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Incontro a Tunis
Nicola Quatrano

 

Difficile incontrarlo e poi, dopo una serie di contatti e la conquista di un numero di telefono “securisé”, un incontro a Tunisi con la promessa di non rendere pubblica la sua identità.
Chiamiamolo  M, è un avvocato di Ghafsa, un intellettuale che sta dalla parte dei disoccupati e della povera gente, di quelli insomma che il 6 giugno 2008 si sono ribellati contro l’ingiustizia, ottenendo per tutta risposta l’intervento dell’esercito.

Fa parte del collegio di difesa degli arrestati, circa 25 avvocati che lavorano su base volontaria e senza percepire alcun onorario.
“In Tunisia tutti i diritti sono garantiti dalla legge, però solo formalmente. I partiti devono essere riconosciuti dal Governo e quelli di sinistra non lo sono. Le manifestazioni devono essere preventivamente autorizzate e, insomma, l’agibilità politica esiste solo per chi è vicino al Potere, non per gli oppositori. La LTDH (Lega tunisina per i diritti dell’uomo) è oggetto di controlli continui, i militanti sono costantemente sorvegliati e si tenta in ogni modo di impedirne l’attività”.

Parliamo di Ghafsa, dove la repressione è stata terribile.

Il bacino minerario di Ghafsa comprende quattro città: Redeyef, Metlaoui, Mdhila e Moulares. Qui vi sono le miniere di fosfati che rendono la Tunisia il secondo esportatore mondiale di questo minerale. La società statale di gestione è la GPG (Compagnia dei fosfati di Ghafsa), l’unico grande datore di lavoro di questa regione afflitta dalla disoccupazione.

“Da tempo si registravano sporadiche proteste dei disoccupati intellettuali che, nella zona del bacino minerario di Ghafsa, raggiungono percentuali ben superiori a quelle nazionali, che stimano al 50% il tasso di disoccupazione tra i laureati e i tecnici superiori. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il concorso truccato indetto dai responsabili della GPG .  Ogni tre anni la Compagnia indice un concorso per l’assunzione di personale e, quest’anno, erano in lizza trecento posti. Quando il 5 gennaio è stata pubblicata la graduatoria dei vincitori, tutti hanno potuto constatare che comprendeva solo i candidati raccomandati dai dirigenti e dai notabili locali.

Subito sono cominciate le proteste e, a quelle degli esclusi, si sono aggiunte anche le loro famiglie, tutti insieme a manifestare davanti alla sede della Sottoprefettura di Redeyef. Poi il movimento si è esteso anche agli altri centri, con l’appoggio dei sindacati, dei militanti per la difesa dei diritti dell’uomo e dell’opposizione. Scontri con la polizia si sono registrati il 7 maggio a Redeyef ed il 9 maggio a Moulares, lo stesso 7 maggio a Feriana è morto il primo manifestante”.

Obietto che recentemente il Presidente della Repubblica, Zine el-Abidine Ben Ali, ha pubblicamente riconosciuto che le ragioni della protesta erano fondate.
“Certo – risponde – ed ha anche licenziato il dirigente della GPG ed il Governatore di Ghafsa, ma nello stesso tempo ha mandato l’esercito e la repressione è stata brutale. Gli scontri peggiori sono avvenuti  il 6 giugno a Redeyef. Tanti i feriti, circa duecento gli arrestati… così la calma è stata ristabilita.
Tra gli arrestati soprattutto studenti, professori e sindacalisti. Gran parte di essi sono già stati giudicati e condannati a pene pesanti, che vanno dai 2 ai 3 anni di prigione.

Il processo più importante, però, deve ancora essere celebrato. E’ quello contro una quarantina di sindacalisti, accusati di associazione per delinquere. In definitiva il Governo ha   considerato l’azione sindacale come un delitto e, conseguentemente,  l’organizzazione sindacale una associazione per delinquere.
I più noti tra questi sindacalisti sono: Adnen Hadji, Béchir Labidi, Taieb Ben Othman e Adel Jaian. Contro di loro è ancora in corso l’attività istruttoria”.

Chiediamo a MK un giudizio sui processi che sono già stati celebrati.
“Una farsa – risponde – Qui in Tunisia i giudici sono sottoposti al Potere esecutivo e non vi è indipendenza della Magistratura. I giudici avevano la consegna di emettere sentenze esemplari, così hanno preso in considerazione solo i processi verbali della polizia e le confessioni degli imputati estorte con la tortura. Sulla base di questo li hanno condannati a pene severissime.
 Quando gli avvocati hanno chiesto di constatare gli evidentissimi segni di tortura sui corpi degli accusati, i giudici hanno rifiutato di disporre una perizia medica. Eppure sarebbe stato indispensabile per stabilire la genuinità di queste confessioni.

Nemmeno i testimoni a discarico sono stati ammessi. In una occasione sono state presentate al giudice le dichiarazioni rese spontaneamente da cinque testimoni oculari, chiedendo che fossero immediatamente ascoltati perché presenti in aula. Il giudice non ha voluto chiamarli subito, rinviando l’udienza di una settimana, in modo tale che quelli potessero essere avvicinati dalla Polizia.  Che naturalmente li ha subito minacciati pesantemente. Risultato: all’udienza successiva i testimoni  hanno ritrattato le dichiarazioni. Ma non per questo se la sono cavata, perché sono stati comunque condannati a 2 anni e dieci mesi di prigione.

Le udienze non erano pubbliche, la polizia impediva alla gente di entrare nel Tribunale. Quando gli avvocati hanno chiesto al giudice di garantire la pubblicità del dibattimento, quello ha risposto che non era di sua competenza.

Quello che è intollerabile – conclude – è che la repressione si sia abbattuta in modo così brutale su gente che aveva ragione e che protestava solo per il riconoscimento dei propri diritti. Non c’erano motivazioni politiche nella protesta di Ghafsa, ma solo sociali. Però il Governo non tollera il protagonismo delle masse, ogni manifestazione deve essere repressa. Questa non è democrazia. Lo sappiano gli europei che conoscono la Tunisia solo come paradiso per le vacanze. Dietro la vetrina di un popolo cortese ed ospitale, vi sono discriminazioni e ingiustizie intollerabili”.
 Tunisi, 9 settembre 2008