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Conflitti al vertice e protesta sindacale

 

In Guinea, fine di un regno senza fine

 

Il breve ricovero, in Svizzera, del presidente guineano Lansana Conté, a fine marzo, ha rilanciato le speculazioni su una sua possibile morte durante il mandato. Il ritorno del capo dello stato non ha risanato una crisi che è anche sociale, come ha dimostrato lo sciopero generale di febbraio. Un colpo di stato avrebbe effetti imprevisti in una regione dalle frontiere instabili in cui circolano armi e mercenari.

 

di Odile Goerg * (Le Monde Diplomatique, aprile 2006)

 

«Questo è un giorno storico. Gli abitanti della Guinea erano bloccati dalla paura. Adesso è finita», esclama Luis M'bemba Sumah del Sindacato libero degli insegnanti e docenti-ricercatori della Guinea (Sleeg), dopo il successo dello sciopero che, lanciato per ottenere una rivalutazione delle retribuzioni, ha paralizzato il paese per diversi giorni, a fine febbraio 2006. Infatti, questo movimento ha espresso il mutato atteggiamento della gente della Guinea, ancora segnata dal clima di delazione e di repressione lasciato in retaggio dagli anni di Sekou Touré (1). Inoltre, rende ancora un poco più fragile un potere autoritario indebolito dalla interminabile malattia del capo dello stato, Lantana Conté, sempre più infermo (soffrirebbe di diabete o di leucemia). In seguito all'appello lanciato dalla Centrale nazionale dei sindacati di Guinea (2), Conakry e i grandi centri del paese sono stati praticamente città morte per ben 5 giorni.
Dopo aver rifiutato qualsiasi negoziato diretto, ed esercitato forti pressioni sugli scioperanti, il governo alla fine ha dovuto stipulare un accordo il 4 marzo, accordo negoziato sotto la direzione del presidente dell'Assemblea nazionale El-hadj Abubacar Somparé e non invece del primo ministro Cellu Dalein Diallo. L'episodio conferma quindi il declino del potere del primo ministro. Presentato alla sua nomina nel dicembre 2004 come l'uomo del presidente, scelto nonostante il parere contrario di ministri importanti, Diallo si trova sempre di più con le mani legate. E tuttavia, i progetti non gli mancavano: instaurare il controllo di valuta all'uscita, risanare la situazione delle dogane, controllare la gestione dei grandi gruppi, minacciando così gli interessi dei profittatori.
Il paese non aveva più assistito a un movimento sociale di tali dimensioni dal lontano 1984. È grande quindi il contrasto con la delusione che ha fatto seguito alle elezioni regionali e comunali nel dicembre 2005, vinte dal partito al potere, il Partito per l'unità e il progresso (Pup). L'Unione per il progresso e il rinnovamento (Upr), una delle poche formazioni che non abbia boicottato quelle elezioni visibilmente manipolate, aveva deciso allora di lasciare l'Assemblea nazionale come segno di protesta contro i brogli elettorali.
E tuttavia, la sorte della Guinea rimane sospesa a quella del suo presidente Lantana Conté, al potere da ben 22 anni (3), che rimane aggrappato al potere nonostante una salute visibilmente declinante, paralizzando un paese la cui situazione economica e sociale si degrada continuamente. Nonostante gli introiti dei suoi minerali, principalmente la bauxite (4), ma anche oro, diamanti e ferro, la Guinea è ancora un paese povero, il 156° su 177 nella scala dello sviluppo umano del programma dell'Onu per lo sviluppo (Unpd). Dopo le speranze destate nel 1984 dalla scomparsa di Sekou Touré, lo sviluppo economico riguarda soltanto settori molti limitati, in particolare le enclave minerarie.
Mentre una minoranza che gravita attorno al potere si arricchisce attingendo alla cassa pubblica prima che sia troppo tardi, la maggioranza degli abitanti fa sempre più fatica a vivere (5).
L'aumento repentino e frequente del prezzo della benzina accelera l'inflazione, fa rincarare il costo dei trasporti, che incide molto sul bilancio delle famiglie, e di conseguenza su quello di tutte le merci. Il sacco di riso importato di 50 chili è passato da 65.000 franchi della Guinea nel gennaio 2005, a 85.000 franchi sei mesi dopo, e a circa 100.000 franchi oggi (l'equivalente di 18 euro).
Se si calcola che la retribuzione media di un funzionario oscilla tra i 200.000 e i 300.000 franchi della Guinea (da 34 a 50 euro) che per una famiglia media servono tre sacchi al mese, senza contare il prezzo della salsa, ma anche il vestiario, l'affitto..., ci si può far un'idea del degrado del tenore di vita. Si ritiene che il 90% del bilancio di una famiglia serva per l'acquisto di cibo. Lo stato tenta di stabilire arbitrariamente un prezzo massimo per alcuni prodotti alimentari, ma non ha affatto i mezzi per farlo rispettare dai commercianti che, a loro volta, devono far fronte a un rincaro dei costi: i suoi stessi agenti spesso sono i primi a provocare gli aumenti o a alimentare un mercato parallelo. I doni alimentari finiscono spesso in mani improprie.
Esiste un netto contrasto tra le retribuzioni e il costo della vita, tra i salari effettivi e alcuni status symbol. Come spiegare, infatti, lo sfoggio dei segni più lussuosi della ricchezza, ville grandiose in stile italianizzante post-moderno, costruite dietro alte mura sormontate da filo spinato, il moltiplicarsi dei fuoristrada, l'onnipresenza dei cellulari... Queste manifestazioni di opulenza si trovano a contatto di gomito con la miseria più clamorosa (aumento del numero dei mendicanti, estremo degrado delle infrastrutture pubbliche...). L'inflazione galoppante e l'assenza di qualsiasi prospettiva spiegano il caos principale, ma anche i segni di malcontento, come appunto lo sciopero del febbraio 2006.
Tuttavia, è difficile valutare le possibilità di mutamento politico, e le speculazioni hanno facile gioco sulle conseguenze di un eventuale decesso del campo dello stato prima della scadenza del suo mandato, nel 2010. Arrivato al potere in maniera fortuita alla morte di Sekou Touré, nell'aprile 1984, il generale Lantana Conté è riuscito a mantenervisi cambiando spesso la casacca. Inizialmente si impone all'interno del Comitato militare di risanamento nazionale (Cmrn) eliminando, nel 1985, il colonnello Diarra Traoré, autore di un presunto tentativo di colpo di stato. Vengono giustiziati circa quaranta dignitari del passato regime, senza giudizio e senza processo. Dopo di che Conté guida il paese con pugno di ferro.
