ProfileCrisi siriana, novembre 2016 - L’isteria collettiva degli Occidentali, suscitata dalla determinazione della Siria e dei suoi alleati a ripulire Aleppo est dalla presenza terrorista (e condita di ipocrite preoccupazioni "umanitarie" per la sorte dei civili), significa che essi hanno capito bene che né la Siria, né la Russia, sono disposte a cedere al ricatto

 

Le Grand Soir, 24 ottobre 2016 (trad.ossin)
 
La battaglia di Mosul o dell’imbroglio organizzato da Washington e Ankara
Mouna Alno-Nakhal
 

Il 3 ottobre, nel corso di una trasmissione che analizzava le ragioni dell’isteria occidentale di fronte ai successi dell’Esercito siriano e dei suoi alleati ad Aleppo, il generale Amine Hoteit ha dichiarato:
 
    «Se gli Stati Uniti avessero la minima speranza che Aleppo non sarà liberata dai terroristi nell’arco di due mesi, si comporterebbero diversamente. Ma è per loro evidente che la Siria e i suoi alleati, soprattutto la Russia, hanno deciso in altro modo. Così gli USA sono ricorsi al loro «piano C», iniziato a Deir ez-Zor, per prendere la città in ostaggio e realizzare tre obiettivi:
 
    Delimitare a est una regione aperta sull’Iraq e isolarla dalla Siria. E’ per questo motivo che ostacolano l’avanzata dell’Esercito siriano distruggendo i ponti, esattamente come fece Israele in Libano quando invase il sud del paese, demolendo i quattro ponti più importanti per isolarlo dal resto del paese e trasformarlo in una zona disarmata, senza popolazione e sotto tutela ONU.
 
    Riuscire a «liberare Mosul» secondo il piano USA e non secondo quello degli Iracheni. Vale a dire alla maniera turca in occasione della sedicente liberazione di Jarablus, in Siria, con una operazione di prestidigitazione dalla mano destra che guida Daesh alla mano sinistra che guida Al-Nusra. La questione che si pone allora è: ma dove gli USA dirigeranno i terroristi presenti a Mosul? Risposta: a Deir ez-Zor.
 
    Sminuire gli effetti della vittoria della Siria e dei suoi alleati ad Aleppo, vittoria che è certa nell’arco di qualche settimana e che secondo noi decreterà il fallimento definitivo del piano USA di spartizione della Siria, cosicché gli attacchi aerei su Deir ez-Zor si risolveranno in una semplice operazione di punizione e vendetta… » [1].
 
Ora, Deir ez-Zor si trova sulle rive dell’Eufrate ed è quasi tutta accerchiata da Daesh. I raid aerei della Coalizione internazionale contro Daesh, guidata dagli USA, hanno distrutto il 28 settembre il ponte di Al-Mayadin, poi il giorno seguente il ponte di Al-Ashara, e questo, dopo che il precedente 17 settembre gli USA avevano bombardato «per errore» le postazioni dell’Esercito siriano vicine all’aeroporto, uccidendo 82 soldati e ufficiali e ferendone gravemente più di un centinaio; un «errore» che ha avuto bisogno di 2 giorni di preparativi e sopralluoghi e 50 minuti di attacchi aerei ininterrotti, come hanno detto la Russia e il dottor Bachar al-Jaafari dinanzi al Consiglio di sicurezza dell’ONU. In seguito, altri sette ponti sono stati distrutti sul fiume Eufrate e sul ruscello Khabour, più altri due secondo SANA [Agenzia Nazionale siriana di informazione] il 20 ottobre scorso [2].
 
