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Le Grand Soir, 20 giugno 2015 (trad. ossin)


Il debito greco è illegale, illegittimo e odioso

Commissione per la verità sul debito greco


“il FMI sapeva perfettamente che le misure avrebbero avuto un costo sociale ed economico terribile”

Le prove presentate nel rapporto del comitato internazionale dimostrerebbero che il debito provocato dai piani di austerità costituisce una violazione diretta dei diritti fondamentali dell’uomo. Il comitato sarebbe giunto alla conclusione che la Grecia non dovrebbe pagare questo debito perché è illegale, illegittimo e odioso


Sintesi del rapporto della Commissione per la verità sul debito greco

Nel giugno 2015, la Grecia si trova ad un incrocio. Deve scegliere tra la prosecuzione dei programmi di aggiustamento macroeconomici imposti dai creditori o spezzare le catene del debito. Cinque anni dopo l’avvio dei programmi di aggiustamento, il paese resta sprofondato in una grave crisi economica, sociale, democratica ed ecologica. La scatola nera del debito non è stata aperta. A oggi, nessuna autorità, greca o internazionale, ha cercato di fare luce sulle cause e sulle modalità di assoggettamento della Grecia al regime della troika. Il debito, in nome del quale nulla è stato risparmiato alla popolazione, resta il dogma in nome del quale viene imposto un programma di aggiustamento neo-liberale che si accompagna alla più profonda e lunga recessione mai conosciuta in Europa in tempo di pace.

Affrontare l’insieme dei problemi sociali ed economici è una necessità imperativa, oltre ad una responsabilità sociale. Prendendo atto di ciò, il Parlamento Ellenico ha istituito, nell’aprile 2015, la Commissione per la Verità sul Debito pubblico greco. Ha ad essa conferito il mandato di investigare sull’origine e la crescita di questo debito, sui modi in cui esso è stato contratto e le ragioni che lo hanno provocato, infine sull’impatto che esso ha avuto sull’economia e la popolazione, i condizionamenti legati a questi contratti. La Commissione per la Verità ha il compito di favorire una presa di coscienza sulle questioni relative al debito greco, tanto sul piano interno che a livello internazionale, di formulare argomentazioni e proporre scenari relativi ad un possibile annullamento dello stesso.

Le ricerche presentate dalla Commissione nel suo rapporto preliminare mettono in luce il fatto che il programma di aggiustamento cui la Grecia è stata sottomessa era, e resta nella sua integralità, un programma politicamente orientato. L’analisi tecnica costruita su variabili macroeconomiche e proiezioni – dati che sono in diretta relazione e con la vita della popolazione e con i suoi mezzi di sussistenza – ha consentito di riportare la discussione sul debito ad un livello tecnico. Le discussioni hanno principalmente riguardato la tesi secondo cui le politiche imposte alla Grecia avrebbero dovuto permetterle di rimborsare il debito. I fatti presentati in questo rapporto dimostrano tutto il contrario.

Gli elementi evidenziati nel rapporto dimostrano in tutta evidenza che la Grecia, non solo non è in grado di rimborsare il debito, ma che non deve rimborsarlo, prima di tutto perché il debito derivato dalle misure imposte dalla Troika costituisce una violazione specifica dei diritti umani fondamentali dei Greci. Siamo così giunti alla conclusione che la Grecia non deve pagare il debito, a causa del suo carattere illegale, illegittimo e odioso. E’ apparso anche alla Commissione che il carattere insostenibile del debito greco fosse evidente fin dall’inizio per i creditori internazionali, le autorità greche e i grandi media. Ciononostante, le autorità greche e taluni governi dell’Unione Europea si sono coalizzati per respingere l’idea di una ristrutturazione del debito nel 2010, con il solo obiettivo di proteggere le istituzioni finanziarie private. I grandi media ufficiali hanno nascosto la verità al pubblico, sostenendo che il piano di salvataggio avrebbe assicurato benefici alla Grecia, ripetendo in continuazione la storiella che la popolazione era costretta a pagare a causa dei suoi stessi errori.

