Stampa

 

ProfileCrisi siriana, novembre 2015 - Se il presidente Assad ha potuto resistere per cinque lunghi anni all'assalto di bande terroriste, sostenute e armate da paesi arabi ed occidentali, è perché gode del consenso della maggioranza del popolo e può contare su un esercito leale e coraggioso. Appunti di una visita in Siria

 

Le saker francophone, 1° novembre 2015 (trad. ossin)
 
 
La vita quotidiana in Siria
Marie-Ange Patrizio
 
 
1. Sabalh’l nour! (1)
Sabato mattina, 10 ottobre 2015, monastero di Mar Yakub, Qara
 
Il sole non è ancora alto. Due stelle fanno compagnia ad un minuscolo spicchio di luna. Dell’acqua gocciola nel giardino dei semplici, più in basso: è quella del pozzo (a pompa) che alimenta il monastero. Ho già sentito due volte la preghiera venendo da Qara. Tutto è calmo, le nuvole si allungano di sopra al Qalamoun, il cui profilo si erge nel chiarore dell’alba. Alla finestra fa freddo; siamo a 1300 metri. Ho accesso una luce fioca nella stanza e mi rendo conto di colpo che, in controluce, davanti alla finestra, potrei essere un bersaglio magnifico per un cecchino in agguato nella campagna. Esagerato, senz’altro; a forza di promettere (in Francia) di essere prudente, ecco come si finisce. Comunque spengo, non si sa mai; in ogni caso non ho bisogno di questa luce. Tutt’altro, per profittare del levare del giorno e del calore dei primi raggi di sole. La piccola campana nel patio del monastero annuncia la preghiera del mattino. E’ l’ora.
 
Ieri sera due combattenti di Hezbollah sono venuti in pick-up al monastero, mentre stavamo per terminare un colloquio con la Mezzaluna Rossa siriana. I combattenti di Hezbollah provvedono alla sicurezza della regione insieme all’esercito siriano; il loro aiuto è stato decisivo nella battaglia di Qalamoun.
Abbiamo loro chiesto un breve colloquio. Ci siamo seduto, non attorno a un tavolo, ma sulle panche del salone, faccia a faccia. Le loro mimetiche sono in migliore stato rispetto a quelle dell’esercito siriano: si dice che versino in condizioni migliori (disponibilità economiche, soprattutto mensa) rispetto all’esercito siriano.
Hanno tra i 35 e i 40 anni. Uno con la barba, l’altro rasato. Quest’ultimo guarda l’altro che parla, in silenzio con gli occhi bassi, rivolgerà a noi il suo sguardo solo alla fine del colloquio. E’ l’atro a parlare, molto sorridente. Alla fine del breve incontro, dice di avere una figlia di 16 anni che è già più alta di lui, e che lui le ha chiesto di non camminare al suo fianco per strada! Noi esprimiamo loro la nostra solidarietà per la loro missione, condivisa dai nostri compagni in Francia; l’onore e il piacere di averli incontrati. Loro ridono e – “sulla mia testa e sui miei occhi” – dicono che si vede dal nostro viso che siamo persone liete! Ci hanno molto raccomandato di non tendere la mano per i saluti. Ma quando ripartono, dalla macchina, quello che non ha parlato fa un segno con la mano.
 
Dopo pranzo, faccio discretamente una passeggiatina oltre la cinta del monastero; incrocio molti giovani soldati che raggiungono il loro posto di guardia di fronte alle montagne dell’anti-Libano. Poco più oltre, un pezzo di artiglieria sopra un camion, puntato verso le montagne.
 
 
 
 
Torno poco dopo con R. e D. verso un mezzo blindato, vuoto. Scambiamo qualche parola con dei giovani coscritti un po’ sorpresi di vederci là, e ancor di più quando vengono a sapere quale è la nostra nazionalità; parlano volentieri con noi.
 
Nessun appunto di queste poche chiacchiere; sono giovanissimi, sono un po’ intimiditi. R. traduce per esprimere loro la nostra amicizia, la nostra ammirazione per la loro lotta legalista, per il loro paese. E la nostra gratitudine. Uno fa il gesto di offrirci dell’acqua e ci invita a incontrare anche altri camerati; ma ci è stato chiesto di non entrare nella zona militare. Quando lo salutiamo tendendogli la mano, io gli dico: choukrane Souria (grazie Siria), e chiedo a R. di tradurre “coraggio”; è nell’ascoltare questa parola che gli vengono di colpo le lacrime agli occhi. Un momento di commozione per quello che può attenderlo? O una vampata di emozione per le parole e i gesti di una donna che potrebbe essere sua madre? Da quanto tempo manca da casa?
 
