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 Analisi, gennaio 2012 - Sulla spinta della Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale (presieduta dal sen. Ignazio Marino) ha ripreso vigore la campagna per la chiusura definitiva degli ospedali psichiatrici giudiziari, guidata dal “Comitato nazionale Stop Opg”  (nella foto, Franco Rotelli e Peppe Dell'Aquila, il 26 gennaio 2012 al Centro Congresso Frentani di Roma)








OPG: è in arrivo una riforma rivoluzionaria

 F. Marco  de Martino (*)

Sulla spinta della Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale (presieduta dal sen. Ignazio Marino) ha ripreso vigore la campagna per la chiusura definitiva degli ospedali psichiatrici giudiziari, guidata dal “Comitato nazionale Stop Opg” (formato da Forum Salute Mentale, Forum per il diritto alla Salute in Carcere, CGIL nazionale, FP CGIL nazionale, Antigone, Centro Basaglia (AR), Conferenza permanente per la salute mentale nel mondo F. Basaglia, Coordinamento Garanti territoriali diritti dei detenuti, Fondazione Franco e Franca Basaglia, Forum Droghe, Psichiatria Democratica, Società della Ragione, UNASAM, Associazione “A buon diritto”, SOS Sanità, Cittadinanzattiva, Gruppo Abele, Gruppo Solidarietà, CNCA Coordinamento nazionale Comunità, Accoglienza, Fondazione Zancan, Conferenza nazionale Volontariato Giustizia, Itaca Italia, CNND Coordinamento nazionale nuove droghe, ARCI, AUSER, Associazione Casa di Solidarietà e Accoglienza Barcellona P.G.) che chiede: di interrompere l’invio di cittadini in opg, anche dal carcere, far dimettere e curare quelli attualmente internati, e procedere alla chiusura delle strutture.


Le posizioni sul campo però sono nettamente contrastanti: da un lato la politica, anche quella c.d. di sinistra, che sia pur animata da buone intenzioni è apparsa lontanissima dai bisogni reali degli internati; dall’altro, le voci più qualificate della psichiatria e della dottrina penalistica italiana, fortemente critiche sulle norme progettate dalla prima.


Infatti, nel c.d. decreto svuota carceri (ddl n.3074), la Commissione giustizia del Senato, pur avendo intitolato l’art.3 bis del suddetto testo di legge (Disposizioni per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari) di fatto si è limitata a stabilire la chiusura dei sei opg nazionali, per sostituirli con uno o più per ogni regione. Inoltre, il 25 gennaio 2012, è stato approvato un emendamento che stabilisce “A decorrere dal 31 marzo 2013 le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia sono eseguite esclusivamente all’interno delle strutture sanitarie di cui al co.2, fermo restando che le persone che hanno cessato di essere socialmente pericolose devono essere senza indugio dimesse e prese in carico, sul territorio, dai Dipartimenti di salute mentale”.


Franco Rotelli (psichiatra, Presidente della Conferenza Permanente della salute mentale nel mondo “Franco Basaglia”), ad. es., ha presentato una sua proposta normativa, alternativa a quella istituzionale, composta da sei articoli, ove all’art.2 reca “Ai fini di ridurre e superare l’utilizzo degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari in applicazione della Legge 180, del DPR 10/11/99 e delle sentenze n. 253/03 e n.367/04 della Corte costituzionale, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano, attraverso le Aziende sanitarie locali e relativi Dipartimenti di salute mentale (DSM) e servizi sociosanitari elaborano e avviano, entro la scadenza della misura di sicurezza, progetti terapeutico-riabilitativi individuali finalizzati alla dimissione ed alla re-inclusione sociale dei pazienti di propria pertinenza territoriale internati negli OPG.
Detti progetti personalizzati sono finalizzati altresì a fornire alla Magistratura giudicante valida alternativa all’internamento dei nuovi pazienti in OPG”.

Ha poi aggiunto che la proposta della Commissione giustizia rappresenta l’attacco più duro allo spirito della legge c.d. Basaglia, poiché, piuttosto che abrogare tutte le norme che determinano la persistenza in vita dell’opg – a partire dall’art.88 c.p. – mette al riparo tutto lo strumentario esistente nel codice penale.

Letteralmente :<<“la condizione in cui versa la gran parte dei servizi psichiatrici di diagnosi e cura nel nostro paese, spesso a porte chiuse, con sistemi di videosorveglianza, con l’estesissimo utilizzo di mezzi di contenzione fisica per soggetti che nessun reato hanno commesso, lascia facilmente intravedere quali saranno le reali strutturazioni delle nuove residenze psichiatriche per soggetti che hanno commesso reati, e che sono considerati in sentenza “pericolosi a sé e agli altri”>>. Si continua – aggiunge Rotelli – a non stabilire garanzia alcuna per l’internato, a differenza del regime carcerario in cui quantomeno la garanzia del fine pena esiste.