I fondi versati nell’ambito dei programmi di salvataggio dal 2010 al 2012 sono stati gestiti dall’estero secondo schemi complessi, che impedivano qualsiasi iniziativa propria in materia di bilancio. L’utilizzazione di questi fondi è stata dettata in modo rigoroso dai creditori ed è risultato che meno del 10% del loro ammontare è stato destinato alle spese correnti del governo. Questo rapporto preliminare delinea un primo quadro della situazione relativo al debito e indica le principali violazioni giuridiche per quel che riguarda i contratti di prestito; pone anche le basi giuridiche sulle quali può essere invocata la sospensione unilaterale del pagamento. Tali conclusioni sono declinate in nove capitoli.

Capitolo 1 – Il debito prima della Troika – analizza l’aumento del debito pubblico greco dopo gli anni 1980. Conclude che tale aumento non è stato l’esito di spese pubbliche eccessive, restate in realtà meno rilevanti della spesa pubblica di altri paesi della zona euro. Il debito è risultato essere stato essenzialmente determinato dal pagamento ai creditori di tassi di interesse estremamente elevati, da spese militari eccessive e ingiustificate, da mancate entrate tributarie dovuta alla fuga illecita di capitali, dal costo per lo Stato della ricapitalizzazione delle banche private, e dagli squilibri internazionali derivanti da lacune nella disciplina dell’Unione Monetaria.

L’adozione dell’euro ha provocato in Grecia un drastico aumento del debito privato, al quale sono state esposte le grandi banche private europee e le banche greche. La crisi bancaria, aggravatasi, ha provocato una crisi del debito sovrano greco. Nel 2009, ponendo l’accento sul debito pubblico e gonfiando il deficit, il governo di George Papandreu ha voluto presentare come una crisi di debito pubblico quella che era in realtà una crisi bancaria.

Il capitolo 2 – l’evoluzione del debito pubblico dal 2010 al 2015 – dimostra che il primo accordo di prestito del 2010 mirava essenzialmente a salvare le banche private greche ed europee ed a consentire alle banche di ridurre la loro esposizione in titoli pubblici greci.

Il capitolo 3 – il debito pubblico greco da creditori nel 2015 – evidenzia il contenzioso che caratterizza l’attuale debito greco in relazione ai caratteri prevalenti dei prestiti che saranno analizzati dettagliatamente nel capitolo 8

Il capitolo 4 – i meccanismi di indebitamento in Grecia – svela i meccanismi sanciti dagli accordi entrati in vigore a partire dal 2010. Essi prevedevano la concessione di nuovi prestiti di importante ammontare da parte di creditori bilaterali e dal Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (FESF) accompagnati da costi abusivi, amplificatori peraltro della crisi. Questi meccanismi rivelano come la maggior parte dei soldi prestati siano stati direttamente trasferiti alle istituzioni finanziarie. Invece di portare benefici alla Grecia, hanno piuttosto accelerato il processo di privatizzazione attraverso l’utilizzazione di strumenti finanziari.

Il capitolo 5 – le condizioni insostenibili – illustra come i creditori abbiano imposto condizioni eccessive che, combinandosi con gli accordi sui prestiti, hanno prodotto la insostenibilità economica del debito. Queste condizioni, che i creditori si ostinano ancora ad esigere, hanno provocato il crollo del PIL, aumentando il debito pubblico, con un rapporto debito/PIL più elevato e tale da rendere ancora più insostenibile il debito greco. Ma hanno anche provocato mutamenti drammatici nella società e provocato una crisi umanitaria. Il debito pubblico greco può così considerarsi come assolutamente insostenibile, nell’attuale stato di cose.

Il capitolo 6 – impatto dei “programmi di salvataggio” sui diritti umani – mostra che le misure varate nell’ambito dei “programmi di salvataggio” hanno direttamente toccato le condizioni di vita del popolo e violato i diritti umani che la Grecia e i suoi partener hanno l’obbligo di assicurare, proteggere e promuovere, conformemente all’ordinamento nazionale, a quello dell’Unione Europea e quello internazionale vigenti. Gli aggiustamenti drastici imposti all’economia e alla società greca nel suo insieme hanno provocato un deterioramento rapido del livello di vita incompatibile con la giustizia sociale, la coesione sociale, la democrazia e i diritti dell’uomo.

