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La politica migratoria dell’Unione Europea alla mercé di Gheddafi?
di Gregor Noll e Mariagiulia Giuffré

Il progressivo disfacimento del regime Gheddafi rivela come l’uso indiscriminato della forza al fine del mantenimento del potere sia inaccettabile. Negli ultimi sei anni i paesi membri dell’UE non hanno esitato a trasferire la responsabilità per la protezione dei propri confini ad un leader autoritario con una reputazione infame in termini di diritti umani. Mentre sono gli stessi Stati membri ad importare l’80% del petrolio libico, negli ultimi tre anni l’Unione ha fatto completo affidamento su Gheddafi ed il suo apparato statale al fine di tenere immigrati e richiedenti asilo fuori dalle porte dell’Europa.
 
Da molto tempo si è a conoscenza delle gravi violazioni dei diritti umani commesse dal governo di Gheddafi. Nelle settimane scorse, in una continua escalation di terrore,  atroci violenze sono state perpetrate nei confronti degli africani sub-sahariani presenti in Libia, compresi coloro che erano stati riportati in Libia sulla base di accordi bilaterali conclusi con Italia al fine di prevenire l’immigrazione illegale verso l’Europa. Rifugiati eritrei, somali e sudanesi, accusati di essere mercenari al soldo del colonnello Gheddafi sono stati sommariamente trucidati con coltelli e maceti.
Diverse prigioni sono state bombardate in modo indiscriminato, incluso un impianto a Misurata, dove molti immigrati e richiedenti asilo intercettati nel tentativo di raggiungere le coste dell’Europa sono attualmente detenuti.
 
Alla luce dell’evidente brutalità del governo Gheddafi nei confronti dei suoi stessi cittadini e delle gravi violazioni dei diritti fondamentali dei migranti e dei rifugiati presenti nel paese, vi è da chiedersi fino a che punto l’Italia e l’Unione Europea possano continuare a giustificare la loro cooperazione bilaterale con la Libia in materia di contrasto all’immigrazione illegale.


Sullo sfondo…

Nel giugno del 2010 la Commissione europea e la Libia hanno stipulato una intesa per l’assistenza tecnica e la cooperazione in materia di migrazione da realizzarsi tra il 2011 e il 2013.
Tale cooperazione concordata con la Libia in ottobre 2010 mirava alla realizzazione di una sfida con due obiettivi congiunti: governare l’immigrazione clandestina e proteggere contemporaneamente i rifugiati, attraverso l’aiuto economico di 50 milioni di Euro che dovrebbero servire per arrestare i flussi migratori di migranti economici e rifugiati che transitano attraverso la Libia verso i territori dell’Unione Europa.


Nel frattempo, con il supporto dell’Unione Europea, l’Italia ha consolidato le sue relazioni bilaterali con la Libia consacrate da due accordi di cooperazione di polizia datati dicembre 2007, volti a combattere le organizzazioni criminali coinvolte nel traffico degli esseri umani.


Nell’agosto 2008 è stato inoltre stipulato un trattato di partenariato con il quale si stanziavano 5 miliardi di dollari americani a titolo di compensazione degli effetti del colonialismo italiano per porre fine ai contrasti fra i due Stati, accordo con il quale la Libia si impegna ad impedire l’immigrazione irregolare via mare.


Si deve osservare che i costi dei pattugliamenti delle frontiere terrestri libiche e delle acque “territoriali” sono coperti dai finanziamenti congiunti dell’Italia e dell'Unione Europea. Grazie a queste attività di monitoraggio delle frontiere terrestri e marine, negli ultimi due anni, centinaia di migranti e richiedenti asilo intercettati in mare sono stati respinti verso le coste Nord-africane senza alcuna possibilità di mettere piede sul suolo europeo per chiedere asilo.


Come è noto in Libia i migranti e i rifugiati sono vittime di ogni forma di violazione e discriminazione. Queste persone vivono nel costante timore di essere arrestati,  di essere confinati a tempo indeterminato nei centri di detenzione libici sovraffollati dove possono essere sfruttati, picchiati, violentati e abusati. Non avendo alcuna possibilità di chiedere asilo o di esercitare il proprio diritto alla difesa, essendo loro negato l'accesso a qualsiasi rimedio efficace, i rifugiati in Libia vivono costantemente nel timore di essere rimpatriati forzatamente nei paesi di origine dove potrebbero essere nuovamente vittime di persecuzioni e torture.


