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Mondialisation.ca,  12 giugno 2013 (trad. ossin)



La guerra imperialista contro la Siria

Erdogan Pascià, l’ultimo sultano ottomano

Fida Dakroub (*)


Note di carattere generale

Durante un ricevimento nel palazzo presidenziale di Damasco, il 9 agosto 2011, il capo della diplomazia turca, Ahmet Davutoglu, indirizzò al presidente siriano, Bachar el Assad, un messaggio duro e fermo, chiedendogli di porre termine alla “sanguinosa repressione delle manifestazioni pacifiche in Siria (1)”, prima che fosse troppo tardi.


In quel giorno indimenticabile, il signor Davutoglu giunse a Damasco dopo avere cavalcato giorno e notte lungo la pianura dell’Anatolia. Giunto alle mura della città, fece il giro dei suk e dei caravanserragli del quartiere vecchio, quindi si diresse precipitosamente verso Qasr al-Muhajerine – il palazzo presidenziale -  avvolto di fiori di acacia e di gardenia. Senza nemmeno asciugare il sudore che gli imperlava la fronte, né spazzolare la polvere che copriva le sue scarpe a punta (2); si fece forte del bastone e del guanto di Carlomagno (3), e restò in piedi dinanzi ad Assad, come Ganelon (4) davanti a Marsile (5); e con tono arrogante cominciò il suo discorso da messaggero della Santa Alleanza arabo-atlantica.


Infatti Ahmet Davutoglu giunse alla capitale degli Omayyadi come portatore di un messaggio “deciso”, secondo l’espressione del primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan; il signor Davutoglu fu infatti inviato dalla Santa Alleanza per consegnare al presidente siriano Assad un messaggio occidentale, chiuso in una busta araba e affrancato con francobolli turchi emessi dalla PTT (Posta ve telegraf teşkilatı) (6)


Gli esordi della guerra imperialista contro la Siria
Basta qui fare il paragone con le dichiarazioni dei capi atlantici e arabi dello stesso periodo, per capire fino a qual punto la Turchia era coinvolta, fin dagli esordi, nella guerra contro la Siria. Prova ne sia che, nel corso del suo incontro col presidente Assad, il signor Davutoglu dichiarò che la Turchia non avrebbe potuto restare spettatrice di avvenimenti che si verificavano in un paese con il quale essa condivide una frontiera di circa 900 chilometri, oltre a legami storici, culturali e familiari (7). Aggiunse anche che il messaggio di Ankara sarebbe stato oramai più rigoroso, più forte e più chiaro; la Turchia era al limite della pazienza, concluse (8).


Quella stessa sera, la segretaria di Stato degli Stati Uniti, Hillary Clinton, chiese al signor Davutoglu di dire al presidente Assad che avrebbe “dovuto far rientrare i suoi soldati nelle caserme” (9). Dal canto suo, l’Unione Europea prese in considerazione nuove sanzioni. Il servizio diplomatico europeo fu incaricato di preparare una lista di opzioni che ampliassero quelle già in vigore (10); e la Francia, che nascondeva un rancore di natura colonialista verso la Siria, si pronunciò per l’avvio di una transizione di potere: “Il tempo dell’impunità è passato per le autorità siriane”, dichiarò Christine Fages, allora portavoce aggiunta del ministero degli affari esteri (11).