Tuttavia, per effetto delle pressioni internazionali, poco a poco indossa le vesti del democratico. Nel dicembre 1990, è approvata per via referendaria una nuova Costituzione che prevede il multipartitismo.
Eppure, sebbene i partiti politici siano autorizzati, le loro attività rimangono sotto rigoroso controllo. I dirigenti di partito sono sottoposti a sorveglianza, l'accesso ai media è limitato, è difficile organizzare comizi. Nel dicembre 1993, Conté lascia la divisa militare per creare un partito politico, il Partito per l'unione e il progresso (Pup), e si presenta alle prime elezioni presidenziali. Eletto per un mandato di 4 anni, viene poi rieletto nel dicembre 1998.
Ogni volta l'opposizione, divisa, protesta contro i brogli e il monopolio dei media nelle mani del Pup. Infatti, la libertà di espressione riguarda soltanto la stampa - pochissimo diffusa, - e il suo allargamento alla radio - molto ascoltata da una popolazione analfabeta - non sempre è reale, nonostante le pressioni internazionali. Malgrado un decreto presidenziale, pubblicato nell'agosto 2005, le radio locali sono praticamente inesistenti. Per contro, procedono i negoziati che mirano a riconoscere a Radio France internazionale (Rfi), alla Bbc e ad Africa n° 1 la possibilità di trasmettere programmi in modulazione di frequenza.
Nel 2006, Conté figura fra i presidenti africani di più lungo corso, in compagnia del gabonese Omar Bongo (al potere da 39 anni), lo zimbabwuano Robert Mugabe (26 anni), il camerunese Paul Biya (24 anni). Infatti, un referendum effettuato nel novembre 2001 gli ha permesso di prolungare il suo mandato da 5 a 7 anni, di eliminare il limite di età e l'interdizione a presentarsi per tre volte alle elezioni presidenziali. Grazie a questo sotterfugio, Conté, nato nel 1934, è stato rieletto nel dicembre 2003. Sia il referendum di revisione costituzionale che le elezioni sono stati boicottati dall'opposizione, riunita nel Fronte repubblicano per l'alternanza democratica (Fradi). La presenza di un unico oppositore, incoraggiato dal potere (6), non ha ingannato nessuno sulla realtà della prova elettorale.
Gravemente infermo, pare che il presidente Conté non abbia presieduto il consiglio dei ministri da oltre un anno e mezzo. Risiede per lo più nel suo villaggio di Wawa, a 80 chilometri dalla capitale, Conakry.
La morte del capo dello stato in carica sarebbe poco favorevole ad una apertura democratica. Infatti, in caso di decesso, la Costituzione prevede che il presidente dell'Assemblea nazionale, El Hadj Abubacar Somparé, ex ambasciatore in Francia ai tempi di Sekou Touré e membro del Pup, assuma la presidenza ad interim per 60 giorni, dopo di che avranno luogo le elezioni. Questa scadenza troppo breve faciliterebbe la permanenza in carica dello stesso personale politico (7). E molti ritengono che le strutture del partito al potere crolleranno con la stessa velocità di quelle del Partito democratico di Guinea (Pdg) alla morte di Sekou Touré.
Inoltre, gli abitanti della Guinea non nutrono alcuna illusione nei confronti di una classe dirigente, quale che sia, priva sia di progetti che di mezzi. Senza contare poi il fatto che il governo ha screditato per molto tempo i partiti politici, facendo leva soprattutto sulla spaccatura, presunta o reale che fosse, tra coloro che sono rimasti ai tempi della dittatura e gli esiliati di ritorno (i «diaspo»).
Il presidente inoltre lancia i suoi strali contro l'etnicizzazione dei partiti (a ognuno il suo popolo o la sua regione), pur strumentalizzando le differenze etniche o regionali, quando invece Sekou Touré esaltava la nazione. Difficile dire, peraltro, fino a che punto questo sia un atteggiamento profondamente radicato o semplicemente di facciata.
Malgrado tutto, alcune personalità dell'opposizione emergono con forza: Alpha Condé, leader dell'Rpg (Rassemblement du peuple de Guinée) è rientrato nel paese nel luglio 2005. Arrestato nel dicembre 1998 e condannato a 5 anni di carcere nel settembre 2000, era stato liberato in anticipo sui termini, nel 2001, grazie alle pressioni internazionali.
Sidya Turé, ex primo ministro, leader dell'Ufr (Union des forces républicaines) gode di grande popolarità a Conakry, dove aveva rilanciato l'urbanismo e le infrastrutture elettriche.
Spesso si evoca l'ipotesi di un colpo di stato militare nel caso di morte improvvisa del capo dello stato. Già nel 1996 un ammutinamento, suscitato da rivendicazioni corporativiste (aumento dei salari...) era sfociato nell'attacco del Palazzo delle Nazioni - costruito come sede di una riunione dell'Organizzazione dell'unità africana (Oua) che poi non ha avuto luogo - sempre in rovina. In seguito, l'esercito, su cui si basa il potere di Conté, è stato trattato con i guanti gialli: sono state rivalutate le paghe militari, sono in costruzione nuove caserme nella capitale, e si chiudono gli occhi sui numerosi storni di fondi. Come in altri paesi africani, l'esercito costituisce uno strumento politico importante (8): arruolamento, promozione o, invece, licenziamento consentono di sfruttare le rivalità interne, di ricompensare o di punire. E così, il 4 novembre 2005, oltre 1800 fra soldati e ufficiali sono stati mandati in pensione allo scopo di promuoverne altri, su richiesta dello stato maggiore. La visita di Kerfalla Camara, capo di stato maggiore e uomo del regime di Sekou Touré e del Comitato militare di risanamento nazionale (Cmnr), a Parigi, nel febbraio 2006, e il fatto di essere stato ricevuto dalle autorità militari francesi, hanno fatto di lui una sorta di candidato ufficiale alla successione.
L'incertezza politica alimenta i conflitti di potere nella cerchia del presidente e la disorganizzazione amministrativa in tutto il paese. Una situazione ancor più preoccupante, considerando che la Guinea si inserisce in un equilibrio regionale già instabile. Nonostante il ritorno della pace, la Liberia e la Sierra Leone (9) sono ancora fragili, mentre la Costa d'Avorio è sempre un vulcano di difficile controllo (10). Armi e mercenari continuano a circolare in questa regione dalle frontiere permeabili. In Guinea ci sono ancora molti rifugiati, tra cui 35.000 liberiani, 3.500 ivoriani e 1.000 sierralionesi.