Il capitolo 7 – Questioni giuridiche relative ai MOU (Memorandum of Understanding o Protocollo di accordo) e alle convezioni di prestito – sostiene che vi siano state violazioni in materia di diritti dell’uomo da parte della stessa Grecia e di quelli che le hanno fornito dei prestiti, vale a dire gli Stati membri della zona euro (i creditori), la Commissione europea, la Banca centrale europea e il Fondo Monetario Internazionale che hanno imposto queste misure alla Grecia. Tutti costoro non hanno voluto considerare le violazioni dei diritti dell’uomo derivanti dalle politiche che hanno costretto la Grecia ad applicare. Hanno direttamente violato la Costituzione greca privando il paese della maggior parte dei suoi poteri sovrani. In effetti gli accordi contengono delle clausole che hanno costretto la Grecia a rinunciare ad aspetti importanti della sua sovranità. Ciò è peraltro dimostrato dalla scelta del diritto inglese come quello applicabile a questi contratti, nel tentativo di aggirare più agevolmente la Costituzione greca e gli obblighi internazionali in materia di diritti umani. La messa in discussione dei diritti umani e degli obblighi del diritto consuetudinario, la rilevazione di diverse prove di mala fede da parte dei contraenti e il loro carattere irragionevole, tutto ciò pone in discussione la validità stessa dei contratti.

Il capitolo 8 – valutazione del carattere illegittimo, odioso, illegale o insostenibile del debito – esamina il debito pubblico greco tenuto conto delle definizioni adottate dalla Commissione a proposito dei debiti illegali, illegittimi, odiosi e insostenibili. Esso giunge alla conclusione che, nel giugno 2015, il debito pubblico greco é insostenibile, perché la Grecia non può pagarlo senza nuocere gravemente alla propria capacità di adempiere ai suoi più elementari doveri in materia di diritti umani. Peraltro il rapporto dimostra la presenza in questo debito di elementi illegali, illegittimi e odiosi, e ciò in relazione a ciascun gruppo di creditori.

Il debito verso il FMI deve considerarsi illegale in quanto esso è stato disciplinato in violazione dello stesso statuto del FMI e in quanto le condizioni poste violano la Costituzione greca, le norme di diritto consuetudinario internazionale e i trattati firmati dalla Grecia. Esso è illegittimo perché le condizioni imposte comprendono alcune che violano gli obblighi in materia di diritti umani. Infine è odioso, perché il FMI sapeva perfettamente che le misure imposte erano antidemocratiche, inefficaci e avrebbero determinato gravi violazioni dei diritti socio-economici,

Il debito verso la BCE deve considerarsi illegale perché la BCE è andata oltre il proprio mandato, imponendo l’applicazione di programmi di aggiustamento macroeconomico (per esempio la deregolamentazione del mercato del lavoro), e ciò attraverso l’intermediazione della sua partecipazione alla Troika. Il debito verso la BCE è anche illegittimo e odioso, in quanto l’obiettivo del Securities Market Programme (SMP) serviva di fatto a tutelare gli interessi delle istituzioni finanziarie, permettendo alle principali banche private greche ed europee di sbarazzarsi delle loro obbligazioni greche.

Il FESF ha concesso prestiti oltre le liquidità da considerarsi illegittimi in quanto l’articolo 122 (2) del TFUE non è stato rispettato e perché questi prestiti violano anche un certo numero di diritti socio-economici e di libertà civiche. Inoltre l’accordo quadro del FESF del 2010 e il Master Financial Assistance Agreement del 2012 contengono diverse clausole abusive che testimoniano di un atteggiamento immorale da parte dei creditori. Il FESF viola inoltre i principi democratici, ciò che rende questo debito illegittimo e odioso.

I prestiti bilaterali devono considerarsi illegali in quanto violano le procedure specifiche stabilite dalla Costituzione greca. I prestiti rivelano comportamenti immorali da parte dei creditori e presentano condizioni che contravvengono ai poteri del governo. Vi è violazione tanto dell’ordinamento dell’Unione Europea, che del diritto internazionale, quando i diritti umani vengono compressi da programmi macroeconomici. I prestiti bilaterali sono peraltro illegittimi in quanto non sono stati contratti nell’interesse della popolazione, ma solo per salvare i creditori privati delle Grecia. Infine i prestiti bilaterali sono odiosi in quanto nel 2010 e nel 2012 gli Stati che prestavano e la Commissione Europea, pur ben coscienti di queste violazioni potenziali, si sono ben guardati da valutare l’impatto che avrebbero avuto sui diritti umani gli aggiustamenti macroeconomici e i consolidamenti di bilancio che erano posti come condizione dei prestiti.