Da notare che gli emiri e i sultani arabi, per timore di essere esclusi dalla festa (12), esortarono anch’essi la Siria a porre fine al “bagno di sangue”. Il re Abdallah di Arabia Saudita dichiarò che la Siria aveva una sola alternativa: “scegliere volontariamente la via della saggezza, o impantanarsi nel caos e nella violenza”, sintetizzò in un comunicato dal tono insolitamente severo nei confronti dello Stato siriano. Dal canto suo, il capo della diplomazia del  Kuwait, sceicco Mohammed Al-Sabah, si allineò alla posizione saudita. Poi anche lo Stato del Bahrein si unì al festino, prendendo una porzione di Rôt (13): “Il Bahrein ha deciso di richiamare il suo ambasciatore a Damasco per consultazioni e invita la Siria alla saggezza”, dichiarò il ministro degli affari esteri del Bahrein, sceicco Khaled Ben Ahmad Al-Khalifa (14). In effetti questi emiri e sultani arabi, questi despoti e tiranni delle monarchie assolute del mondo arabo, si precipitarono al banchetto del Fagiano (15) dell’Unione Europea, non solo per festeggiare l’avvio della guerra imperialista contro la Siria, ma anche per gettare olio sul fuoco dell’odio religioso verso le minoranze mussulmane eterodosse in tutto il mondo mussulmano.


A dispetto delle minacce dirette e sottintese, la Siria respinse l’ultimatum della Santa Alleanza; e la consigliera politica del presidente siriano, la dottoressa Bouthaina Shaaban, avvertì che la diplomazia (turca) avrebbe dovuto aspettarsi un’accoglienza glaciale e che la Siria era pronta a consegnare ad Ankara un messaggio ancora più fermo di quello del signor Davutoglu, così respingendo l’ultimatum:

“Se (…) Davutoglu viene a consegnare un messaggio deciso alla Siria, allora egli ascolterà parole ancora più decise per ciò che riguarda la posizione della Turchia. La Turchia non ha ancora condannato le selvagge uccisioni di civili e soldati da parte dei gruppi terroristi armati”, dichiarò all’agenzia SANA (16).


Dopo il rigetto dell’ultimatum da parte dello Stato siriano, venne scatenata la guerra imperialista contro la Siria, e le ingerenze straniere si accrebbero sempre di più.


Il signor Davitoglu ritornò tuttavia deluso ad Ankara, avendo fallito l’obiettivo di “mettere paura” al presidente siriano Assad, e le sue minacce si dispersero nel vento; la Siria aveva già assunto una decisione ferma e determinata: resistere, lottare e condurre il paese verso una vittoria decisiva, anche se a costo di enormi sacrifici.


Reagendo alla decisione dello Stato siriano, la Santa Alleanza decise di togliersi la maschera e mostrare il suo volto spaventoso: o Assad se ne va, o la Siria sarà completamente distrutta. All’uopo, degli oppositori raccogliticci vennero riuniti ad Istanbul per formare un fronte unito contro lo Stato siriano: il giorno dopo nacque il miserevole Consiglio Nazionale Siriano (CNS), presieduto allora da un professore universitario residente a Parigi, il signor Birhan Ghalioun (17).


Due giorni dopo, il 4 ottobre 2011, la formazione del CNS venne seguita da un progetto di risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU di condanna della Siria, che venne però stoppato dal doppio veto russo-cinese. Mosca si oppose alla “logica di scontro” che andava in direzione opposta ad una “soluzione pacifica della crisi”, mentre Pechino respinse l’ingerenza negli affari interni” di un paese (18).


Si era ancora agli esordi della guerra imperialista contro la Siria.


Erdogan Pascià: il suggello del califfato ottomano
Tutto quanto abbiamo detto più sopra appartiene già alla storia; lo Stato siriano non solo ha resistito di fronte alla guerra imperialista più atroce del secolo, ma il suo esercito ha riportato delle vittorie decisive sul campo, contro le ondate di “nuovi Mongoli” che avevano invaso il territorio siriano con la benedizione del califfo di Istanbul, Erdogan Pascià.


