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Montatura mediatico-poliziesca contro sei militanti saharaoui


Ieri, 8 ottobre 2009, sei militanti saharaoui sono stati arrestati all’aeroporto di Casablanca, dove erano appena atterrati, di ritorno da una visita ai campi dei rifugiati di Tindouf. Si tratta di Brahim Dahane, presidente dell’ASVDH, di Lachgare Degia, componente dell’ufficio esecutivo della stessa associazione, ex desaparecida di Qalaet Megouna, dove ha passato più di 11 anni, di Nassiri Hammadi, presidente del comitato di difesa dei diritti dell’uomo a Smara e membro della stessa associazione, di Ali Salem Tamek, segretario generale del Codesa, di Tarouzi Ihdih, membro dell’ODS e di Saleh Lebaihi, membro del Codesa .

Alle 13,37 Dahane ha telefonato ai compagni dell’ASVDH per informarli che erano appena atterrati e c’erano delle vetture della polizia sulla pista, quindi temevano di essere arrestati. Da allora nessuna notizia, fino all’annuncio stampa di oggi, apparso chissà perché sui soli quotidiani arabofoni .

I sei militanti saharaoui rischiano una incriminazione per alto tradimento, un reato punito con la pena capitale. I giornali riportano infatti con grande enfasi indiscrezioni di evidente fonte poliziesca, a proposito di una foto che  ritrarrebbe i militanti saharaoui insieme a tre funzionari dei servizi segreti algerini. Quello che è certo è che il regime intende utilizzare la loro vicenda sul tavolo delle trattative in corso con il Fronte Polisario, per drammatizzare una situazione che vede le posizioni marocchine perdere progressivamente  colpi.

Nulla di segreto infatti nel viaggio dei sei militanti saharaoui a Tindouf, tutto fatto alla luce del sole, con tanto di comunicati stampa. Eppure, da una settimana, tutti i giornali di regime  (vale a dire proprio tutti i giornali marocchini, tranne 2 o 3 settimanali) denunciano con accanimento il “tradimento” di questi “separatisti al soldo del Fronte Polisario” che, dalle “province del Sud (vale a dire dai territori del Sahara Occidentale illegalmente occupati dal Marocco) si sono recati a Tindouf, la zona del deserto algerino che ospita i rifugiati saharaoui,  amministrata dal Fronte Polisario, e dove siedono Governo e Parlamento della Repubblica araba democratica saharaoui (RASD).

Una sfilza di commenti tutti uguali, evidentemente confezionati dai servizi marocchini, recanti tuttavia la firma di diversi commentatori e dirigenti di partito.  Per l’occasione hanno anche rispolverato la formula, che sembrava oramai desueta, di “sequestrati di Tindouf”, vale a dire la favola propagandistica secondo la quale i saharaoui scappati in Algeria durante la guerra di occupazione, per sfuggire ai bombardamenti e ai massacri dell’esercito marocchino, sarebbero trattenuti con la forza dalle Autorità del Fronte Polisario, che impediscono loro di ritornare nei territori occupati per sottomettersi giulivamente alla colonizzazione marocchina.
 Si tratta di una bugia che ultimamente sembrava essere stata espunta dal bagaglio propagandistico marocchino, dopo che diversi “sequestrati” avevano avuto la possibilità di andare in visita dai parenti nei territori occupati, nell’ambito di un programma gestito dalle Nazioni Unite, e al termine della visita erano tutti rientrati spontaneamente nei loro campi. E dopo un reportage del settimanale marocchino TelQuel, che aveva smentito definitivamente la tesi del “sequestro”.

Ma niente! Nell’edizione dell’8 ottobre, Le Matin du Sahara ha aperto la prima pagina col titolo a caratteri cubitali: “Les Marocains s’unissent contre les traîtres” (I marocchini si uniscono contro i traditori) e l’articolo si caratterizza per i toni solenni: “Unanimità ed unione indefettibile di tutti i Marocchini sulla questione del Sahara marocchino, vera causa sacra del Regno”. Di seguito un comunicato dell’ASM (Association le Sahara marocain), a proposito di un incontro che i “traîtres” hanno avuto con “tre alti responsabili della sicurezza militare algerina”, riunione della quale l’associazione si dice in grado di riferire anche la durata esatta: 2 ore e 35 minuti. “L’obiettivo di questa riunione era quello di sollecitare i traîtres ad una azione di mobilitazione dei giovani delle università di Agadir, Marrakech e delle altre città del Regno, perché compiano atti di vandalismo contro le forze dell’ordine”. I generosi agenti algerini avrebbero anche fissato il considerevole budget di 20.000 euro per ciascuna università, onde compensare gli studenti impegnati nelle attività vandaliche. Soldi che saranno consegnati in Marocco, per il tramite di una terza persona, ad Ali Salem Tamek, incaricato della gestione finanziaria dell’operazione.

