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Alternative, 2 aprile 2010

La dura vita quotidiana delle donne
di Albert Chaibou

Venerdì 19 marzo 2010. Sono le 10. Con un tempo nebbioso raggiungiamo Tillaberi, dopo poco più di un’ora di strada da Niamey. Questa regione, secondo le statistiche nazionali, è la più toccata dalla crisi alimentare che infuria nel paese. Vi sono diversi segni visibili di questa situazione. A mano a mano che la nostra auto si addentra nella densa nebbia che seppellisce la campagna, noi scopriamo la nudità e l’aridità delle terre. Sotto i nostri occhi scorre un paesaggio fatto di arbusti spinosi e rinsecchiti e di greggi di capre e montoni che cercano disperatamente qualche ciuffo d’erba sotto lo sguardo disincantato dei pastori. A tratti si aggiungono a questo scenario delle sagome di uomini e donne, a piedi o su carretti trainati da un asino o da un bue. Contenti di vederci, levano la mano in segno di ospitalità. L’unica cosa migliore condivisa in questa zona austera dove la povertà mostra dappertutto il suo viso orrendo.
Nel mercato della città di Tillaberi, abbiamo incontrato delle donne coraggiose che lottano quotidianamente per la sopravvivenza dei loro familiari. Tra esse, Kaltoumi, 45 anni, 7 figli. Suo marito, un contadino, è rimasto a casa coi figli. Lei è uscita prestissimo per andare al mercato di Tillaberi, per vendere il riso paddy (riso greggio) che aveva preso a credito da un produttore. Dopo tre giorni di conservazione nell’acqua, una specie di sterilizzazione tradizionale, Katoumi ha trasportato il riso al mulino prima di cominciare il duro lavoro di pulitura, sistemazione nei sacchi e trasporto al mercato. “E’ un lavoro spossante. Non guadagniamo granché. Giusto di che mangiare la sera. Quest’anno i tempi sono duri. Siamo costretti a prendere questo riso a credito, per poi lavorarlo e portarlo al mercato. La misura (poco meno di un chilo) costa 225 Franchi Cfa. Quella del miglio è di 175 franchi. Il niébé (un tipo di fagiolo) costa più caro: 300 franchi la misura. Ma il problema è che qui tutti sono poveri. La gente non ha soldi per comprare da mangiare”, si lamenta la donna.
Una triste costatazione di cui abbiamo avuto conferma percorrendo il mercato di Tillaberi e quello del villaggio di Sansané Hausa. Davanti ai loro banchetti di legumi e cereali, i venditori attendono stoicamente, sotto un sole di piombo, dei clienti che non vengono. E’ il caso di Abdoulaye, un contadino Kourteye del villaggio di Dessa. E’ andato a Ayorou, a 80 km, per prendere a credito da un orticultore delle patate che è venuto a vendere al mercato di Tillaberi. “Ho percorso chilometri per venire qui. Capita che devo aspettare due giorni per vedere dei clienti. E’ duro da trovare da mangiare in questo paese”. Harouna, un altro contadino che abbiamo incontrato al mercato di Sansané Hausa, è più amaro. In piedi davanti alle balle di miglio che è venuto a vendere, esplode: “Noi abbiamo fame. Il Governo sembra abbia annunciato che ci venderà dei cereali a buon prezzo. Si dice che potremo comprare un sacco di riso a 13000 franchi. Ma noi siamo poverissimi. Non siamo in grado di sborsare nemmeno 1000 franchi. Invece di venderci i cereali a questo prezzo, il governo dovrebbe distribuirlo gratuitamente”.
E’ lo stesso grido accorato delle donne che abbiamo incontrato non lontano dalla fabbrica di riso di Tillaberi. Abitanti nei quartieri periferici della città, escono prestissimo la mattina, percorrendo chilometri, per venire in questo posto dove la fabbrica scarica i suoi scarti. Con dei vagli, lavorano in questo spazio ingiallito dal pericarpio del riso, per molte ore a cercare qualche grano di riso che potrà servire a preparare il pasto della sera. Un’operazione delicata che testimonia dell’estrema povertà di questa popolazione. Aissa, una vecchia di 70 anni è una habitué del luogo. E’ qui dalle sei del mattino. Dopo sette ore di lavoro non ha ancora raggiunto la quantità di riso sufficiente a preparare il pasto della sera. Ma continua a stare china e a frugare tra gli scarti della fabbrica, sperando che prima di notte sarà riuscita a procurarsi la sua razione. Il viso segnato da molti anni di sofferenza, Aissa ci dice che ha lasciato il suo villaggio nel 1973, durante la grande siccità. Dopo, ha vissuto in un alloggio precario alla periferia della città. Tutti i giorni è costretta a venire qui per guadagnarsi il vitto: “Io, forse anche per l’età e la povertà, non ho molto da vivere ancora; ma guardate queste donne giovani che sono là come me a cercare qualcosa da mangiare per le loro famiglie in questa discarica. La loro situazione è preoccupante”, dice. E la vecchia prosegue rassegnata: “Noi poveri abbiamo fiducia in Dio, è lui che decide la nostra sorte”.
In questa vasta regione di Tillaberi dove vivono più di un milione di abitanti, ci sono migliaia di donne e uomini come Aissa, Kaltoumi, Abdoulaye e Harouna che non hanno da mangiare. La loro sorte deve coinvolgere i politici e tutti coloro che nel mondo militano per il diritto all’alimentazione.
Su circa 200 villaggi che conta la regione di Tillaberi, quasi 900 sono dichiarati deficitarii sotto il profilo alimentare, per più del 50%. Inoltre, secondo Ibrahim Aoussouk, segretario generale del Governatorato di Tillaberi, “i centri sanitari hanno registrato tra gennaio e marzo 2010 più di 2000 casi di malnutrizione moderata e 642 casi di malnutrizione severa, con due casi di morte”. Una situazione allarmante che rischia di aggravarsi se non si offrono risposte adeguate. Per molte persone che abbiamo intervistato, le 14301 tonnellate di cereali stanziati per la regione nell’ambito dell’operazione “vendita a prezzi modici” non hanno risolto il problema. Queste popolazioni che versano in uno stato di estrema povertà hanno piuttosto bisogno oggi di un aiuto di emergenza sotto forma di distribuzione gratuita per coprire i loro bisogni alimentari di base.



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