E tuttavia oggi Erdogan non è più un sadrazam (19), né Davutoglu un reis efendi (20). Giunte alla seconda settimana di un movimento di contestazione senza precedenti, le forze democratiche turche cominciano a conoscerli: proseguono nelle manifestazioni pubbliche e a gridare la loro esasperazione nei confronti del governo Erdogan. I manifestanti sono militanti della società civile, studenti, universitari, disoccupati, militanti dell’opposizione di sinistra e di estrema sinistra, oltre che ecologisti. Le loro rivendicazioni: in primo luogo la cancellazione di un progetto immobiliare del governo in piazza Taksim, epicentro dell’attuale ribellione a Istanbul e simbolo storico della repubblica e del laicismo turco. Un progetto che prevede soprattutto la costruzione di una moschea e di un gigantesco centro commerciale. Peraltro, l’opposizione a questo progetto, per molti Turchi, è solo un pretesto per manifestare la loro frustrazione nei confronti delle limitazioni alle libertà pubbliche anti-democratiche dell’AKP, il partito al potere.


Su un altro piano, bisogna qui menzionare l’articolo pubblicato questa settimana dal magazine inglese The Economist, a proposito degli ultimi avvenimenti di piazza Taksim a Istanbul. L’interesse di questo articolo non è certamente nel contenuto – un contenuto che non si differenzia, evidentemente, dal discorso occidentale “classico” sull’Oriente e gli Orientali – né nell’approccio dell’autore ai fatti, quanto piuttosto nel titolo : “Turkey’s troubles: Democrat or Sultan?” (21) e nel montaggio del ritratto del sultano ottomano Selim III con il volto del primo ministro turco, signor Erdogan.


Tutto gira intorno al seguente punto: se il magazine The Economist – un periodico mainstream certamente legato ai centri di potere imperialista – pubblica un simile articolo con un simile titolo ed una foto di questo genere, criticando il più fedele alleato della Santa Alleanza nella sua guerra contro la Siria, doveva avere un buon motivo. Ora, questo “buon” motivo non si rintraccia necessariamente in quanto dice l’articolo né nel discorso che fa sulla democrazia. In altre parole, l’impressione che la lettura dell’articolo consegna è la seguente: Erdogan Pascià sta “abusando”la democrazia, e il magazine The Economist l’avverte: semplicemente questo! Però una simile interpretazione rientra nel novero di quanto viene definito “il grado zero dello spirito critico”, vale a dire “lo stadio supremo dell’ingenuità politica”. Sicuramente la ragione per cui questo articolo è apparso su The Economist in questo preciso momento si trova altrove; soprattutto quando si sa che questa non è la prima volta, nei suoi dieci anni di mandato, che il signor Erdogan “abusa”  la democrazia nel suo paese; e nemmeno è la prima volta che getta olio sul fuoco degli odi sciovinisti e religiosi contro i gruppi etnici e religiosi della Turchia, come i Curdi, gli Armeni e gli alawiti, senza che venga protetto e coperto dal silenzio dei media mainstream, che hanno giocato, fino a ieri, al cieco al sordo e al muto di fronte alle pratiche ostili del signor Erdogan.


Ricordiamo che il signor Erdogan e il suo ministro degli affari esteri, signor Davutoglu, si presentano come punta di lancia della guerra imperialista contro la Siria; e per due anni e qualcosa, hanno pronunciato un discorso “sorprendente” sui diritti dell’uomo, la democrazia, la libertà, la giustizia, la nuova età dei lumi, di giustizia e di prosperità, fino al punto che abbiamo talvolta creduto di vedere Voltaire e Montesquieu – che la pace sia sui loro nomi – rivolgersi alle masse arabe sotto le spoglie di Eredogan e del reis efendi Davutoglu.


A maggior ragione, la pubblicazione di un simile articolo nel magazine The Economist deve leggersi nel contesto delle vittorie decisive riportate dall’esercito arabo siriano sul campo contro i gruppi takfiriti, che utilizzano le regioni turche al confine con la Siria come retrofronte. In altri termini, occorre riconoscere he i centri di potere imperialisti non conoscono amici né nemici permanenti, ma piuttosto interessi permanenti; e che dopo due anni e passa di guerra imperialista contro la Siria, i cui protagonisti erano fino a ieri il sadrazam signor Erdigan e il suo reis efendi, signor Davutoglu, la Santa Alleanza non è riuscita nell’impresa di rovesciare il regime del presidente Assad, nonostante il bilancio catastrofico di danni materiali e perdite umane, nonostante anche il ricorso a tutti i Centauri (22) e i Minotauri (23) di Ade. Ciò che equivale a dire che le potenze imperialiste cercano di rimpiazzare il signor Erdogan, cui è stato mostrato il “cartellino rosso” da un altro giocatore turco, pronto a scendere in campo, come un Maradona, nello stadio di un certo compromesso internazionale previsto sulla Siria tra Mosca e Washington.


