Al Jazeera – 28 febbraio 2011


I media israeliani “temono” il nuovo Egitto
di Neve Gordon

I media israeliani presentano la democrazia egiziana come una minaccia, e un commentatore rimpiange addirittura la fine del colonialismo


Sono tre settimane che i media israeliani si occupano con grande attenzione all’Egitto.
Mentre erano in corso le manifestazioni, impressionanti e senza precedenti, nelle rubriche di attualità della televisione si parlava quasi esclusivamente di esse e i giornali dedicavano quasi la metà delle loro pagine di informazioni e opinioni agli avvenimenti in corso.
Ma a differenza dell’emozione che si provava in altri paesi guardano la storia farsi sotto i propri occhi, qui in Israele, e soprattutto alla televisione, dominava l’ansia; si aveva l’impressione che gli sviluppi in Egitto fossero ostili agli interessi israeliani. La rivoluzione egiziana, in altri termini, era una cattiva notizia.
E’ bastato un solo momento agli esperti “degli affari arabi” per capire cosa stava succedendo. All’inizio il refrain era “L’Egitto non è Tunisi”.
I commentatori rassicuravano il pubblico sul fatto che l’apparato di sicurezza egiziano era fedele al regime e che, di conseguenza, non era probabile che il presidente Hosni Mubarak sarebbe stato rovesciato.


Il ripensamento dei media
Quando è diventato evidente che avevano sbagliato, la maggior parte dei commentatori ha fatto come il primo ministro Benyamin Netanyahu e ha preso a rimproverare il presidente Barak Obama di non sostenere Israele. Il direttore della redazione esteri di una televisione ha commentato che “il fatto che la Casa Bianca autorizzi le manifestazioni è motivo di inquietudine”; e l’influente analista politico Ben Kaspit ha detto di rimpiangere il presidente George Bush.
“Ci ricordiamo con nostalgia dell’anno 2003, quando George W. Bush ha invaso e conquistato l’Iraq”, ha scritto Ben Kaspit. “La Libia ha immediatamente cambiato rotta e si è allineata all’occidente. L’Iran ha sospeso il suo programma nucleare. Arafat è stato imbrigliato. La Siria tremava di paura. Non è che l’invasione dell’Iraq sia stata una buona decisione (no, certamente, l’Iran è il vero problema, non l’Iraq), ma in Medio Oriente chi non si muove con una buona mazza da baseball in mano, ne prende una in testa”.
I commentatori israeliani non sono chiari sulle prospettive della democrazia egiziana. Un giornalista spiega che ci vogliono anni per consolidare le istituzioni democratiche e perché il popolo interiorizzi i modi di funzionamento della democrazia e Amir Hazroni di NRG ha perfino scritto un’ode alla colonizzazione:
“Quando si riflette sulle ragioni per le quali gli USA e l’occidente hanno perso l’Egitto, Tunisi, lo Yemen e forse anche altri paesi in Medio oriente, si dimentica una cosa. Il peccato originale è stato commesso subito dopo la seconda guerra mondiale, quando, su pressione degli USA e dell’Unione Sovietica, si è posto fine ad un’ eccellente forma di governo che assicurava pace e sicurezza in Medio Oriente (e in altre parti del Terzo Mondo)… Più di 60 anni sono trascorsi da quando gli stati arabi e i paesi dell’Africa sono stati liberati dal “giogo coloniale”, ma ancora oggi non ci sono università arabe, scienziati africani, o prodotti di consumo del Medio oriente che abbiano conquistato il mondo.


La paura e i Fratelli Mussulmani
Anche se pochi commentatori sono reazionari come Hazroni, una prospettiva orientalista colora tutte le discussioni sull’Egitto, prospettiva che produce l’effetto di rafforzare la paura dell’Islam già fortissima in Israele.
L’Islam politico viene costantemente presentato e considerato come una forza minacciosa e opposta alla democrazia.
E’ per questo motivo che, secondo gli analisti israeliani, i manifestanti – la generazione Facebook e Twitter – sono meritevoli di simpatia ma anche molto ingenui. Tutti qui pensano che succederà loro quello che è già successo agli intellettuali iraniani che hanno lottato contro lo scià.
L’esperto di “affari arabi” del secondo canale ha spiegato che “il fatto che i Fratelli Mussulmani non si vedano, non significa che non ci siano”, e un altro esperto ha invitato i telespettatori a non “farsi ingannare dalle parole di El Baradei, perché dietro di lui ci sono i Fratelli Mussulmani”.
Secondo questi oracoli, i Fratelli Mussulmani hanno assunto la decisione tattica di non distribuire le bandiere islamiche e di non prendere parte attiva alle manifestazioni. Un commentatore ha dichiarato che se vincono i Fratelli Mussulmani, allora le elezioni saranno la fine del processo (democratico) e non l’inizio”, e un presentatore del canale 10 ha chiesto all’ex ministro Binyamin ben Eliezer se quelli che pensano: Che bello finalmente un Egitto democratico, siano degli ingenui”
Il ministro ha risposto: “Fatemi ridere. Noi vogliamo una democrazia in Iran e a Gaza. Per immaginare ciò occorre ignorare che da dieci anni è in corso una lotta gigantesca tra Sunniti e Sciiti che ha fatto scorrere fiumi di sangue. Quelli che parlano di democrazia in Egitto non sono consapevoli della realtà nella quale viviamo”.


La minaccia democratica

La risposta di Ben Eliezer è rivelatrice, soprattutto perché è notorio che Israele sosteneva il regime dello scià in Iran e non si è mai dimostrata una sostenitrice particolarmente entusiasta della democrazia palestinese. Il governo israeliano considera la democrazia in Medio oriente prima di tutto e soprattutto come una minaccia agli interessi di Israele.
Dan Margalit, un commentatore noto, ha chiarito questo punto spiegando che Israele non è contro la democrazia nei più grandi paesi arabi, ma semplicemente considera gli accordi di pace con l’Egitto più importanti.
Israele, bisogna dire, non è il solo paese ad avere questo approccio egoista; la maggior parte dei paesi occidentali lamentano continuamente la mancanza di democrazia nei paesi arabi, sostenendo contemporaneamente i dittatori e aiutandoli a mantenere il potere. In francese questo comportamento ha un nome: si chiama ipocrisia.


Neve Gordon è l’autore de “l’occupation israélienne” e lo si può leggere sul suo sito web.

Per consultare l’originale:
http://english.aljazeera.net/indept...


 

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