Poco oltre nella mattinata, dopo l’incontro con Brahim, arriva un altro soldato in auto per recuperare una sedia a rotelle che deve portare, insieme a Brahim (Mezzaluna Rossa), a Laodicea, destinata ad un soldato che è stato amputato. Anche lui si intrattiene a parlare con noi; ha 34 anni, riservista, prima di tornare nell’esercito lavorava nelle assicurazioni; ci mostra la foto della fidanzata sul telefonino. Io gli mostro quella di Jules, quasi due mesi, complimenti reciproci; la chiacchierata è gioiosa, lui sorride, chiacchiera volentieri. Sentendolo parlare arabo con R., colgo le parole “Reseau Voltaire” (con le r mosce del suo bell’accento): gli diciamo che abbiamo appuntamento con Thierry Meyssan a Damasco. Lui rimane colpito: un sorriso immenso! “Dica al signor Meyssan che qui tutti lo amano, e parla della situazione politica, delle analisi di Thierry, della sua ammirazione per il suo impegno al fianco del popolo siriano, e per la verità e la giustizia. Ci chiede di parlare a Damasco della necessità che hanno di attrezzature per i soldati feriti, handicappati, invalidi. Parliamo di materiale ortopedico, di protesi, io guardo la sedia, offerta da una ONG libanese, credo. Ci si attarda, vicino all’auto.
 
 
 
 
Prima di partire, torna improvvisamente verso il locale dove ha recuperato la sedia, stava dimenticando qualcosa: torna con la sua arma, che appoggia sul sedile dell’auto.
 
 
 
 
Mentre lo salutiamo e ringraziamo, anche a lui vengono le lacrime agli occhi quando gli dico: “Coraggio”… Ogni volta anche noi veniamo sopraffatti dalla commozione. Abou Georges ci viene a dire, poi, che il Colonnello che dirige la zona del monastero e di Qara può accordarci un colloquio. Lo raggiungiamo nella sala di ricevimento, proprio all’ingresso del monastero.
 
Siamo un po’ impressionati da questo incontro, che auspicavamo ma che non abbiamo avuto il tempo di preparare, e al quale l’ufficiale sacrifica un’ora e mezza del suo tempo di riposo. Il tono è cordiale, semplice.
Gli diciamo in premessa che siamo consapevole che non potrà parlarci di alcuni degli aspetti militari e strategici dell’attuale situazione: offensiva dell’esercito siriano, con l’appoggio dell’aviazione russa. Ci dilunghiamo su questioni di ordine generale e piuttosto anodine, perfino un po’ stupide. Quando ci dice che possiamo rivolgergli tutte le domande che vogliamo e lui valuterà se può rispondere, rimaniamo ancora più sconcertati.
 
Invece di chiedergli semplicemente: come va? – che sarebbe stata una giusta domanda – gli chiediamo stupidamente: a quale arma appartiene? “Esercito, fanteria”.
 
M-A: Condizioni di lavoro nell’esercito?
“Il nostro impegno militare è stato sempre contro Israele, in Golan. Non eravamo abituati alle azioni di strada. E’ per questo che i due primi anni sono stati difficili, ma oramai abbiamo acquisito molta esperienza; a partire dal 2013 possiamo dire di avere acquisito esperienza”.
 
M-A: “Condizioni di vita quotidiana accettabili?
“All’inizio sono stati commessi degli errori, attualmente le nostre condizioni di vita migliorano, grazie ad una migliore organizzazione. Ma noi non siamo dei funzionari dell’esercito, noi siamo arruolati. Non siamo dei mercenari, che godono di condizioni di vita ben più confortevoli delle nostre, ed è per questo che combattono. Per noi è l’obiettivo che conta, non le condizioni di lavoro. Difendiamo il nostro paese, in qualsiasi condizione”. Sono 25 anni che serve nell’esercito.
 
D: E l’arrivo dei Russi?
“All’inizio non era nelle nostre intenzioni; ma siccome è diventata una guerra mondiale, occorre che la Russia intervenga. Oggi sono tutti per la verità e la giustizia, siamo contenti e speriamo che la Francia cambi opinione, Dopo De Gaulle, non è venuto niente (di buono) dalla Francia.
 
