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La Repubblica Napoli, 11 febbraio 2016
 
Quando i Cinesi votano a Milano
Nicola Quatrano
 
Chi ha detto che i “cinesi sono tutti uguali”, indistinguibili con quelle faccine glabre, gli occhi allungati e la “l” al posto della “r”come la Titti di Gatto Silvestro (mi è semblato di vedele un gatto…)?
 
Una coppia di Cinesi vota alle primarie del PD, a Milano
 
Non è vero, non lo sono affatto, almeno lungo la tratta Napoli-Milano.
 
Nel 2011, alle primarie napoletane del PD, il voto dei cinesi fece scandalo, si disse che era stato comprato e fu una delle ragioni dell’annullamento dei risultati. Ebbene, i cinesi di Milano sono diversi. 
 
Leggiamo per esempio che sabato scorso, sempre alle primarie milanesi del PD, nel seggio di via Confalonieri, all’ora di pranzo, su 600 elettori una cinquantina avevano gli occhi a mandorla. In via Barrili, almeno una quarantina su 280. Un dirigente di zona di Sel, Fabio Casiroli, ha raccontato: "Il primo gruppo si è presentato verso le 8. Avevano solo un bigliettino in mano con su scritto il nome del candidato da votare". Idem in viale Monza, al circolo “Luciano Lama”, tanto che perfino il presidente del seggio si è lamentato: "Non parlano una parola di italiano eppure vengono a votare, alcuni neanche sanno come farlo".
 
Però a Milano, a differenza che a Napoli, le polemiche sono state subito stoppate dalla dichiarazione del presidente degli imprenditori Italia-Cina, Francesco Wu: “Ho dato indicazione di voto per Sala perché si tratta di un candidato attento alle esigenze del commercio”. E tanto è bastato.
 
Dunque i cinesi non sono tutti uguali, a meno che quello che qui da noi si chiama “voto di scambio”, a Milano non abbia un nome diverso. A meno che non sia Napoli ad essere diversa. Qui le file di attesa sono un segno di disorganizzazione, mentre quelle di ore ed ore all’Expo milanese sono la prova del successo. La scarpa destra regalata da Achille Lauro prima del voto, con la promessa della sinistra in caso di elezione, era un caso scandaloso di corruzione degli elettori, mentre i 500 euro elargiti da Renzi ai diciottenni (e speriamo che la Commissione europea non ce ne chieda il conto), addirittura sono una scelta strategica di lotta al terrorismo, attraverso la promozione della “cultura”.
 
Le file interminabili all'Expo milanese 
 
O forse saranno diversi i napoletani, un popolo troppo antico e sapiente per potersi prendere davvero sul serio. Le azioni umane, viste sullo sfondo dell’immensa e dolorosa bellezza del Vesuvio, appaiono inevitabilmente sordide e meschine, per primo a chi le compie. Mentre gli uomini dell’operosa pianura non sono abituati a guardarsi dall’alto, a vedersi piccoli come formiche, sarà per questo che hanno tanta considerazione di loro stessi e sono sempre pronti a giustificare anche le azioni più infelici, compresi i cinesi che vanno a votare per un candidato che non conoscono nemmeno di nome.
 
Sarà forse anche per diversità (non solo per inadeguatezza) che la classe dirigente di questa città, meschina e disillusa come il suo popolo, non riesce a vendere un’immagine di Napoli che non sia quella stereotipata che piace alla grande stampa nazionale: canzoni, criminalità e, nella migliore delle ipotesi, i buoni sentimenti delle commedie di De Filippo.

E sarà anche per questo che i napoletani non ne hanno alcuna stima: la temono e la corteggiano per i vantaggi che contano di ricavarne, ma fondamentalmente la disprezzano, e non gli pare vero di poterla insultare quando è possibile.
 
No, non è solo Masaniello, che almeno li aveva illusi e doveva essere davvero ridicolo quando cominciò a vestirsi da nobile per recarsi alle feste del viceré.
 
E’ piuttosto l’immagine della bimba osservata (o forse immaginata) da Annamaria Ortese (nella foto a sinistra), la mano sudicia falsamente implorante, la bocca senza denti aperta in una risata muta, che si avvicina alla finestra di Luigi Compagnone (una promessa della nuova classe dirigente del dopoguerra, ridottosi, per convenienza o per necessità, a diventare “funzionario della RAI”) e con la gonna in mano, facendo un inchino, sputa sul vetro.
 
E si allontana poi, lasciando dietro di sé solo il rumore dei suoi passi scalzi e delle sue risa infantili, corrotte e dolci.