Amnesty International è preoccupata per le persecuzioni in corso e per i violenti attacchi nei confronti dei giornalisti e di membri della società civile in Ruanda. Sotto tiro sono soprattutto i giornalisti che lavorano per i media indipendenti; spesso minacciati, sono perfino vittime di aggressioni fisiche.


Molto preoccupante è anche il sempre più frequente ricorso al codice penale ed alle sanzioni penali per soffocare la libertà di espressione. Amnesty International chiede insistentemente alle autorità ruandesi di proteggere e rispettare i diritti dei giornalisti e dei membri della società civile.
Nella serata di venerdì 9 febbraio, Jean Bosco Gasasira, direttore del giornale Umuvigizi, è stato brutalmente aggredito da tre uomini non identificati, a colpi di sbarra di ferro. L’aggressione ha avuto luogo nella capitale Kigali. Jean Bosco Gasasira è stato immediatamente trasportato all’ospedale, dove si trova ancora in terapia intensiva. Diversi giorni prima di questa aggressione, Jean Bosco Gasasira aveva pubblicato sul suo giornale diversi articoli molto critici nei confronti del Fronte patriottico ruandese (FPR), il partito al potere. In uno di questi articoli si trattava del nepotismo in seno al FPR.
Questa nuova aggressione s’iscrive in una campagna sistematica di disturbo e intimidazione orchestrata contro Jean Bosco Gasasira. Nell’agosto 2006, aveva dichiarato a delle agenzie di stampa internazionale che aveva ricevuto minacce telefoniche e che temeva di trovarsi sotto la sorveglianza di agenti dei servizi di intelligence militare.
Sono analogamente sotto tiro i giornali che si mostrano critici nei confronti del governo; sono spesso accusati di incitamento all’odio etnico. Lo stesso giorno in cui Jean Bosco è stato aggredito, Radio Ruanda, la stazione radio controllata dal governo, avrebbe diffuso dei discorsi del direttore della radio e del presidente dell’Alto consiglio della stampa, minacciosi nei confronti del bimensile indipendente Umuco. Accusando il giornale di incitare all’odio tra le etnie, lo avrebbero paragonato a Kangura, un altro giornale oggi non più in circolazione, che aveva pubblicato articoli pieni di odio e spinto al massacro dei Tutsi prima e durante il genocidio del 1944.
Bonaventure Bizumureymi, il direttore di Umuco, dice di avere ricevuto minacce telefoniche dopo il 9 febbraio, data in cui è stato diffuso il programma. Sentito da Amnesty International il 14 febbraio, il segretario esecutivo dell’Alto Consiglio della stampa ha negato che siano state fatte simili accuse e paragoni con Kangura. Tuttavia ha anche dichiarato che, secondo lui, l’articolo comparso su Umuco incitava all’odio etnico.
Amnesty International ha analizzato l’articolo in questione e non vi ha trovato niente che possa ragionevolmente qualificarsi come incitazione all’odio etnico o alla violenza.  Questo articolo, scritto in kinyarwanda, tratta dell’origine delle differenti etnie nella regione dei Grandi Laghi prima del periodo coloniale. L’articolo analizza e contesta le affermazioni di etnologi e linguisti su questa controversa questione. Nel contesto attuale, dove gli attacchi ai giornalisti si moltiplicano in Ruanda, l’organizzazione teme che simili accuse possano mettere in pericolo la vita dei giornalisti. Inoltre queste aggressioni creano un clima di paura, che si ripercuote sulla libertà di espressione.
Idesbald Byabuze Katabaruka, professore universitario congolese, è stato arrestato e messo in carcere arbitrariamente il 16 febbraio. Si trovava in Ruanda per ragioni professionali. Le autorità ruandesi l’hanno accusato di “mettere in pericolo la sicurezza dello Stato” e di “reati di discriminazione e settarismo”. Accuse che si basano, sembrerebbe, su un articolo pubblicato nel giugno 2005 da Idesbald Byabuze Katabaruka. In questo articolo intitolato “Allarme Ruanda”, criticava l’alto livello di repressione politica in Ruanda. L’articolo sviluppava anche l’argomento secondo il quale le autorità ruandesi sfruttano il genocidio del 1994 per reprimere la popolazione ruandese e giustificare l’intervento militare nella Repubblica democratica del Congo o i gravi attacchi ai diritti umani che ne sono conseguiti. Idesbald Byabuze Katabaruka ha scritto in passato altri articoli e lettere, critiche nei confronti delle autorità ruandesi. Per Amnesty International, le accuse rivolte a Idesbald Byabuze Katabaruka costituiscono una ingiustificata restrizione della sua libertà di espressione.

Amnesty International chiede alle autorità ruandesi di:

- rispettare e proteggere il diritto alla libertà di espressione conformemente agli obblighi scaturenti dai trattati internazionali in materia di diritti umani
- avviare inchieste indipendenti e imparziali su tutte le aggressioni o atti di intimidazione contro i giornalisti e giudicare i presunti autori di tali atti attraverso processi conformi al diritto internazionale.
- invitare il rappresentante speciale del segretario generale sulla situazione dei difensori dei diritti umani, l’incaricato speciale sui temi della libertà di espressione e l’incaricato speciale della commissione africana sulla libertà di espressione a recarsi in Ruanda.

Amnesty International domanda insistentemente anche all’Unione Europea e a tutti i suoi Stati membri di affrontare col governo ruandese la questione degli attacchi contro i giornalisti, le organizzazioni della stampa e gli altri difensori dei diritti umani; di chiedere che i loro diritti siano rispettati, conformemente agli impegni presi dall’Unione europea per proteggere i difensori dei diritti umani, impegni che figurano negli Orientamenti dell’Unione europea al riguardo dei difensori dei diritti dell’uomo, testo adottato dal Consiglio d’Europa nel 2004.

Completamento di informazione
Jean Bosco Gasasira è il fratello di Chris Bunyenyenzi, morto. Chris Bunyenyenzi era, alla fine degli anni ’80, uno dei dirigenti del RPF; è stato ucciso nel 1990 in circostanze misteriose.

La Carta africana stabilisce che: “La persona umana è inviolabile. Ciascun essere umano ha diritto al rispetto della sua vita e all’integrità fisica e morale della sua persona”: Il Ruanda è uno degli Stati che ha aderito a questo trattato e dunque ha l’obbligo esplicito di prendere ogni misura necessaria per proteggere le persone dagli attentati ai diritti umani commessi da soggetti doversi dagli agenti dello Stato e, se ciò accade, di tradurre davanti alla Giustizia gli autori di tali atti e fare in modo che le vittime ottengano riparazione, anche sotto forma di risarcimento. Questo principio è presente nella Dichiarazione dei principi sulla libertà di espressione in Africa, adottata dalla Commissione africana dei diritti degli uomini e dei popoli nel 2002. A proposito dei attacchi omicidi, delle intimidazione e delle minacce, la Dichiarazione stabilisce che: “gli Stati hanno l’obbligo di assumere misure efficaci per prevenire tali attacchi e, quando siano perpetrati, svolgere una inchiesta, punire gli autori e fare in modo che le vittime abbiano accesso a dei rimedi efficaci”.

Il diritto alla libertà di espressione e il diritto di ricercare, ricevere e diffondere le informazioni di qualunque specie sono iscritti nei trattati internazionali, come la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli e il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. Secondo il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria, arresti e carcerazioni sono considerati come arbitrari quando i fatti che li hanno provocati concernono l’esercizio della libertà di opinione o di espressione.

 

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