L'Orient Le Jour, 8 dicembre 2017 (trad.ossin)
 
Un'altra Naqba
Laure Van Ruymbeke
 
Ad Amman si susseguono le manifestazioni dopo la dichiarazione di Donald Trump sul riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele. Reportage dal quartiere palestinese di Haï Nazzal, dove i manifestanti si sono dati appuntamento davanti alla grande moschea
 
Manifestazione nel quartiere palestinese di Hai Nazzal, ad Amman (Giordania)
 
« Gerusalemme è la capitale della Palestina ! Gerusalemme è la capitale della Palestina ! » Gli abitanti del quartiere palestinese Haï Nazzal (sud-est di Amman) sono in collera. Erano circa un migliaio, ieri sera, ad essersi dati appuntamento per protestare contro la decisione del presidente USA. Verso le 18, dopo la preghiera della sera, i manifestanti si sono riuniti dinanzi la grande moschea Nazzal. Impossibile circolare. Ci sono uomini, donne e bambini. Giovani e più anziani. Intere generazioni di cittadini giordani di origine palestinese, che non hanno mai conosciuto la loro terra natale. Ma per i quali la Palestina resta, e resterà per sempre, il loro paese. E, per simbolo e capitale, Gerusalemme.
 
Un uomo di una cinquantina d’anni, circondato da ragazzini, si avvicina per trasmettere il suo messaggio. « Mi sento come un nonno, come un figlio che è stato respinto dal suo paese. Oggi riviviamo il tempo della Naqba. C’è stato il 1948, c’è stato il 1967 e c’è oggi. Io mi sento nudo, senza scarpe, come quelli che furono buttati fuori dalla Palestina».  Mohammad è nato ed è sempre vissuto nel quartiere di Nazzal. Anche i suoi figli. « Trump ? Vuole la guerra ! – insorge – Attizza un fuoco che può ritorcerglisi contro. Lui non può regalare qualcosa che non gli appartiene! Non può regalare una terra a gente che non la merita... Israele si è intrufolata in Palestina. Che cosa ha fatto Trump ? Ci dà la sveglia alla vigilia dell’anniversario della prima Intifada ». Tra le mani tiene un cartello su cui è scritta la data della prima Intifada : il 9 dicembre 1987. Tra due giorni. Attorno a noi è un’esplosione di slogan.
 
« Qui c’è il grido di Amman ! » Gli abitanti, in coro, vogliono la terza Intifada. « La terza Intifada partirà dalla Giordania ! » Poco prima le fazioni palestinesi hanno fatto appello ai Palestinesi per dare vita ad una nuova Intifada. Qui le bandiere di Hamas si mescolano con quelle palestinesi. I discorsi sono radicali: « L’unico futuro è la fine dell’esistenza di Israele. Israele non esiste. La decisione di Trump è affrettata e provocherà la fine dell’esistenza di Israele. La Giordania è in fiamme ! »
 
« Siamo nati con la speranza... »
 
Altri fanno discorsi più moderati, come Ahmad, che parla in francese. « Rispettiamo tutte le religioni e vogliamo che vi sia spazio per tutti, I mussulmani, i cristiani e gli ebrei. Ma la capitale del futuro Stato palestinese è Gerusalemme. E’ sempre stata la capitale della Palestina. E’ quello che è scritto nel Corano: la Palestina è il nostro paese. Tutti, anche le donne e i bambini, sono pronti a morire per la Palestina. Tutti potranno venire come visitatori, perché questa è una questione di rispetto verso l’intera umanità ». Secondo lui, « Israele ha tutto: la forza, il nucleare e l’appoggio degli Stati Uniti. Ma noi abbiamo il diritto ». E per questo non perde la speranza. La speranza è incisa nel cuore dei Palestinesi. « Siamo nati con la speranza, è nella nostra natura », conclude Ahmad.
 
Poco più in là, un professore di arabo spiega: « Stiamo qui perché crediamo che il sogno sia possibile. Gerusalemme è nei nostri cuori e in quelli dei nostri figli. I nostri figli sono cresciuti con l’idea che Gerusalemme è la nostra capitale. Gerusalemme è una città santa nel Corano, e non sarà una cartuscella di Trump che potrà cambiare questa realtà ». Il professore si aspetta dalle autorità giordane che annullino il trattato di pace e richiamino l’ambasciatore in Israele. Vicino a lui, un bambino scrive: « La Palestina o niente! Che Trump vada a nascondersi ! »
 
Speranza sì, ma non stupidità. Venticinquenne, Moustafa dice che gli sono venute le lacrime agli occhi quando ha letto la notizia. « E’ stato uno shock. E’ uno scandalo, dice. La storia ne conserverà il ricordo. Ma fin quando vi saranno accordi sotto banco, gli Stati arabi non faranno niente ». Come la maggior parte dei manifestanti, è di nazionalità giordana. « Ma il mio cuore… è in Palestina ».
 
 
 
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