A chi,come me, conosce la cronica mancanza di mezzi delle associazioni saharaoui (e la dignitosa povertà di molti militanti) viene da ridere, ma in verità non c’è molto da divertirsi: queste fandonie diventeranno presto testimonianze (false) che serviranno a giustificare severe condanne. Già l’ASM ha infatti reso noto di avere ricevuto diverse segnalazioni di studenti che sarebbero stati raggiunti telefonicamente dai “traîtres” ed avrebbero ricevuto offerte in denaro per compiere atti di sabotaggio.

L’articolo prosegue con un sommario delle prese di posizione delle forze politiche. Con espressioni identiche – evidentemente  suggerite dal “Palazzo”- tutti i partiti hanno condannato l’atto di “tradimento”.
Così il PAM (la nuova formazione creata dal Palazzo reale ed espressione dalle vecchie clientele provinciali) parla di “tradimento della patria”, di “rottura dell’unanimità nazionale” (ma si è mai vista una democrazia unanimista?), oltre che di “offesa ai sentimenti di tutti i Marocchini”. La visita resa da questi “individui” ai campi profughi sarebbe inoltre una “reazione disperata” ai grandi successi internazionali della proposta di autonomia  “elargita” (altra espressione che ha poco a vedere con la democrazia) alle province del Sud.

Laddove la vera “disperazione “ trapela in questo comunicato che deve nascondere il fallimento della strategia marocchina, soprattutto dopo il mutamento di orientamento espresso dalla nuova Amministrazione Obama.

Identiche espressioni da parte del Partito dell’Istiqlal, del Rassemblement National des Indépendents, del Mouvement Populaire, dell’Union Constitutionelle, del Parti Socialiste. Tutti chiedono provvedimenti severi nei confronti di quegli ”individui” che hanno tradito la patria.

L’Opinion titola a tutta pagina “La quinta colonna” e parla anch’essa di “tradimento” da parte di “individui al soldo del Fronte Polisario”.

Durissimo e preoccupante l’editoriale del quotidiano Aujourd’hui le Maroc, a firma del direttore Khalil Hachimi Idrissi. “La patria è clemente e misericordiosa. Ma non è idiota. Il viaggio Tindouf-Laayoune è di sola andata. Ed è a senso unico. Un saharaoui marocchino separatista pentito ha diritto di tornare a casa. Ma è dubbio che, in nome della clemenza e della democrazia della patria, si debba riconoscere il medesimo diritto ad un separatista dell’interno che si unisce ad una formazione avanzata del separatismo a Tindouf. Alla fine bisogna scegliere. Sia che si sia separatisti, sia che si sia unionisti. Il posto naturale dei primi è a Tindouf, in attesa di una soluzione collettiva. I secondi devono stare a casa loro. La via di mezzo, vale a dire vivere a Laayoune, farsi finanziare il separatismo alle Canarie, seguire degli stage a Tindouf e poi tornare a Laayoune per turbare l’ordine pubblico in nome della RASD è inaccettabile. Le regole del conflitto richiedono un minimo di onestà. I nostri avversari devono comportarsi come tali. Il fatto che i separatisti dell’interno dispongono oggi – a differenza dei sequestrati di Tindouf – della libertà di andare e venire, soprattutto all’estero, pone loro degli obblighi. Ma è lo statuto – espressione impropria – di separatisti dell’interno che pone problemi. La sperimentazione in corso si chiude con un fallimento. Bisogna trarre la giusta lezione”.
Un vero e proprio manifesto che invoca un giro di vite del quale non si comprende quale debba essere la portata. Espellere dal Marocco i dissidenti politici? Vietare loro il diritto di viaggiare a meno che non si impegnino a tacere? In attesa che il quesito venga chiarito, i sei militanti saharaoui sono stati arrestati e tutto lascia credere pagheranno cara la loro militanza.

Evidentemente il Potere marocchino si sente in un vicolo cieco ed è forte la tentazione di ritornare al totalitarismo assoluto. Quel minimo di tolleranza che in questi anni è stato costretto a concedere al dissenso gli sembra oggi qualcosa di insopportabile, un “esperimento fallito”, per dirla col direttore di Aujourd’hui le Maroc. Lo si è visto nelle iniziative contro la libertà di stampa (giornali sequestrati e distrutti per ordine del Ministero dell’Interno), lo si vede oggi nell’offensiva contro i militanti saharaoui.
L’analfabetismo democratico di gran parte della classe dirigente marocchina si traduce in rabbia e sospetto. Chiunque critichi è un nemico, o è al soldo dei nemici. Così, sempre Aujourd’hui le Maroc, nell’edizione del 9 ottobre, ha commentato la conferenza stampa con la quale Human Rights Watch aveva presentato il giorno prima a Rabat il suo rapporto sul Marocco, e lo ha fatto con toni sprezzanti e infastiditi.
Per il solo fatto di aver chiesto al governo marocchino il rispetto del diritto di espressione e del diritto di associazione, anche HRW è diventata un nemico, “allineato in modo interessato alle posizioni del Polisario”.

Se ci fosse bisogno di una prova ulteriore delle buone ragioni dei “separatisti” saharaoui, queste manifestazioni di insofferenza e disprezzo verso le più elementari regole democratiche da parte della élite marocchina sono lì a fornirla.  
 
Nicola Quatrano