Ma, nel suo discorso dell’11 ottobre, Sayed Nasrallah era stato ancora più esplicito del generale Hoteit:
 
    «Per quanto riguarda l’Iraq, passa di vittoria in vittoria grazie al sacrificio dei suoi figli, del suo esercito, delle sue forze di mobilitazione popolare e delle sue tribù sciite, sunnite e curde, di fronte ai takfiri di Daesh. Attualmente le forze irachene avanzano verso Mosul… Io mi rivolgo ai dirigenti iracheni, ai combattenti dell’Esercito iracheno e del Hachd al-Chaabi, perché siano vigilanti nei confronti dei piani degli Stati Uniti. Gli USA vogliono lasciare aperta la strada ai takfiri di Daesh perché possano ritirarsi verso la Siria. Vogliono «ammassare» Daesh nell’est della Siria. E Daesh vuole approfittarne per poter lanciare nuovi attentati contro il territorio iracheno...» [3].
 
Fin da metà settembre, gli Stati Uniti hanno cominciato ad annunciare a gran voce la battaglia di Mosul, la seconda più grande città dell’Iraq caduta nelle mani di Daesh nel giugno 2014 grazie, già allora, ad una operazione truffa della quale non è il caso di parlare qui. Ma è stato Erdogan ad annunciarne la data, giorno più giorno meno. Così hanno riportato, il 25 settembre, arabic.RT e diverse altre fonti locali:
 
    «Il Presidente turco ha dichiarato: Disponiamo di informazioni secondo cui l’operazione del governo centrale iracheno per liberare Mosul dagli elementi armati di Daesh potrebbe cominciare il 19 ottobre, dobbiamo tenerci pronti… i Peshmerga (Curdi iracheni, ndt) dovranno collaborare con gli Arabi in questo processo…
 
    Per altro, egli avrebbe confidato ai giornalisti presenti a bordo dell’aereo che lo riportava da New York, dopo avere assistito all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e avere incontrato Joe Biden, il vice presidente USA, che il suo ministro degli affari esteri stava analizzando con gli Stati Uniti la questione di Raqqa e li aveva informati delle condizioni poste dalla Turchia. Che, secondo l’emittente privata NTV, si possono sintetizzare nella volontà della Turchia di cooperare con gli Stati Uniti nella espulsione di Daesh dal feudo di Raqqa, a condizione che siano esclusi dall’operazione i combattenti curdi (Curdi siriani, ndt)… » [4].
 
Spiegazione: il Curdo buono non è né turco né siriano, ma un Curdo del «clan Barazani», alleato di Israele e oramai manifesto motore e complice dei fautori del superamento delle frontiere di Sykes-Picot, che non soddisfano più Erdogan, né quegli stessi che le hanno tracciate, né la grande potenza che le ha cancellate, e nemmeno i piccoli reucci regionali che ad esse devono la loro esistenza. E poi in buon Curdo è sunnita.
 
Infatti, nel corso di una intervista accordata all’emittente saudita «Rotana khalijia», Erdogan ha dichiarato che non avrebbe tollerato l’installazione di un «governo settario» a Mosul, cosa che comporta che:
 
    «Mosul appartiene agli abitanti di Mosul, come Tal-Afar appartiene agli abitanti di Tal-Afar. Nessuno ha il diritto di entrare in queste regioni… Solo i loro abitanti arabi, turcomanni e curdi di confessione sunnita dovranno restare nella Mosul liberata… Hachd al-Chaabi non dovrà entrare a Mosul… La Turchia, gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e la Coalizione internazionale dovranno coordinare i loro sforzi in questa direzione. Noi faremo del nostro meglio per liberare Mosul da Daesh. Noi dovremo sedere al tavolo del negoziato e non contentarci solo di osservare quel che accade» [5].
 
 
Da sapere che Tal-Afar è una cittadina a maggioranza turcomanna e che lo Hachd al-Chaabi è una delle forze paramilitari irachene a maggioranza sciita ma composta sempre di più anche da molti altri combattenti di tutte le confessioni ed etnie, la cui cooperazione con l’Esercito iracheno ha sempre consentito finora di sconfiggere Daesh, come a Ramadi, nella provincia di Al-Anbar, e a Tikrit, nella provincia di Salah ad-Din.
 