Il popolo turco chiede le dimissioni di Erdogan
Un anno e mezzo fa, precisamente il 22 novembre 2011, il signor Erdogan aveva esortato il presidente siriano Bachar el-Assad a lasciare il potere per “evitare un ulteriore bagno di sangue” nel paese: “Per il bene del tuo popolo, del tuo paese e della regione, lascia finalmente il potere”, dichiarò in Parlamento davanti al gruppo parlamentare del suo partito della giustizia e dello sviluppo, AKP (24).


Oggi, diciotto mesi dopo, in piazza Taksim e nel parco  Gezi a Istanbul, migliaia di militanti turchi della società civile e delle forze democratiche, poi scese ogni giorno in tutte le piazze del paese, chiedono le dimissioni del primo ministro Recep Tayyip Erdogan, che accusano di guidare un governo conservatore che tenta di islamizzare il paese e di restringere gli spazi della democrazia e della laicità.


Nella pianura coi dodici apostoli
Così Gesù scese dalla montagna coi dodici Apostoli e si fermò nella pianura. C’erano lì molti discepoli, e una folla venuta da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone (…). Guardando allora i discepoli, Gesù  disse: “Cosa hai da guardare la pagliuzza nell’occhio di tuo fratello, quando non ti accorgi mai della trave nel tuo occhio? Perché vedi la pagliuzza nell’occhio del fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? E come puoi dire a tuo fratello: Fratello, lasciami levare la pagliuzza nel tuo occhio, tu che non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio, così potrai vedere come togliere la pagliuzza che è nell’occhio del fratello” (25)



Blog ufficiale dell’autore :
www.fidadakroub.net


Note:


[1] Today’s Zaman. (8 agosto 2011). “Davutoğlu to deliver harsh message to Damascus”.
http://www.todayszaman.com/news-253150-davutoglu-to-deliver-harsh-message-to-damascus.html


[2] Calzatura (poulaine) in uso nel Medio Evo (XIVe siècle), allungata, con una punta all’estremità di circa 50 cm, generalmente rivolta verso l’alto. Più la classe di appartenenza era elevata, più la punta era lunga. Per i re non vi erano limiti alla lunghezza della stessa. L’estremità era imbottita i cotone o canapa per mantenere rigida la punta.


[3] In « La Chanson de Roland », il bastone e il guanto dell’imperatore Carlo Magno erano le credenziali del messaggero.


[4] Personaggio letterario di « La Chanson de Roland », Ganelon è il figlio di Griffon, conte di Hautefeuille. E’ il suocero di Roland. E’ il messaggero di Carlo Magno che si reca dal re di Saragozza. Tuttavia è proprio lui che tradisce Roland, collocandolo nella retroguardia che doveva essere attaccata dai Saraceni. Pour tale ragione egli è in qualche diventato, nella tradizione francese, l’archetipo del fellone o del traditore.


[5] Marsile è il nome di un personaggio leggendario che compare in « La Chanson de Roland » o « La Chanson de Roncevaux ». E’ il re saraceno di Saragozza e nemico di Carlo Magno.


[6] Abbreviazione turca di « Posta ve Telgraf Teşkilatı Genel Müdürlüğü » o Direzione Generale delle poste e delle telecomunicazioni turca.