Il debito verso i creditori privati deve ritenersi illegale perché le banche private si sono comportate in modo irresponsabile prima ancora della Troika, non attenendosi ad una ragionevole diligenza e, talvolta, come nel caso dei fondi speculativi, agendo in mala fede. Un parte del debito verso le banche private e i fondi speculativi sono illegittimi per le stesse ragioni per le quali sono illegali; inoltre era illegittimo che alcune banche greche venissero ricapitalizzate dai contribuenti. Il debito verso le banche private e i fondi speculativi è odioso, in quanto i principali creditori erano ben coscienti che tale debito non veniva contratto nell’interesse della popolazione ma solo per aumentare i propri utili.

Il rapporto si conclude con qualche considerazione pratica. Il Capitolo 9 – Fondamenti giuridici per il ripudio e la sospensione del debito sovrano greco – presenta diverse opzioni per l’annullamento del debito e espone soprattutto le condizioni nelle quali uno Stato sovrano può esercitare il suo diritto a ripudiare o sospendere unilateralmente il pagamento del debito nel diritto internazionale.

Vi sono diversi argomenti giuridici che consentono ad uno Stato di ripudiare i suoi debiti illegali, odiosi e illegittimi. Nel caso greco, una simile iniziativa unilaterale può fondarsi sui seguenti argomenti: la manifesta malafede dei creditori che hanno spinto la Grecia a violare il suo ordinamento giuridico nazionale e i suoi obblighi internazionali in materia di diritti umani; la prevalenza dei diritti umani sugli accordi conclusi dai governi precedenti con i creditori della Troika; la coercizione, la presenza di clausole abusive che violano la sovranità dello Stato greco; ed infine il diritto riconosciuto dall’ordinamento internazionale agli Stati, di adottare contromisure quando i creditori commettano atti illegali. Trattandosi di debiti insostenibili, ogni Stato ha un fondato diritto di appellarsi al concetto giuridico di stato di necessità, che consente ad uno Stato che debba fronteggiare una situazione eccezionale di salvaguardare uno dei suoi interessi essenziali minacciati da un pericolo grave e imminente. In una simile situazione, può sottrarsi all’adempimento di un’obbligazione internazionale come il rispetto di un contratto di prestito. Infine gli Stati possono dichiararsi unilateralmente insolventi quando il loro debito è insostenibile, e in tal caso non commettono alcun atto illegale e sono affrancati da ogni responsabilità.


La dignità del popolo greco vale più di un debito illegale, illegittimo, odioso e insostenibile

All’esito delle prime indagini, la Commissione ritiene che la Grecia sia stata e sia tuttora vittima di un tentativo di omicidio freddamente premeditato da parte di quel trio, composto dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Banca Centrale Europea e dalla Commissione Europea. Questo attacco violento, illegale e immorale, è stato realizzato con l’assenso degli Stati Europei che, invece di servire e difendere l’interesse generale, hanno preferito porsi al servizio delle banche e degli interessi particolari di una minoranza.

Mettendo questo rapporto a disposizione delle autorità greche e del popolo greco, la Commissione ritiene di avere portato a compimento la prima parte delle sua missione, così come definita dalla decisione del Presidente del Parlamento del 4 aprile 2015. La Commissione spera che il suo rapporto costituirà uno strumento utile per tutti coloro che vogliano uscire dalla logica mortifera dell’austerità, e che si levino per difendere ciò che oggi è in pericolo: i diritti umani, la democrazia, la dignità dei popoli e l’avvenire delle generazioni future.

Oggi, in risposta a coloro che gli impongono delle misure inique, il popolo greco potrebbe ricordare la frase di Tucidide quando ricordava il sistema di governo del suo popolo: “Essa è stata chiamata democrazia perché suo scopo è l’utilità del maggior numero di persone e non quella di una minoranza” (Orazione funebre di Pericle riportata da Tucidide nella “Guerra del Peloponneso”)