Le azioni della Libia quali risposte al flusso di migranti e rifugiati si manifestano attraverso comportamenti così infami e così ben documentati, che sembra impossibile che solo ora gli Stati membri dell'Unione Europea stiano iniziando a porre in dubbio il comportamento del regime Gheddafi, il quale palesemente viola i diritti umani non rispettando i principi base dello stato di diritto e della democrazia.


Dunque il governo italiano è da considerarsi quale unico colpevole in questa storia, avendo assunto da solo l’onere di guidare i respingimenti dei richiedenti asilo e altri migranti verso la Libia?   Noi non crediamo sia così.

E’ infatti la legge dell’Unione Europea ad imporre agli Stati membri il controllo delle frontiere esterne dell'Unione. Se uno Stato membro non riesce a controllare le proprie frontiere esterne, è poi costretto, ai sensi del regolamento Dublino e del Sistema Schengen, a riprendersi in carico i richiedenti asilo e gli altri immigrati che si sono diretti poi in altri paesi dell'Unione Europea.
L'Italia si è semplicemente limitata a passare la propria patata bollente ad un paese terzo. Così il riprovevole patto sulla vita dei migranti stretto fra i governi di  Berlusconi e Gheddafi  non è altro che una conseguenza logica dell’attuazione della legislazione europea in materia, volta a rendere operativo, per esempio, il criticato meccanismo del regolamento Dublino sulla determinazione dello Stato membro competente a decidere di una domanda di asilo, cioè il primo Stato membro di arrivo.


Qualche settimana fa, Gheddafi ha avvertito l'Unione che interromperà la cooperazione in materia di immigrazione illegale se i governi europei si schiereranno con i manifestanti. Cosa fare adesso?


In primo luogo è necessario sospendere qualsiasi tipo di cooperazione bilaterale in materia di controllo delle migrazioni come già annunciato dall’Unione Europea. La minaccia di Gheddafi è un monito affinché l'Unione e tutti i suoi Stati membri non affidino più il controllo delle frontiere esterne al governo del Colonnello, governo che agisce in palese violazione dei diritti umani, della democrazia e dei principi base dello stato di diritto.


Il Trattato di partenariato tra Italia e Libia contiene espressamente una clausola sull’obbligatorietà della tutela dei diritti umani. Su questa base, il governo italiano ha annunciato la sospensione del Trattato.

In secondo luogo, poiché il regolamento di Dublino stabilisce che lo Stato membro dell'UE attraverso  cui una persona entra nell’Unione è in ultima analisi responsabile dell'esame di una domanda d'asilo, troppa pressione e responsabilità investe gli Stati membri che rappresentano i confini esterni dell’Unione Europea e che preferiscono trasferire le responsabilità ai paesi terzi vicini stipulando accordi bilaterali relativi alla riammissione. Spingendo indirettamente i singoli Stati membri a porre in essere accordi che supportino le violazioni dei diritti umani da parte degli Stati del Nord Africa deputati al controllo delle frontiere marittime, il regolamento Dublino deve essere rivisto in modo che i richiedenti asilo non vengano più inviati verso il primo Stato membro dal quale hanno fatto ingresso nell’Unione Europea.


Questo è stato discusso nelle sedi europee per oltre un decennio, ma senza alcun risultato. La Libia di Gheddafi rappresenta oggi  un buon motivo per intervenire con urgenza  in questa materia.


In terzo luogo, non c'è futuro nella cooperazione se il controllo delle migrazioni viene contrattato e accordato con regimi che sono suscettibili di violare i diritti umani.
Tutti gli accordi posti in essere con altri Stati del Nord Africa dovrebbero essere sospesi, fino a quando non saranno rivisti e rinforzati con clausole di condizionalità dei diritti umani e meccanismi di monitoraggio.


L'Unione nel proprio progetto istitutivo ha generato un gran parlare di “valori europei”. La cooperazione con la Libia, direttamente o tramite il partner italiano, mette in luce l’ipocrisia di questi valori dichiarati come fondamenti dell’Unione Europea stessa. Se l’Unione quindi, volesse davvero assumere credibilità in materia di tutela effettiva dei diritti umani ha in questo momento l’occasione di dimostrare la propria capacità di apprendere dagli errori del passato.


(traduzione dall'inglese di Mariagiulia Giuffré e Claudia Pretto)


http://www.opendemocracy.net/gregor-noll-mariagiulia-giuffr%C3%A9/eu-migration-control-made-by-gaddafi