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12.2.2007


La nomina di un Primo ministro non ha calmato le acque in Guinea-Conakry. Al contrario, i sindacati e l’opposizione contestano la scelta del presidente Lansana Conté. Oramai ne reclamano le dimissioni. Vi sono state delle manifestazioni cruente: domenica il bilancio è stato di 18 morti.
La nomina, venerdì scorso, del ministro Eugène Camara a primo ministro doveva mettere fine al conflitto che oppone da gennaio il governo ai sindacati.
Dopo uno sciopero generale di 18 giorni, i sindacati avevano ottenuto l’impegno che sarebbe stato nominato un capo di governo capace di raccogliere un ampio consenso. Eugène Camara, l’uomo scelto dal presidente Conté, è ritenuto un uomo onesto e moderato. Ma l’opposizione e i sindacati ne hanno chiesto le dimissioni perché lo considerano troppo vicino al capo dello Stato.
Di colpo, sabato scorso sono riprese le manifestazioni. Nella banlieue di Conakry, barricate erette dai manifestanti hanno bloccato le principali arterie. Le agenzie di stampa riferiscono che all’interno del paese, dei giovani manifestanti hanno saccheggiato, depredato e in qualche caso incendiato gli edifici pubblici di numerose città.
Secondo l’AFP, tre giovani, che facevano parte del gruppo che aveva eretto barricate nella banlieue della capitale, sono stati uccisi dalle forze dell’ordine a Bonfi e Matam.
A Kankan (600 km a ovest di Conakry) negli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine sono morte quattro persone, tra cui un soldato. Il suo corpo è stato bruciato. Si tratta del primo militare morto dallo scoppio delle violenze in gennaio. A Faranah (centro), secondo le testimonianze raccolte dall’agenzia francese, sono morti un manifestante e un prigioniero. Sempre secondo l’AFP, a Conakry una residenza privata del presidente della Guinea-Bissau Joao Bernardo Vieira, amico da lunghi anni del presidente Conté, è stata saccheggiata.
“Per la salvezza della Guinea, perché le proteste non siano strumentalizzate ad altri fini, i sindacati chiedono le dimissioni pure e semplici del nuovo primo ministro, per il bene della Guinea” ha dichiarato il portavoce dei sindacalisti Alpha Barry. “Lo sciopero continua”, ha aggiunto.
L’opposizione va ancora oltre ed esige le dimissioni del presidente Conté. “Più che di uno sciopero, si tratta di una insurrezione che non può terminare se non con l’allontanamento di Lansana Conté. Il presidente rifiuta di guardare in faccia la realtà”, ha da parte sua dichiarato Mamadou Ba, portavoce di un gruppo di opposizione.
La crisi in Guinea era scoppiata il 10 gennaio scorso con un movimento di protesta diretto da diversi sindacati. Essi volevano denunciare, tra l’altro, la corruzione, l’aumento del costo della vita e l’ingerenza di alcuni grossi papaveri dello scacchiere politico negli affari giudiziari.

Nota tecnica

La Repubblica di Guinea, chiamata comunemente Guinea-Conakry, è un paese dell’Africa dell’ovest che confina col Senegal, la Guinea-Bissau, il Mali, la Costa d’Avorio, la Liberia e la Sierra Leone. Bagnato dall’oceano atlantico, la Guinea è il paese sorgente di 22 fiumi africani, tra i quali il Niger e il Senegal. E’ una repubblica presidenziale e il capo dello Stato è eletto a suffragio universale con un mandato di 7 anni. Il primo ministro è designato dal capo dello Stato. Il generale Lansana Conté è stato eletto il 5 aprile 1984. Il potere legislativo è attribuito a un Parlamento di una sola camera, l’Assemblea nazionale, dove siedono 114 deputati eletti con un mandato di 5 anni. Dopo l’instaurazione del multipartitismo, nell’aprile 1992, sono stati riconosciuti una quarantina di nuovi partiti.




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