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Afrique Asie, febbraio 2008

 

Guinea Conakry – Kouyaté, il primo ministro nominato dopo gli accordi del gennaio 2007, vuole  davvero prendere il posto del presidente Conté? Mentre i due Lansana si affrontano, il popolo, pronto a esplodere ancora, continua a soffrire.



Gioco di potere a Conakry

 

di Roger Lahouès



 

“Quello che va, quello che non va”, è una delle nuove trasmissioni di successo della Radio Televisione Guineana. E’ stata creata da Justin Morel Junior, ministro delle comunicazioni, licenziato all’inizio di gennaio dal presidente Lansana Conté. Come si capisce dal nome del programma, si tratta di giocare lealmente col pubblico, mostrandogli la realtà del paese, senza trucchi né paraocchi. Ma nella Guinea di oggi una tale trasmissione costituisce un azzardo. Gli accordi del 27 gennaio 2007 avevano costretto un capo dello Stato insultato da un popolo affamato a nominare un primo ministro imposto dai sindacati e dalla società civile. L’accordo che si è raggiunto dopo ha certamente permesso di evitare il caos tanto temuto, ma non è riuscito a risanare i comportamenti politici. “Oggi in Guinea – afferma con decisione un commerciante di Kaloum – quando va bene, è grazie al governo di Lansana Kouyaté. E quando non va bene, è colpa di Lansana Conté che gli mette i bastoni tra le ruote. Morale della favola: non si sa più a chi credere tra questi politici”.
Se la nomina di Lansana Kouyaté, diplomatico di provata esperienza, aveva suscitato qualche speranza di cambiamento in Guinea, queste sono oramai svanite di fronte alle manovre in corso all’interno del sistema di potere, dove i due gruppi contrapposti si guardano in cagnesco.
La calma momentanea sul fronte sociale, conseguenza del cambiamento di governo nel marzo scorso, non ha toccato il campo politico guineano, rimasto uguale a sé stesso e passabilmente mediocre.

 

Uomini nuovi

“Mentre il popolo attende risultati che migliorino la sua situazione – impreca un universitario di Conakry – tutto fa pensare che il primo ministro si sia dato come principale obiettivo quello di prendere il posto del presidente Conté che, naturalmente, non ha nessuna intenzione di cederglielo”.
Questo ragionamento, che comincia a prendere piede in Guinea, solo la primavera scorsa non sarebbe stato nemmeno pensabile, quando il nuovo governo coi suoi uomini nuovi suscitava l’euforia del popolino, contentissimo di avere avuto la pelle dei dinosauri. E i primi passi di Kouyaté e dei suoi collaboratori per rilanciare l’economia, confortavano questa opinione. Venivano tirati fuori dal cassetto progetti di sviluppo, i finanziatori internazionali ritornavano nel paese (Il FMI ha approvato ad inizio di anno un programma triennale per la Guinea del valore di circa 75,2 milioni di dollari, cosa che non si era più vista dal 2002), insieme a qualche investitore potenziale. “Tutto questo non faceva piacere ai papaveri del regime Conté, che si sono impegnati nel sabotaggio delle iniziative del governo di consenso”, questa è l’analisi di un sindacalista, membro di una delle centrali sindacali che hanno paralizzato il paese nel gennaio 2007 con uno sciopero generale durante il quale si sono contate più di un centinaio di vittime.
Ed è senz’altro vero che lo zoccolo duro dei sostenitori del presidente non si è mai rassegnato. Una testimonianza di questa permanente contrapposizione è stata fornita alla fine dell’anno, quando è circolato tra i media un testo al vetriolo contro il governo. Era stato presentato come il messaggio di auguri alla Nazione del Capo dello Stato, mentre in realtà era solo un falso realizzato – sembra – dall’entourage di Conté, in condizioni ancora misteriose.
Vi è stato poi il progetto di decreto per la ristrutturazione del governo, onde consentirgli di lavorare più efficacemente. Depositato dal primo ministro all’ufficio di presidenza per la firma, ne è uscito completamente stravolto. Da ambienti vicini al capo del governo si punta il dito verso l’entourage del presidente della Repubblica. Invece di ristrutturare i ministeri, dove coabitano qualche volta due segretari generali concorrenti, il decreto suppostamente firmato da Conté realizza piuttosto una nuova spartizione del potere, a detrimento delle prerogative del primo ministro, al quale fanno ordinariamente capo, dopo gli accordi del gennaio 2007, la gran parte delle competenze dell’esecutivo. Per calmare le acque, Lansana Kouyaté ha preferito parlare di “errori”, invitando il capo dello Stato a correggerli.
Numerosi osservatori ritengono, tuttavia, che l’attivismo di questi ultimi mesi nel campo presidenziale derivi dalla sicurezza acquisita che Kouyaté non farà altro che realizzare i punti indicati nella sua lettera di incarico del 27 gennaio 2007, per poi dimettersi. In realtà starebbe cercando di indebolire il presidente per occuparne il posto. Kouyaté ha smentito sì queste ipotesi, ma non c’è stato niente da fare. I partigiani di Conté ne trovano conferma nella zizzania messa oramai nel partito presidenziale, dove due parti continuano a opporsi, una fedele al presidente e l’altra che sembra vicina al primo ministro. “Che un cittadino guineano – sottolinea un partigiano di Kouyaté – perfino un primo ministro, ambisca a diventare un giorno presidente della Repubblica, io non capisco che problema ci sia”.
Là dove rischia di avere dei problemi, se questa è davvero l’ambizione nascosta di Kouyaté, è che dovrà allora dimettersi dalle sue funzioni, per non avallare il sospetto, nutrito dai suoi avversari, che egli utilizzi la sua attuale carica come uno strumento per conquistare il potere dello Stato.
I partigiani di Conté contano il numero dei reportage di stampa che esaltano l’azione del governo, così come gli attacchi appena velati di quello che è oramai un avversario politico. Nel palazzo presidenziale si danno da fare. Si lavora a indebolire i movimenti sindacali e la società civile, fino ad ora interamente schierati per il cambiamento e la cacciata di Conté. Cosa che non manca di produrre conseguenze. I partiti politici si svincolano dagli appelli allo sciopero e a Conakry si rincorrono le voci di corruzione e di compravendita dei dirigenti associativi o sindacali.

 

Tregua sociale

Col passare del tempo, la popolazione si spazientisce. I responsabili degli eccidi del gennaio 2007 non sono stati ancora sottoposti ad una inchiesta. Malgrado la riduzione dell’inflazione, i prodotti di prima necessità sono sempre inaccessibili per i più. A Conakry si tocca qualche volta il grottesco: gli importatori di riso, la derrata più consumata nel paese, pagano oramai delle scorte militari per trasportare la preziosa mercanzia dal porto ai magazzini. Lo sciopero illimitato che doveva di nuovo paralizzare il paese ad inizio di anno è stata evitato per un pelo e sospeso fino al 31 marzo. I due campi contrapposti profitteranno di questa tregua per riprendere il controllo e calibrare la loro azione sul rispetto degli accordi di un anno fa? E’ come dire che la soluzione della crisi va bene al di là della semplice reintegrazione nelle sue funzioni dell’ex ministro della comunicazione, fervente sostenitore di Kouyaté e “nemico” dichiarato del campo presidenziale.