Quanto a Mosul, poco gli interessa dei suoi abitanti cristiani dalla notte dei tempi, essi non avranno più diritto di cittadinanza in questa città. Erdogan e i suoi alleati wahhabiti progettano senz’altro di impedirne il ritorno, mentre si preparano con esultanza a rientrare a Qaraqoche [6] interamente liberata da Daesh il 22 ottobre scorso. Ma Erdogan sa utilizzare solo il suo proprio dizionario: respingere il settarismo significa respingere tutto quanto non sia una copia esatta di sé, come spiega questa terribile immagine della nuova Turchia postata da un anonimo in Facebook:
 
 
Ciò detto, però, in cosa Erdogan sarebbe più o meno condannabile dei dirigenti statunitensi, che hanno invaso l’Iraq affidandosi alle menzogne, per seminarvi il caos e hanno fatto finta di ritirarsi solo dopo avere concluso un accordo di larvata partnership strategica e averlo dotato di una Costituzione confessionale ed etnica, col pretesto di rendere giustizia agli sciiti e ai curdi, per tornarvi oggi di forza per istituire un sedicente «governo inclusivo» col pretesto, stavolta, di rendere giustizia ai sunniti, che sarebbero minacciati dagli sciiti e dall’Iran?
 
In cosa sarebbe meno condannabile dei leader occidentali, apparentemente al traino degli USA, ma che corrono avanti per strappare la loro parte di bottino, dissimulando una identica rapacità dietro sedicenti preoccupazioni umanitarie?
 
Tutto il mondo sa che Erdogan maltratta i suoi cittadini e soprattutto i Curdi, e che il suo estremismo non ha niente da invidiare a quello di Daesh. Ma, silenzio radio! Giacché la sua posizione geostrategica ne ha fatto un maestro cantore dei più pericolosi; e questo spiega perché anche Vladimir Putin viene a patti con le sue «pugnalate alle spalle», ma non spiega i raggiri messi in campo da Washington e Ankara.
 
Ankara reclama la revisione del Trattato di Losanna del 1923 
 
Che cosa vuole Erdogan, a parte il fatto che, di concerto con l’amministrazione USA e il suo alleato, Adel al-Joubeir, ministro saudita degli Affari esteri, non fa che urlare per escludere Hachd al-Chaabi dalla battaglia di Mosul e, in mancanza, si appoggia su personalità sunnite che condividono la sua stessa mentalità, soprattutto i fratelli Al-Najifi: l’uno, ex-capo del Parlamento iracheno; l’altro prefetto della provincia di Ninive, di cui Mosul è la capitale?
 
Nel corso della conferenza stampa tenuta lo scorso 4 ottobre, il Primo Ministro iracheno, Haïdar Al-Obadi ha criticato il discorso settario (di Erdogan) e l’illegale occupazione da parte del suo esercito di Bachika, città a maggioranza yazida, precisando:
 
    «Oggi il Consiglio dei Ministri ha discusso delle dichiarazioni purtroppo provocatorie della presidenza turca, giudicandole inaccettabili e destinate a seminare la discordia nel popolo iracheno… Io invito il presidente turco a concentrarsi sulla situazione interna del suo paese, dove vi sono dei veri problemi per i cittadini turchi. E invito a cooperare tutti nell’interesse dei nostri popoli, non il contrario… La nozione di sovranità non tollera che taluni iracheni appoggino alcune forze straniere, mettendo a repentaglio la situazione interna del paese. Ciò è vietato. Non vi sono forze terrestri straniere che combattono Daesh in Iraq, noi non lo permettiamo.
 
