? In quegli anni la vita era completamente diversa. Ho ascoltato altri argomenti, come le penurie alimentari (anche questo è falso, non è che non ci fosse niente da mangiare, vi poteva essere penuria di questo o quel prodotto alimentare, come la maionese o la salsa bolognese, nei magazzini per qualche giorno, ma tutto il resto c’era!). Bisognava quindi tornare il giorno dopo, o 2-3 giorni dopo, e si trovava. Era veramente un grosso problema? Oppure bisognava fare la fila per comprare un certo prodotto (i ravioli per esempio). Ma non è che uno in un certo giorno ha tanta voglia di ravioli da non potervi rinunciare e comprare un’altra cosa. Bastava comprare un altro prodotto, delle patate per esempio, e non c’erano file da fare.

Tutto questo era esasperante? Sì, all’epoca anche io ero esasperata, ma solo oggi ho realizzato di preferire di gran lunga quelle difficoltà alla mia vita attuale, ora che vivo in uno stress continuo, nel timore di perdere l’impiego (come è già capitato a mio marito) e di perdere, in conseguenza, tutto il resto – forse anche la casa. In Unione Sovietica non si poteva perdere la casa, era vostra per tutta la vita, senza ipoteche di alcun genere. Solo vivendo oggi negli Stati Uniti, ecco, ho realizzato che tutte quelle difficoltà sovietiche combinate non erano così importanti rispetto ai vantaggi di cui godevamo – alloggio, educazione, sanità, lavoro, la sicurezza nelle strade, ogni sorta di attività extra-scolastiche gratuite (musica, sport, arte, tutto quello che volevate) per i bambini, di modo che i genitori non avevano da preoccuparsi per quello che facevano fino al rientro a casa”.


(*) Abbiamo tutti sentito queste cifre molte volte… 10 milioni… 20 milioni… 40 milioni… 60 milioni… di morti sotto Stalin. Ma cosa significano questi numeri, qualsiasi siano? Certo, molte persone sono morte sotto Stalin, molte sono morte sotto Roosevelt, e molte sono morte durante l’amministrazione Bush. Morire è un fenomeno naturale in tutti i paesi. La questione è sapere come sono morti sotto Stalin. Sono morti di fame durante la carestia che ha colpito la Russia negli anni 1920 e 1930? I bolscevichi hanno deliberatamente provocato la carestia? Come? Perché? Sono certamente di più le persone morte di fame in India nel 20° secolo che nell’Unione Sovietica, ma nessuno accusa l’India di assassinio di massa dei propri cittadini. Milioni sono morti di malattia in un’epoca in cui non c’erano gli antibiotici? Sono morti in prigione? Per quali cause? La gente muore regolarmente in prigione negli Stati Uniti. Forse milioni sono stati realmente uccisi a sangue freddo? Se sì, come? Quanti erano i criminali giustiziati per crimini non politici? La logistica necessaria per assassinare decine di milioni di persone è spaventosa.


Non facciamo con Hillary Clinton la stessa stupidaggine che abbiamo fatto con Obama
Non è davvero importante chiedersi chi sarà designato come candidato democratico alle presidenziali del 2016. Colui che sarà scelto da questo partito regressivo e moralmente in fallimento, nella migliore delle ipotesi sarà un centrista banale e poco interessante (secondo i parametri europei, di centro-destra), che crede che l’impero statunitense – malgrado qualche occasionale comportamento eccessivo – sia l’ultima grande speranza dell’umanità. Il solo motivo per il quale io mi prendo la briga di qualche commento a tal proposito, prima ancora che le elezioni si facciano, è che le forze che sostengono Clinton hanno già in modo evidente cominciato la loro campagna e io  vorrei approfittare dell’occasione per cercare di sensibilizzare i molti progressisti che si sono innamorati di Obama e che sono forse pronti, adesso, a baciare Clinton. Ecco cosa scrissi nel luglio 2007 durante i primissimi giorni della campagna 2008:


“Secondo voi chi ha detto quanto di seguito il 20 giugno? a) Rudy Giuliani, b) Hillary Clinton, c) George Bush; d) Mitt Romeny o e) Barack Obama?
‘L’esercito USA ha fatto il suo lavoro. Guardate che cosa ha fatto. Si è sbarazzato di Saddam Hussein. Ha dato agli Iracheni l’opportunità di tenere elezioni libere e oneste. Ha dato al governo iracheno l’opportunità di cominciare a dimostrare che comprende le proprie responsabilità di assumere decisioni politiche difficili, necessarie per offrire al popolo iracheno un futuro migliore. L’esercito statunitense ha avuto dunque successo. E’ stato il governo iracheno che non ha saputo assumere le decisioni difficili e importanti per il suo popolo”
(6)


Esatto, è stata la donna che vuole diventare presidente perché… perché vuole diventare presidente… perché pensa che sarebbe bene che ella diventi presidente… nessun’altra ragione, nessuna causa cui tenga, alcun desiderio sincero di cambiare dalle fondamenta la società statunitense o di rendere il mondo migliore… lei pensa solo che sarebbe bene, addirittura benissimo, che diventi presidente – e di conservare l’impero statunitense, i cui orrori e miserie abituali non le pongono alcun problema; lei non vorrebbe soprattutto mai entrare nella Storia come il presidente che ha precipitato il declino dell’impero.