M-A: Quali sono gli uomini politici che lei stima? 
“De Gaulle è un simbolo mondiale, non solo per la Francia. In Siria, Khaled Ibn Al Walid, che ha insegnato tattiche e regole per la guerra (2). E Salah Eddine El Ayoubi (3)”. Grande silenzio da parte nostra, non avevamo capito o non sapevamo di cosa parlava: l’ignoranza dei vincitori.
 
M-A: E tra i militari?
“Youssef El Azmeh, che si è battuto contro la Francia coloniale. Aveva solo 200 uomini quando i Francesi sono arrivati nel 1920. Gli dicevano: sei pazzo, hai solo 200 uomini. Lui sapeva che sarebbe stato battuto (e ucciso combattendo); ma ha risposto: in questo modo non si potrà dire che la Francia è entrata in Siria senza che nessuno la difendesse” (4)
Tornando in Francia, andando a vedere chi erano questi uomini, mi sono accorta di quanto sia ancora attuale da noi la censura coloniale, quasi un secolo dopo l’occupazione francese, grazie soprattutto a questi signori Sykes e Picot.
“E siamo fieri di Hafez al Assad dell’ottobre 1973, guerra del Kippur; ha spezzato la spina dorsale di Israele. Aveva fatto tesoro dell’insegnamento delle grandi battaglie napoleoniche. Aveva una grande cultura. E siamo fieri di Nasser, un simbolo di resistenza. De Gaulle e Che Guevara sono simboli della resistenza dei popoli, Napoleone è un’altra cosa, è un genio militare”.
La prima vittoria contro Israele è stata merito di Hafez al-Assad; era un uomo semplice e nonostante ciò fu lui il comandante. Era anche un filosofo, con un discorso che è ancora attuale ai nostri giorni, un discorso molto carismatico, che fa sollevare i popoli.
 
Durante i negoziati (dopo la guerra del Kippur, 1973), Kissinger disse ad Assad: “Per fortuna non sei il presidente di un grande paese, altrimenti ci avresti dato filo da torcere; voi siete un piccolo paese, ma pure ce la fate pagare cara”. Durante i negoziati, Sadat voleva trattare solo nel suo interesse. Per noi la Palestina era un problema cruciale; Assad dopo 4 ore e mezza di colloqui non aveva ancora detto una sola parola. E Kissinger dopo 4 ore e mezza ha sollevato il suo fazzoletto bianco per dire Help! Mitterrand ha detto di Assad che era l’unico uomo politico, esperto in tutti i campi.
 
 
2. Coraggio dell’esercito siriano
 
 
 
 
(M-A: descrizione del mosaico della battaglia di Isso (Museo archeologico nazionale, Napoli), Alessandro in primo piano davanti al suo esercito, sul cavallo, a capo scoperto di fronte a Dario che, invece, è protetto dagli ufficiali, protetto dal suo carro e col l’elmo: il terrore sul volto di Dario è provocato dal coraggio e dalla mancanza di paura che percepisce nell’avversario).
 
“Noi abbiamo un proverbio che dice: vale più un solo leone che ha un esercito di conigli come soldati di un esercito di leoni che ha un coniglio per capo! Quando i Russi sono arrivati e hanno visto quali erano le armi con cui l’esercito siriano ha resistito per quattro anni – sebbene l’esercito arabo siriano disponga anche di armi pesanti – erano molto sopresi e ci dicevano: come avete fatto a combattere con queste armi dell’antichità? E scattavano foto! Le armi sono importanti, certo, ma è il combattente che fa la differenza”.
 
“Sapete, c’è un giornalista egiziano – Hussein Heikal (5), ha cominciato la professione nel 1945 e ha lavorato sempre in televisione – aveva un contratto con Al Jazeera, molti ascoltatori, era in grado di distruggere degli uomini politici con le sue trasmissioni. Ebbene, ha rifiutato un’offerta che gli era stata fatta dal Qatar, dove avrebbe potuto essere il giornalista meglio pagato al mondo, e si è licenziato da Al Jazeera. Quando, all’inizio della crisi, l’emiro del Qatar e Hariri hanno detto che di lì a un mese o due sarebbero andati a pregare nella moschea degli Omayyadi, ha loro detto (pubblicamente): se la metà dei Siriani è contro Bachar al-Assad,sì, cadrà in un mese o due. Ma se più della popolazione è con lui, resisterà.
Sia chiaro, non idealizzo Bachar al-Assad: siamo dalla sua parte perché lui lotta per il paese, ma se cambiasse, non saremmo più con lui”.
 