 

note:
* Storica, Università Parigi VII - laboratorio «Società in sviluppo nello spazio e nel tempo» (Sedet) del Cnrs.

(1) Nel 1958, sotto la spinta di Ahmed Sekou Touré (1922-1984) i guineani hanno bocciato con il referendum la partecipazione del proprio paese alla «Comunità francese» proposta dal generale de Gaulle. Alle speranze suscitate in una prima fase, Sekou Touré ha poi sostituito una dittatura di cui è triste simbolo il campo Boiro, luogo dove hanno trovato la morte migliaia di guineani.

(2) La Confederazione nazionale dei lavoratori di Guinea (Cntg), diretta da Hadja Rabyatu Sera Diallo, e l'Unione sindacale dei lavoratori di Guinea, diretta da El Hadj Ibrahima Fofana.

(3) Leggere Michel Galy «Le vol suspendu de la Guinée», Le Monde diplomatique, dicembre 2003.

(4) Sfruttato soprattutto dalle multinazionali Alcan (Canada) e Alcoa (Stati uniti).

(5) Nadine Bari, Chroniques de Guinée. Essai sur la Guinéee des années 1990,Karthala, nuova edizione 2002; L'oeil du héron, Tabala, Cronakry, 2005.

(6) Mamdou Bhoye Barry, deputato dell'Unione per il progresso nazionale, legato al Pup.

(7) Vedere ad esempio, «Guinéee. Conjurer la descente aux enfers», rapporto Africa n. 94, 14 giugno 2005 dell'International Crisis Group Africa (Dakar, Bruxelles). Tale scenario è confermato dal caso del Togo.

(8) Leggere Anatole Ayissi, «La montée de la misère et le retour des généraux», «Résistances africaines», Manière de voir n° 79, febbraio-marzo 2005.

(9) Leggere Michel Arsenault, «Sierra Leone, per la giustizia/per la riconciliazione», Le Monde diplomatique/il manifesto, ottobre 2005.

(10) Leggere Colette Braeckman, «Aux sources de la crise ivorienne», Manière de voir n° 79, «Résistances africaines», febbraio-marzo 2005.
(Traduzione di R. I.)