Ha pronunciato il discorso riportato sopra alla conferenza “Take Back America”; parlava a dei liberal, democratici liberal e altri ancora più a sinistra. Non era obbligata a servire loro una retorica patriottica e bellicista; loro volevano ascoltare una retorica anti-bellicista (e certamente lei ne ha fatta un pochettino di questa, en passant), si può dunque supporre che quanto detto corrisponda a ciò che ella veramente sente, ammesso che questa donna possa sentire qualcosa. Notiamo che nell’occasione venne fischiata dal pubblico, per il secondo anno consecutivo.


Pensate alle ragioni per le quali voi siete contrari alla guerra. Non è in gran parte a causa di tutte le indicibili sofferenze inflitte a tutti quei poveretti in Iraq da parte dell’esercito USA? Hillary Clinton se ne frega di questo, letteralmente. Lei pensa che l’esercito USA ha avuto “successo”. Ha definito forse con chiarezza quella guerra come “illegale” o “immorale”? Un tempo pensavo che Tony Blair fosse un esponente dell’ala destra o dell’ala conservatrice del Partito Laburista inglese. Ho realizzato poi che si trattava di una definizione errata della sua ideologia. Blair è un conservatore, un tory del cazzo. Come sia capitato nel partito laburista è una questione che non ho chiarito. Per contro, per ciò che concerne Hillary Clinton, so già da molto tempo che lei è una conservatrice, almeno dagli anni 1980, quando, in qualità di moglie del governatore dell’Arkansas, sostenne fortemente i torturatori degli squadroni della morte conosciuti col nome di Contras, l’esercito mercenario dell’impero in Nicaragua (7).


Leggo solo adesso, nel venerabile periodico statunitense conservatore National Review di William Buckley, un editoriale di Bruce Bartlett, consigliere politico del presidente Ronald Reagan, funzionario del Tesoro sotto il presidente George HW Bush, membro dei due più importanti think-tanks conservatori, l’Heritage Foundation e il Cato Institute. Bartlett disse ai suoi lettori che era quasi certo che i democratici avrebbero conquistato la Casa Bianca nel 2008. Che fare allora? Sostenere il democratico più conservatore. Scrisse: “Alla gente di destra capace di guardare al di là di quelle che possono apparire come opinioni identiche dei candidati democratici, è abbastanza chiaro che Hillary Clinton sia la più conservatrice” (8)


La ritroviamo anche nel primo periodico per i più ricchi degli Stati Uniti, Fortune, la cui copertina recente mostra la foto di Clinton col titolo: “Gli ambienti degli affari amano Hillary” (9)


Ritorno al 2013: a ottobre l’ufficio del miliardario George Soros, che ha lavorato a lungo con la politica estera USA per destabilizzare i governi non amati dall’impero, ha annunciato che “George Soros è felice di aver messo insieme più di un milione di Statunitensi nel gruppo Ready for Hillary (Pronti per Hillary)” (10).


Vi sono molte altre prove della tendenza conservatrice di Hillary Clinton, ma se non vi basta quanto ho già detto è perché siete probabilmente ancora innamorati di Obama che, in un nuovo libro, viene citato mentre dichiara ai suoi collaboratori, nel corso di una discussione sugli attacchi coi droni, che egli “è veramente dotato per uccidere la gente” (11). Possiamo attenderci che anche ad Hillary venga assegnato lo screditatissimo Premio Nobel per la pace?    


Desolato per avervi guastato la festa.




Note:

[1] Democracy Now !, “U.N. General Assembly Votes Overwhelmingly Against U.S. Embargo of Cuba”, 30 Ottobre 2013
[2] Huffingfton Post, 3 maggio 2012
[3] Department of State, Foreign Relations of the United States, 1958-1960, Volume VI, Cuba (1991), p.885
[4] Copies can be purchased by emailing
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[5] From William Blum, Freeing the World to Death : Essays on the American Empire (2005), p.194
[6] Parlando alla “Take Back America” conferenza organizzata da the Campaign for America’s Future, 20 giugno 2007, Washington, DC ; il brano può essere ascoltato in Democracy Now !’s website
[7] Roger Morris, former member of the National Security Council, Partners in Power (1996), p.415
[8] National Review Online, 1 maggio 2007
[9] Fortune magazine, 9 giugno 2007
[10] Washington Post, 25 ottobre 2013
[11] Washington Post, 1 novembre 2013, review of “Double Down : Game Change 2012”

 

 

 
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