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 Siria, agosto 2012 - L’Orient Le Jour, un giornale francofono libanese schierato convintamente sul fronte anti-Assad, analizza le divisioni e le meschinità delle bande armate che operano in Siria. E’ una fonte non certo favorevole al governo siriano, tanto che approfitta per battere cassa a favore delle bande armate con la scusa del pericolo di un prevalere degli estremisti islamici (nella foto, un miliziano anti-Assad ad Aleppo il 17 agosto)





L’Orient Le Jour, 20 agosto 2012 (trad.Ossin)



I ribelli siriani : uniti contro Assad, divisi sul potere e i soldi
OLJ/AFP


L’Orient Le Jour, un giornale francofono libanese schierato convintamente sul fronte anti-Assad, analizza le divisioni e le meschinità delle bande armate che operano in Siria. E’ una fonte non certo favorevole al governo siriano, tanto che approfitta per battere cassa a favore delle bande armate con la scusa del pericolo di un prevalere degli estremisti islamici


Secondo la maggior parte dei militanti e degli oppositori, i Fratelli Mussulmani forniscono la più grande quantità di fondi, aiuti ed armi. Tutti hanno un obiettivo comune: abbattere il regime di Bachar el-Assad. Ma per tutto il resto, i finanziamenti, le armi e la stessa strategia di guerra, tra i ribelli siriani vi sono profonde divergenze.


Nella loro rivalità, essi si proiettano già nel dopo-Assad, scalpitando per assicurarsi le migliori posizioni nella futura carta politica. Perché, anche se l’insieme di questi gruppi sono raggruppati nell’Esercito siriano libero (ESL), creato circa un anno fa, la loro stessa struttura resta fluida e non possiede un comando centrale forte.


Il segno che i Siriani ostili al regime sono consapevoli di queste rivalità interne, sta nell’appello lanciato venerdì scorso, con lo slogan “Con un esercito siriano libero unito, la vittoria è sicura”, che esprime il timore che la mancanza di coordinamento si ripercuota negativamente sulla resistenza sul campo.


Il comando dell’ESL, all’interno della Siria, è a capo di dieci consigli militari diretti da ufficiali disertori e raggruppa migliaia di combattenti. Vi è poi una pletora di gruppi sul campo composta principalmente da civili armati, tra cui degli islamisti, che sono collegati all’ESL ma rivendicano una certa autonomia.


“Il nostro comando è indipendente”, assicura Abdel Kader al-Saleh, capo operativo del Liwa al-Tawhid, il gruppo ribelle più importante nella battaglia cruciale di Aleppo (nord), forte dei finanziamenti degli influenti Fratelli Mussulmani. “Quando abbiamo deciso di impegnarci nella battaglia di Aleppo, lo abbiamo fatto senza consultare il consiglio militare (dell’ESL ad Aleppo)”, assicura Abdel Kader. “Perché avremmo dovuto consultarlo? Siamo noi ad avere il maggior numero di combattenti ad Aleppo e dintorni”, dice, affermando di volersi coordinare con quelli che combattono sul campo e non con quelli “che stanno seduti nei loro uffici”. Definisce le riunioni coi consigli militari delle “semplici pause-caffè”.


Una moltitudine di brigate e di battaglioni ribelli, che hanno spesso dei nomi di carattere islamico, rivendicano regolarmente delle operazioni contro il regime nei video postati su internet.

Secondo il capo di un battaglione che si presenta con lo pseudonimo di Abou Mossab, “il finanziamento delle brigate islamiste ribelli viene soprattutto dal Qatar e dalla Turchia” mentre i consigli militari sono sostenuti, in modo non letale, dall’Arabia Saudita, dagli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
“Al Qaida finanzia gli jihadisti, i Fratelli Mussulmani finanziano i moderati e i ricchi Sauditi finanziano entrambi senza distinzioni”, dice.


Secondo gli esperti, i combattenti jihadisti rappresentano una minoranza tra i ribelli. Un esperto sulla Siria che vive in Gran Bretagna afferma all’AFP, chiedendo di restare anonimo, che alcuni membri dei gruppi sedicenti salafisti cercano di darsi un aspetto da islamista – per esempio lasciandosi crescere la barba – per ottenere il denaro saudita, senza essere per forza integristi.


Secondo la maggior parte dei militanti e degli oppositori, quelli che forniscono la maggiore quantità di fondi, aiuti e armi sono i Fratelli Mussulmani. La confraternita tenta, secondo loro, di monopolizzare gli aiuti con l’obiettivo di prendere il potere dopo la caduta del regime.


Il portavoce del comando dell’ESL in Siria, il colonnello Qassem Saadeddine, spiega che la reticenza dei paesi occidentali ad armare i ribelli spinge questi ultimi a radicalizzarsi e fare appello ai salafisti, che portano la loro esperienza in materia di combattimento. Gli Stati Uniti e gli Europei adducono come pretesto soprattutto che l’arsenale potrebbe cadere nelle mani di gruppi estremisti.

Se questa tendenza si conferma, “le cose si deterioreranno portando ad una maggiore islamizzazione e potrebbero perfino sfuggire al controllo” dell’ESL, ammonisce il colonnello.

Le divisioni sul campo preludono ad una lotta feroce per il potere nel periodo post-Assad. In molti casi i ribelli perdono dei punti proprio a causa della mancanza di coordinamento.

“Il ritiro a sorpresa di un battaglione ribelle da una strada di Bab Sebaa a Homs (centro) un mese fa, senza comunicarlo agli altri, ha fatto perdere agli insorti il controllo dell’intero quartiere a vantaggio del regime”, spiega in militante del posto, Rami al-Homsi.
Ma per il colonnello Saadeddine, non è questa l’ora del regolamento dei conti. “Il nostro obiettivo in fondo è lo stesso, fare cadere il regime”, assicura.