[7] Le Point. ( 9 agosto 2011) Syrie: le chef de la diplomatie turque arrivé à Damas avec un message ferme pour Assad.
http://www.lepoint.fr/monde/syrie-le-chef-de-la-diplomatie-turque-arrive-a-damas-avec-un-message-ferme-pour-assad-09-08-2011-1361030_24.php


[8] Today’s Zaman, art. cit.


[9] Le Monde. (8 agosto 2012). Le président syrien de plus en plus isolé après le rappel d’ambassadeurs de pays arabes.
http://www.lemonde.fr/proche-orient/article/2011/08/08/l-arabie-saoudite-rappelle-son-ambassadeur-en-syrie-et-critique-le-regime_1557154_3218.html


[10] art.cit.


[11] art.cit.


[12] Nel Medio Evo, il banchetto cominciava con insalate o frutta fresca di stagione onde preparare lo stomaco a ricevere piatti più ricchi.


[13] Nel Medio Evo, il banchetto comprendeva anche il « Rôt », un piatto principale composta da carni arrosto, accompagnate da salse di vario tipo.


[14] Le Monde. (8 agosto 2012). Art. cit.


[15] La corte di Borgogna elaborò un’etichetta della tavola senza precedenti per la sua raffinatezza e la ritualizzazione. Fece di ogni banchetto uno spettacolo permanente. Il più celebre, cui peraltro assistettero centinaia di convitati e spettatori, fu il banchetto del Fagiano, organizzato a Lille nel 1454.


[16] Le Devoir. (8 agosto 2011). Damas passe de nouveau à l’attaque.
http://www.ledevoir.com/international/actualites-internationales/328916/damas-passe-de-nouveau-a-l-attaque


[17]Le Devoir. (4 ottobre). Mabrouk ! – Syrie : euphorie et émotion accueillent la création du Conseil national.
http://www.ledevoir.com/international/actualites-internationales/332818/mabrouk-syrie-euphorie-et-emotion-accueillent-la-creation-du-conseil-national


[18] Radio Canada. (5 ottobre 2011). Résolution de l’ONU sur la Syrie : le veto sino-russe critiqué par l’opposition, applaudi par Damas.
http://www.radio-canada.ca/nouvelles/International/2011/10/05/004-syrie_resolution_onu-critiques-veto_russie_chine.shtml


[19] Il sadrazam o gran visir era il primo ministro dell’impero ottomano.


[20] Il reis efendi era il minisgtro degli affari esteri dell’impero ottomano.


[21] The Economist. (8 giugno 2013). “Turkey’s troubles. Democrat or sultan?”.
http://www.economist.com/news/leaders/21579004-recep-tayyip-erdogan-should-heed-turkeys-street-protesters-not-dismiss-them-democrat-or-sultan


[22] Nella mitologia greca, i Centauri erano esseri metà uomini e metà cavalli. Discendevano da Issione, il primo uomo ad avere assassinato un membro della sua famiglia, e che concepì il primo centauro unendosi ad una nuvola cui Zeus, il dio supremo, aveva dato la forma della sua sposa, Era. I Centauri vivevano  in Tessaglia, intorno al monte Pilio, ed erano considerati esseri selvaggi, non civilizzati.


[23] Nella mitologia greca, il Minotauro o « toro di Minosse» è un mostro orrendo con la testa di toro e il corpo di uomo. Il Minotauro è nato dagli amori della regina di Creta Pasifae e un toro bianco che il re Minosse non aveva sacrificato a Poseidone.


[24] Le Monde. (22 novembre 2011). Le premier ministre turc demande le départ de Bachar Al-Assad.
http://www.lemonde.fr/proche-orient/article/2011/11/22/le-president-turc-abdullah-gul-avertit-de-nouveau-bachar-al-assad_1607282_3218.html


[25] Vangelo secondo Luca (6 :41 – 42).



(*) Dottore in Studi francesi (The University of Western Ontario, 2010), Fida Dakroub è scrittice e ricercatrice. E’ anche militante per la pace e i diritti civici.