    Noi abbiamo la Coalizione internazionale e anche degli esperti (internazionali) che addestrano le Forze irachene, ma essi non combattono al suolo. Se si tratta di addestramento, di rifornimenti di armi e di copertura aera, sì! Ma di forze straniere che combattano al posto o al fianco dell’Esercito iracheno, no! Noi non abbiamo sollecitato alcuna forza straniera a questo scopo e la presenza di forze turche sul territorio iracheno, contro la volontà irachena, non è la benvenuta. Abbiamo loro chiesto più volte di ritirarsi…
 
    Tutti i dirigenti della trentina di paesi che ho incontrato sono d’accordo con l’Iraq: rispetto della sovranità e rifiuto dell’ingerenza di qualsiasi paese negli affari interni iracheni…» [7].
 
Ciononostante, dopo le dichiarazioni del 19 ottobre dell’ex generale libanese Mohamad Abbas ad Al-Mayadeen TV [8], le forze attaccanti accerchiavano Mosul in modo incompleto:
 
 
    a sud e sud-est: le forze dell’esercito iracheno e quelle di Hachd al-Chaabi;
    a est e a nord-ovest: le forze dell’esercito iracheno e quelle dei Peshmerga;
    a nord-est: le forze di Al-Najifi addestrate dalla Turchia e sostenitrici dei progetti di Erdogan e dei suoi alleati sauditi.
 
Verso ovest, resta aperto per i terroristi  un ampio corridoio in direzione della Siria, come previsto da tutti gli osservatori, sebbene nell’ultima puntata di «60 minuti» del 21 ottobre, Nasser Kandil abbia svelato che il piano di Hachd al-Chaabi era di entrare dalla parte ovest del Tigri per bloccare i terroristi all’interno di Mosul e impedire loro di scapparsene verso le campagne quasi disabitate, dove sarebbe facile per loro disperdersi in attesa di giorni migliori e poter continuare la loro missione di guerra di usura in Siria. Ma il governo iracheno è costretto a scendere a patti con l’esercito statunitense …
 
E il 19 ottobre, intervistato sul punto dalla televisione nazionale siriana, l’ex generale siriano Turki al-Hassan ha detto che circa 800 terroristi erano già arrivati a Raqqa, provenienti da Mosul, e qui diversi cittadini siriani erano stati allontanati dalle loro case per fare posto ai nuovi giunti. Ha aggiunto anche che le forze irachene avevano attaccato una carovana di una trentina di veicoli lungo l’asse Mosul-frontiera siriana.
 
A proposito del progetto di Erdogan, il generale Al-Hassan ha spiegato che le sue ultime dichiarazioni, e quelle delle élite politiche turche, alla fine sono rivelatrici della loro intenzione di invadere Siria e Iraq. In sintesi:
 
    «Il Trattato di Losanna del 1923 [9], che ha definito le frontiere del nuovo Stato turco e organizzato la redistribuzione delle popolazioni, prevede una possibile revisione dopo 100 anni, vale a dire nel 2023. Ed Erdogan vuole che questa revisione sia nella direzione di una espansione, non di una riduzione o una spartizione del territorio turco. Di conseguenza, nelle sue intenzioni, se lo Stato iracheno fallisse, Mosul potrebbe tornare alla Turchia. Potrebbe così rivendicare l’enclave sunnita, della quale sollecita la costituzione, per poi integrarla alla Turchia in un modo o in un altro, unione o federazione. Purtroppo la Costituzione irachena attuale, imposta dagli USA, gli consente di tentare il colpo. Di qui il suo lavoro tutto teso ad indebolire il governo centrale iracheno» [10].
 
Lo scrittore palestinese Rassem Oubeïdate condivide l’analisi del generale Al-Hassan. In un articolo pubblicato il 21 ottobre scorso sul quotidiano libanese Al-Binaa, aggiunge:
 
    «La Turchia che insiste a voler partecipare alla liberazione di Mosul, nonostante l’opposizione del governo centrale iracheno, dopo avere occupato Jarablus e Dabek in Siria, e Bachika in Iraq, con un’operazione finta, sceneggiata di comune accordo con Daesh, sostiene di agire in difesa della sicurezza nazionale turca. In realtà gli espansionisti turchi attuali sognano di recuperare Mosul, Erbil, Kirkuk in Iraq e Aleppo in Siria, città liberate dal giogo dello sconfitto impero ottomano nel 1918. Tutto ciò dimostra che la Turchia di Erdogan è complice del terrorismo e della guerra di aggressione contro la Siria e l’Iraq con l’intento di annettersi nuovi territori, esattamente come i Curdi che sperano di annettersi una parte della provincia di Ninive, come ricompensa per la loro partecipazione alla conquista di Mosul» [10].
 
