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Rosarno, tolleranza zero


Rosarno è un’anteprima, di molte cose. E’ la prima rivolta – disperata -  degli schiavi italiani, è il primo pogrom italiano contro i neri. Specialità del Ku Klux Klan e degli zar di Russia, che ne organizzavano periodicamente con grande efficienza contro gli ebrei quando ce n’era bisogno per risolvere problemi politici che niente avevano a che fare con loro. E in fondo anche Hitler non ha fatto cose tanto diverse, indirizzando abilmente le frustrazioni della Germania postbellica contro zingari, matti, ebrei e omosessuali.
Anche in quello che è successo a Rosarno c’è del metodo, e ci sono dei mandanti. La ‘ndrangheta certo, e quei padroni che hanno approfittato del casino per non pagare ai lavoratori immigrati il salario di fame che avevano fissato. Ma  anche altri, e non tutti di destra. Mandanti che possono individuarsi nel trasversale populismo politico nostrano. Basti ricordare che il primo atto di Veltroni, come presidente del nuovo Partito Democratico, fu la richiesta, subito accontentata, di un raid distruttivo della polizia contro un'incolpevole comunità romena, a mo' di vendetta per la barbara uccisione di Giovanna Reggiani. Qualcosa che ricorda le incursioni israeliane nella striscia di Gaza per punire la popolazione del fatto di essere palestinese, a conferma forse della particolare simpatia sempre dimostrata da  Veltroni per Israele.
Ma ovviamente la palma del migliore, come sempre in queste cose, spetta alla destra. Quella che strilla: Ordine per dio…… e che ha i suoi bravi scheletri negli armadi.
Si è distinto in questa storia Maurizio Gasparri, la cui storia è tutta dentro al Msi romano, con i suoi mazzieri, le sue squadre nere, le sue azioni di piazza. Ignazio La Russa era invece conosciuto a Milano come un dirigente (segretario regionale del Fronte della gioventù) di quella destra che si presentava davanti alle scuole e nelle piazze armata di catene e coltelli. C’è una foto che lo ritrae con Ciccio Franco, il caporione della rivolta di Reggio, e i leader del Msi milanese: è un’immagine del 12 aprile 1973, giorno della manifestazione indetta dal Movimento sociale “contro la violenza rossa”. Durante la manifestazione, furono lanciate due bombe a mano Srcm che uccisero il poliziotto Antonio Marino, 22 anni.
Ha un passato nero anche il dirigente della Lega nord Mario Borghezio, a lungo deputato e parlamentare europeo del partito di Umberto Bossi nonché sottosegretario alla Giustizia nel primo governo Berlusconi. In gioventù, è stato esponente di Giovane Europa, il movimento neofascista fondato dal belga Jean Thiriart, ex Waffen-SS che proclamava: «Il plastico sarà il megafono dell’anticomunismo nella seconda metà del ventesimo secolo». L’11 luglio 1976, Borghezio fu fermato dalla polizia nei pressi di Ventimiglia, con una cartolina firmata Ordine nuovo e indirizzata «al bastardo Luciano Violante», che da magistrato aveva indagato sul tentato golpe di Edgardo Sogno e sull’eversione nera in Piemonte. Il testo della cartolina, costellato di svastiche, era: «Viva Hitler. 10, 100, 1000 Occorsio». Il giudice Vittorio Occorsio era stato ucciso da Ordine nuovo il giorno prima. (Il Fatto)  
E che dire della “tolleranza zero” propugnata da Maroni, diventato ministro dell’interno nonostante la condanna definitiva per oltraggio a pubblico ufficiale (8 mesi in primo grado, ridotti a quattro mesi e 20 giorni in appello, ridotti ancora – dopo un intervento di depenalizzazione del reato da parte della Corte Costituzionale – alla pena pecuniaria di cinquemila euro). Un uomo, Maroni, la cui limpidezza e coerenza si poté apprezzare nel 1994, quando – già allora ministro dell’interno - dapprima firmò il decreto Biondi “salva ladri”, poi ne prese le distanze dicendo che “non l’aveva letto”.
Più o meno allo stesso modo, il presidente della Camera Gianfranco Fini oggi condanna la tragica spirale rivolta/repressione. Peccato sia stato uno dei promotori di quella legge Bossi-Fini che ha dato il via a tutto questo.

Azazello