M-A: slogan sentito spesso: “Allah Souria Bachar ou bass (è tutto)”. “Sì, e quando Bachar lo sente, corregge sempre così: Allah Souria al Shab (e il popolo). C’è gente che ha messo come suoneria del suo telefono un discorso di Hafez al-Assad! Quando Bachar al-Assad è tornato in Siria dopo vere conseguito la specializzazione medica nel 1994, per prendere il posto del fratello (Basel, molti ritratti nelle strade, sulle macchine), assisteva a riunioni di ufficiali. E’ una persona molto democratica, con lui puoi dire quello che vuoi; è capace di riconoscere quando l’opinione di un altro è più interessante, e poi è questa quella che viene riportata nei resoconti della riunione. Se partecipava ad una festa dell’esercito, voleva usare la stessa macchina di tutti gli altri. Durante i combattimenti, si è spinto fino a 50 metri dai gruppi armati, sul fronte. Ha fatto visita a dei combattenti sul fronte che erano senza elettricità, ha mangiato con loro, pelando la sua razione di patate e di uova” Noi siamo dalla parte del bene, della giustizia e della luce, stiamo difendendo quelli che sono per la giustizia e la luce. Tutti gli uomini liberi che amano l’umanità devono sentirsi in causa! Un orientalista ha detto che ogni uomo nel mondo deve sentire come propri due paesi: quello in cui è nato e la Siria, culla della civiltà. Damasco è abitata ininterrottamente da 7000 anni”.
 
M-A: differenze con la Libia?
“No la Libia (…) Da tutto quanto arriva come distruzione, la terra fa nascere delle cose belle”.
 
“Fai della poesia?” dice R. “Perché sgorga dal mio cuore, tutti gli abitanti di questo monastero sono un progetto di santità. Amano molto donare e donano il bene. A Qaryatayn (Città che si trova tra Homs e Palmira, occupata da Daesh in agosto, abitanti cristiani presi in ostaggio), il Vaticano sta negoziando. La prossima settimana, punteremo su Qaryatayn e, poi, su Palmira. Io spero che per la fine del mese, inch’Allah, sarà tutto finito”. E’ pieno di speranza, perché pensa di essere dalla parte della verità e della giustizia. “La vittoria è la pazienza di un’ora, e la pazienza è la chiave dell’apertura, della liberazione. Le donne qui ci dicono che il pessimismo è tradimento”.
 
Il ruolo delle donne è fondamentale. Un poeta, il principe dei poeti orientali, ha detto: “La madre è una scuola, formarla significa firmare un popolo autentico. Se la madre è buona e il padre cattivo, i figli saranno buoni”.
Maometto diceva: “Quale persona devo amare di più? Tua madre. Rifaceva la domanda; Tua madre. Ma poi? Tua madre. Ma poi? (quarta volta) Tuo padre”.
 
M-A: domande sui suoi distintivi: sul braccio sinistro, “commandos”, e sul petto uno dei parà. “Made in France!” ci risponde ridendo, lo porta dal 1992, era paracadutista. Quando si è arruolato, faceva parte della Guardia Nazionale di Hafez el-Assad.
 
R. gli chiede se c’è molta gente come lui nell’esercito. “Sì, molta”.
 
M-A: Se non ci fosse stata molta gente come lui, da tempo la Siria non esisterebbe più, e questo i nemici lo sanno.
 
“Scrivi a tutti coloro che amano la verità, che aspirano all’umanità e alla giustizia, che vengano qui, questo è il paese di tutti. Noi facciamo il nostro dovere, ma è dio che protegge la Siria”.
 
Durante tutto il colloquio, tiene tra le mani un rosario; sunnita, ci dirà poi Suor Claire-Marie.
 
“Bachar al-Assad (non lo ha mai chiamato Bachar, deve essere meno intimo con lui di quanto non lo sia Fabius) ha un elevato senso della morale, ma ha voluto fare politica in modo morale, e le due cose non si conciliano. Lui, il presidente, è buono. La politica è un barile di immondizia; e i politici ne prendono un cucchiaino tutte le mattine. Morale e politica non vanno insieme.
 