Oubeïdate parla certamente dei Curdi Peshmerga, o comunque dei Curdi iracheni. Ma ecco che Saleh Moslem, il capo del Partito dell’Unione Democratica [PYD, partito curdi siriano] annuncia un censimento della popolazione nel governatorato di Hassaké [11]. E la cosa riporta alla mente un altro censimento fatto in periodo di caos, quello truccato dai turchi per appropriarsi del Sandjak (divisione amministrativa dell’Impero ottomano, ndt) di Alessandretta, che non faceva parte nel 1923 dello Stato turco, ma di quello siriano…
 
E Washington vuole un Sunnistan tra l’Eufrate e il Tigri
 
La maggior parte degli osservatori della regione afferma che gli USA hanno deliberatamente ritardato la liberazione di Mosul, ultima grande città irachena controllata da Daesh, quest’ultimo a sua volta controllato dagli USA, e che non hanno garantito il loro sostegno all’esercito iracheno e dato il segnale di avvio dell’operazione, se non all’approssimarsi della data delle elezioni presidenziali statunitensi. E ciò allo scopo di portare la sua liberazione a credito del Partito Democratico, e così accrescere le chance di vittoria per il suo candidato, Hillary Clinton.
 
Ma è stato Nasser Kandil a rivelare in dettaglio il piano C, D o Z dell’amministrazione statunitense, sottolineando che la liberazione delle grandi città non significa affatto l’eliminazione di Daesh dagli immensi spazi circostanti pochissimo popolati, ma ricchi di petrolio e superfici coltivabili, e che, analizzando la localizzazione geografica delle città che gli Stati Uniti cercano di tenere sotto la loro sfera di influenza, esse sono tutte situate tra il Tigri e l’Eufrate, un territorio che un tempo veniva chiamato «Paese dei due fiumi», culla di tante grandi civiltà, oggi riservato ai loro mostruosi Frankenstein dai molteplici usi. In sintesi:
 
    «Non si deve credere che la vittoria dell’esercito iracheno, appoggiato dalla Coalizione internazionale a guida USA, significhi l’eliminazione di Daesh in Iraq. Certo, Al-Ramadi e Tikrit sono state liberate, ma la prima si trova sulle rive dell’Eufrate e la seconda, come Mosul, su quelle del Tigri.
 
    Ebbene, metà della provincia di Al-Anbar (Al-Ramadi), due terzi della provincia di Salah ad-Din (Tikrit), e tre quarti della provincia di Ninive (Mosul) saranno ancora occupate da Daesh, anche dopo la liberazione di Mosul. Di modo che il triangolo di circa 70 000 Kms2 , delimitato dalla frontiera siriana, dalla riva est dell’Eufrate e la riva ovest del Tigri, resterà nelle mani di Daesh.
 
    Giacché le zone abitate all’interno di questo triangolo, di una dimensione pari a sette volte il Libano, sono solo quelle di Sinjar e Tal-Afar, il resto essendo desertico o occupato da aziende agricole o installazioni petrolifere, i combattenti di Daesh potranno facilmente mimetizzarsi, rifornirsi e riarmarsi, attendendo i successivi ordini di Washington.
 
 
Ugualmente in Siria, la liberazione di Raqqa, Tabaka, Deir ez-Zor e Bou-Kamal non vuole dire l’eliminazione di Daesh. Resterà ancora presente, anche qui, in una striscia di territorio di circa 70 000 Kms2 posta a est dell’Eufrate, dove le uniche zone abitate sono Hassaké e Qamichli.
 
