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La Repubblica-Napoli, 3 dicembre 2015
 
 
I cinquecento euro ai “ragazzi” di Renzi
Nicola Quatrano
 
 

“Forza e consenso – scriveva Benedetto Croce ne ‘La religione della Libertà’ – sono in politica termini correlativi, e dov’è l’uno, non può mancare l’altro. Consenso (si obietterà) forzato, ma ogni consenso è forzato, più o meno forzato, ma forzato”. Ne ha raccolto indubbiamente la lezione (magari inconsapevolmente) Achille Lauro, contro il cui sacco di Napoli si levava, con voce di tuono, il consigliere comunale comunista Carlo Fermariello, personaggio e interprete dell’indimenticabile “Le mani sulla città”, per la regia di Francesco Rosi. 
 
Alla fine dei conti, però, solo per questo Achille Lauro è passato alla storia, e per certe pratiche “innovative” con cui comprava il consenso, distribuendo pacchi di pasta, olio, farina e la oramai proverbiale scarpa destra, accompagnata dalla promessa della sinistra se fosse stato eletto.
 
Anche Mubarak e Ben Ali facevano più o meno così, prima di essere travolti dalla “forza” della rivolta popolare (generosamente finanziata da interessati sostenitori esteri). La loro fama (come quella di Achille Lauro) è oggi legata a queste pratiche indecenti, e il giudizio storico li colloca di un solo gradino più in alto di Idi Amin Dada, il dittatore ugandese, che (per carità!) addirittura pare avesse un debole per la carne umana arrostita.
 
 
Carlo Fermariello, interprete di se stesso, in una scena del film: "Le mani sulla città"
 
 
A Napoli, proprio le indagini condotte su quella particolare forma di consenso forzato che è il “voto di scambio” hanno aperto la strada alla Tangentopoli partenopea, che non ha detto bene ai ras politici che avevano imperversato indisturbati fino allora. In tempi più recenti, pare che la camorra dei Quartieri Spagnoli, come si legge in alcuni resoconti giornalistici, abbia comprato il voto alla modica somma di 50 euro l’uno. Più tirchi i casalesi, che sembra risolvessero elargendo dei miseri buoni-pasto. 
 
Piccolezze, quisquilie (e pinzillacchere). Chi sta facendo davvero le cose in grande è l’attuale governo che, in vista delle prossime elezioni Amministrative che evidentemente devono apparire piuttosto complicate, ha promesso 500 euro ai 18enni, la fascia di popolazione più riluttante al voto e più sensibile alle sirene 5 stelle. Per spese culturali, spiega, scambiando per “cultura” film come “Mission impossible” o i concerti – per dire – di Gigi D’Alessio (senza offesa per le sue indubbie qualità di professionista dell’intrattenimento). 
 
A chi gli rimprovera di voler comprare il voto dei giovani, il premier Renzi obietta che si tratta (addirittura!) di una strategia contro ISIS, per contrapporre la “nostra cultura” ai terroristi e al loro oscurantismo. Che, se non fosse stato detto con l’aria da sfottò delle sue migliori performance, sarebbe come se al vertice di Parigi sui cambiamenti climatici, qualcuno avesse proposto di distribuire i “nostri salvagenti” agli isolani minacciati dal pericolo di uno tsunami. 
 

La medesima aria (che vuol dire: non ci sarà mica qualche ingenuo che davvero mi crede?) ci esime dall’obiettare che, con armi culturali come i film di Tom Cruise, meglio sarebbe darsi da subito per sconfitti e, a seconda dei sessi, affrettare un’inevitabile circoncisione o andare in giro per boutique alla ricerca di un niqab (magari griffato).
 
Figurarsi poi se vale la pena di aggiungere che la lotta al terrorismo richiederebbe piuttosto misure serie nei confronti dei paesi che lo finanziano, che addirittura si pone la questione di un intervento militare… No, no! Il terrorismo non c’entra nulla, è sempre e soltanto la vecchia lezione del consenso e della forza (sia pure nello stile, diremmo “tentatore”, che contraddistinse Achille Lauro).
 
Ottavio Ragone (1) lamentava, in un editoriale pubblicato alcuni giorni fa, la lontananza dei giovani dalla politica e il sentimento di rifiuto che questo comporta tra i ragazzi (“Perché non sparite tutti”, cantavano i Who). Una distanza che non sarà certo colmata da questa allegra distribuzione di scarpe, da parte di un governo che, peraltro, sembra più propenso a elargire mance che a riconoscere diritti. Magra consolazione pensare che la Storia collocherà gli ideatori di questa trovatina nel girone di Mubarak, di Ben Ali e di Achille Lauro. Peggio ancora la mancanza, oggi, di un Carlo Fermariello che, con la forza di un vero partito alle sue spalle, le si levi contro, con voce di tuono.
 
 
(1) Direttore de La Repubblica-Napoli