Infine aggiunge che nessuno ad oggi ha dimostrato l’esistenza di un nesso scientifico folle-reato e quindi, non dovrebbe esistere neanche un istituto giuridico che colleghi il folle al reato. “Cosa si dovrebbe fare?” aggiunge provocatoriamente lo psichiatra “anche creare un nesso diabetico-reato?”.


Peppe Dell’Acqua (psichiatra, direttore del dipartimento di salute mentale di Trieste) ha invece evidenziato che la riforma che sta arrivando rappresenta quanto di più arcaico e scontato possa esistere.

Ha poi descritto il caso di un giovane lombardo con problemi psichici, internato il 28 agosto 2010, per non aver riportato una bicicletta del servizio “bici in città” il c.d. bike sharing in una delle postazioni previste. I vigili, in quell’occasione, essendosi avveduti della cosa, fermano il giovane e gli intimano di consegnargli i documenti; ne nasce un alterco e qualche offesa e dopo poche ore il giovane si trova internato provvisoriamente nell’opg di Montelupo Fiorentino. Viene quindi legato su un letto di contenzione. Sono trascorsi 14 mesi quando il giovane viene trovato morto. Aveva 34 anni.


 


Sergio Moccia (ordinario di diritto penale, direttore del dipartimento di scienze penalistiche, criminologiche e penitenziarie dell’Università di Napoli “Federico II”) - nella foto con Francesco Schiaffo e Antonio Cavaliere - dal suo canto, ha sostenuto la illegittimità di tutte le norme che non determinano una risposta paritaria al fatto che si è commesso. Di guisa che tutte le misure di sicurezza, essendo indeterminate nel massimo, appaiono fuori dal campo della liceità in punto di proporzione per il fatto commesso.

In particolare il codice penale, attraverso il combinato disposto degli artt. 203 e 133 c.p., rinvia letteralmente agli stessi parametri cui va conformato il giudizio di colpevolezza – quello fondato sulla libertà del volere ed incarnato nell’imputabilità –, diametralmente opposto dal punto di vista ontologico al giudizio di pericolosità che è previsto per i non imputabili. 
Il diritto è politica. Il codice penale attuale è espressione di un legislatore autoritario. Se si lasciano in vigore le norme attuali del codice penale, evidentemente, significa che qualcosa dell’era fascista è rimasta dentro di noi.

Ha infine etichettato la proposta della Commissione parlamentare come una mera riduzione del danno; del tutto deludente rispetto alle aspettative suscitate dalla meritoria indagine della Commissione di inchiesta.

Francesco Schiaffo (associato di diritto penale, titolare della cattedra di criminologia presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Salerno-Fisciano) è intervenuto sottolineando che quando non si dimettono persone rispetto alle quali la pericolosità sociale è cessata, in realtà, si pone in essere una condotta che somiglia molto ad un sequestro di persona. In questi casi non dimettere è reato.

Visti gli indicatori di cui all’art. 133 c.p., per il quale è necessario attingere all’esterno dell’individuo internato le informazioni necessarie a valutarne il comportamento, si è chiesto poi se sia il soggetto ad essere socialmente pericolo o se piuttosto non sia la società ad essere pericolosa.

Ha poi aggiunto che poiché gli internati subiscono profonde lesioni dei loro diritti bisognerebbe agire contro le istituzioni, chiedendo di condannare lo stato per le sue responsabilità.

Infine lo Schiaffo, ha citato la  direttiva europea 2008/120/CE del Consiglio (18 dicembre 2008) riguardante le norme minime per la protezione dei suini, al punto 8 delle considerazioni iniziali, ove stabilisce che “I suini traggono beneficio da un ambiente che corrisponde alle loro esigenze in termini di possibilità di movimento e di comportamento esplorativo. Il loro benessere sembra essere pregiudicato da forti restrizioni di spazio … Il verro adulto deve disporre di una superficie libera al suolo di almeno 6 mq”. Essendo gli internati ristretti in spazi non superiori ai 2 mq a testa, dispongono di un terzo dello spazio che le direttive europee impongono per gli allevamenti di suini.


E pensare che la senatrice Poretti, al suo atteso intervento, ha addirittura dichiarato:<< abbiamo messo in piedi una riforma rivoluzionaria>>.

         
   
(*) ricercatore di diritto penale nell’Università di Napoli, “Federico II”