E ciò spiega perché gli Statunitensi non sono preoccupati per la liberazione di Mosul, nonostante tutta la loro tattica poggi sulla utilizzazione di Daesh per fare pressione sulla Siria e la Russia, onde ottenere gli accordi che più convengono loro. E ciò spiega anche la linea rossa imposta alla Turchia a est dell’Eufrate, lasciandole giocare la sua parte in Siria a ovest di questo fiume.
 
 
Gli Statunitensi si riservano la possibilità di suonare la ritirata per Daesh, quando convenga loro, esattamente come fanno nella regione del Waziristan, la cui situazione ha molti punti di somiglianza con quella del «Paese tra i due fiumi», e dove i droni imperversano sugli obiettivi che gli USA hanno deciso di colpire, mercé gli accordi strappati al governo afghano col pretesto della lotta al terrorismo, il quale governo si trova in una situazione simile a quella nella quale hanno intrappolato il governo iracheno.
 
Alla fine, con la scusa di combattere il terrorismo, i calcoli USA sono sempre gli stessi: è una lotta che richiede accordi militari, poi accordi sulle fonti energetiche, sulle materie prime e così di seguito, tutto pur di conservare la loro egemonia nonostante i fiumi di sangue e le distruzioni…» [12].
 
Vedendo cosa succede ad Aleppo, c’è da credere che i piani di smembramento degli uni e di espansione degli altri siano pronti, ma l’isteria collettiva degli Occidentali, suscitata dalla determinazione della Siria e dei suoi alleati a ripulire Aleppo est dalla presenza terrorista, significa che essi hanno capito bene che né la Siria, né la Russia, sono disposte a cedere al ricatto degli uni e degli altri e, soprattutto, che lo Stato siriano ha respinto categoricamente ogni tipo di accordo di stile afghano o iracheno.
 
Note:
 
[1] Il generale Amine Hoteit / Al-Alam TV https://www.youtube.com/watch?v=lj3XWRbm2u8&amp ;feature=youtu.be
 
[2] Video: L’aviazione della coalizione internazionale distrugge 2 ponti sull’Eufrate e sul Khabour https://www.youtube.com/watch?v=QNI9pK_QiXE
 
[3] Iraq : Piano USA per spingere Daesh verso la Siria ell’est http://french.almanar.com.lb/45098
 
[4] Erdogan: i Peshmerga devono partecipare alla battaglia di Mosul https://arabic.rt.com/news/842418
 
[5] Le dichiarazioni di Erdogan sul futuro di Mosul suscita la collera di Baghdad https://arabic.rt.com/news/843579-أردوغان-يغض
 
[6] Christians of Nineveh plains celebrating after liberating their areas from ISIS by #IraqiArmy https://www.youtube.com/watch?v=FKbEr9QZ-AM
 
[7] Conferenza stampa del Primo Ministro iracheno Haïdar al-Obadi https://www.youtube.com/watch?v=2Bsn8EtjvmQ
 
[8] Generale Mohamad Abbas / Al-Mayadeen TV https://www.youtube.com/watch?v=lzHc2e5Yd24
 
[9] Il Trattato di Losanna del 1923 / http://www.eurel.info/IMG/pdf/gr_traite_lausanne.pdf
 
[10] Generale Turki al-Hassan / Al-Ikhbariya TV https://www.youtube.com/watch?v=SfSGQCZmUQU
 
[11] Quelli che intendono sfruttare la battaglia di Mosul http://www.al-binaa.com/?article=144838
 
[12] Il censimento a Qamichli http://www.al-binaa.com/?article=144860
 
[13] 60 minuti con Naseer Kadil / 21 ottobre 2016 https://www.youtube.com/watch?v=I05NXJ1obQg
 
 
 
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