Questi sono gli appunti sommari che abbiamo preso del colloquio, che non abbiamo registrato, su richiesta del nostro interlocutore. Dal colloquio abbiamo imparato molte cose.
 
Sulla censura storiografica occidentale, sulla storia della Resistenza siriana contro la colonizzazione, dalle “guerre dei Franchi” (che qui chiamano Crociate) all’arrogante Gouraud nel 1920, e ai pietosi nostri governanti attuali.
 
E sulla nobiltà e l’umanità dei combattenti. Il colonnello dirige(va) la zona dove si trova il monastero. Le sorelle e i fratelli della comunità ci hanno parlato della discrezione e della abnegazione di quest’uomo; e la sua benevola attenzione alla loro sicurezza e a quella dei soldati. Infatti i giovani coscritti e riservisti che abbiamo incontrato nei paraggi del monastero erano sorridenti, affabili e parlavano senza timore con noi.
 
Un altro ufficiale, compagno d’armi del colonnello, è stato ucciso l’anno scorso dai terroristi, selvaggiamente; il suo ritratto è stato collocato vicino al refettorio, nel monastero.
 
Venerdì mattina ho visto (Arret sur info, non certo nei nostri media ovviamente!) un reportage video di Russia Today (6) della giornalista Lizzie Pheelan – una vera giornalista, non i propagandisti Laroche-Joubert e Ollieric (7) – sulle azioni dell’esercito siriano a Palmira in questi giorni (nulla ovviamente di questo nei nostri media che nel frattempo ci tengono occupati come possono). Devono esserci anche i soldati che noi abbiamo incontrato.
 
E’ stata questa la ragione che mi ha spinto a interrompere l’ordine cronologico di questo racconto. Per parlarvi prima di tutto di questi combattenti discreti, lucidi, che difendono il loro paese e amano la vita.
 
Proteggete le vostre vite, soldati dell’Esercito Arabo Siriano e combattenti di Hezbollah, come proteggete quella del popolo siriano; e le nostre.
 
Terra da fraternidade
O povo è quem mais ordena
Dentro de ti, o cidade (8)
 
m-a patrizio
 
Grazie a Dominique de France che ha completato le note del nostro colloquio col colonnello siriano, E a Mouna Alno, per tutte le mattine arabe tradotte
 
 
Note:
 

 

(1)Mattino di luce

(2)Rientrata a Marsiglia, sono andata a cercare chi fosse questo generale https://en.wikipedia.org/wiki/Khalid_ibn_al-Walid

Noi non conosciamo quello che è stato uno dei più grandi generali di tutti i tempi, secondo Wikipédia. ↩

(3) Saladino… La nostra ignoranza ci impedisce di parlare oltre con il colonnello di questi personaggi straordinari. Forse è per cortesia che lui comincia a citare nomi che ci possano consentire un atteggiamento meno ignaro: Napoléone… ↩

(4) Youssef al Azmeh, ministro della difesa e generale siriano, eroe della Resistenza anti-coloniale nel 1920 contro il generale Gouraud. Morto da martire nella battaglia di Khan Maysaloun. Gouraud entra a Damasco e, immediatamente, si reca alla tomba di Saladino, vicino alla moschea degli Omayyadi, dove esclama: «Ebbene, eccoci tornati!» (La Syrie, di Alain Chaudouet, p. 70, Editions Karthala, Paris 1997). Frase non riportata sulle varie biografie di Al Azmeh che si trovano in Internet. Si apprezzerà anche la sproporzione di forze: ci sono voluti almeno 5.000 uomini per consentire la vittoria delle truppe colonialiste su un pugno di resistenti ↩

(5) Interessante è anche la diversità tra la presentazione fattane da una giornalista di Le Monde: http://www.lemonde.fr/idees/article/2012/03/03/l-egypte-racontee-par-heikal_1651520_3232.html

E quella di Sahar (iraniana) :

http://frenchold.ws.irib.ir/info/moyen-orient/item/364633-nous-avons-perdu-l%E2%80%99iran-au-profit-des-etats-unis-hassanein-heikal

(6)http://arretsurinfo.ch/video-exclusif-en-plein-desert-une-equipe-de-rt-sest-approchee-de-palmyre-controlee-par-daesh/

(7)Già corrispondente di guerra a Tripoli nell’estate 2011, nei giorni più duri dello scontro.

(8) Terra di fraternità, solo il popolo comanda tra le tue mura, o città - Grandola, vila morena , Zeca Afonso