Siria, agosto 2012 - Il terrorismo è diventato tanto un’arma utilizzata da gruppi ed organizzazioni contro i governi per imporre i cambiamenti desiderati, che uno strumento di guerra di destabilizzazione di paesi, allo scopo di rovesciare i regimi ostili. Questa violenza consiste nel creare confusione nelle popolazioni attraverso attentati, assassinii e sabotaggi per indebolire e meglio dominare.






Il fallimento dello stratagemma “Nuovo Medio Oriente” porta alla fine dell’unilateralismo
La Siria, teatro decisivo della lotta tra i “Grandi”
Djerrad Amar


Il terrorismo è diventato tanto un’arma utilizzata da gruppi ed organizzazioni contro i governi per imporre i cambiamenti desiderati, che uno strumento di guerra di destabilizzazione di paesi, allo scopo di rovesciare i regimi ostili. Questa violenza consiste nel creare confusione nelle popolazioni attraverso attentati, assassinii e sabotaggi per indebolire e meglio dominare.

In effetti, nei disordini economici e morali attuali che attraversa il mondo, e particolarmente il Grande Capitale, con le crisi strutturali dovute alla rapina e alla speculazione, e di fronte alla incapacità di trovare soluzioni adeguate – che richiederebbero delle riforme di fondo del sistema capitalista – (l’Occidente, ndt)  crede di aver trovato una via d’uscita facendo sopportare le proprie crisi, ricorrenti e selvagge, ai paesi deboli militarmente ma ricchi di materie prime, impegnandosi a spogliarli con la forza delle armi, o altrimenti provocando disordini per meglio ricomporre e consolidare la propria egemonia.

Provocare il disordine o il “caos” essendo la soluzione meno costosa, si inventa l’artificio più ignominioso e più immorale, che consiste nel servirsi di gruppi composti preferibilmente di autoctoni corrotti  e indottrinati, che vengono addestrati, armati, finanziati, organizzati, perché fomentino rivolte “in nome del popolo” , reclamando diritti legittimi e cambiamenti nel modo di governare. La tattica, elaborata nelle ‘officine’ della manipolazione e della sovversione, è quella prima di tutto di suscitare manifestazioni che saranno travisate come “volontà popolare” di abbattere un “potere dittatoriale” che risponderebbe “con le armi contro il suo popolo”, con l’obiettivo di convincere le opinioni pubbliche di questo paese e soprattutto internazionale ad ammettere il carattere “pacifico e legittimo” delle loro azioni ed accettare l’idea di un “intervento militare internazionale”, di fatto un loro intervento col falso pretesto “umanitario”.

Il mondo sa oramai che si tratta di un imbroglio perché è stato scoperto e provato, con immagini, da diversi osservatori e analisti politici e militari, che la “risposta con le armi” è in realtà un atto premeditato e pianificato dagli strateghi di queste “officine del male”, eseguito da “agenti speciali” impegnati a sparare sui manifestanti e filmare le scene degli assassinii, al fine di presentarli come prove di atti “diabolici” di un regime “che uccide il suo popolo” per mantenersi al potere. I loro media detti ‘mainstream’, scritti o televisivi, faranno il resto con la propaganda, perché sono essi stessi parte della strategia di indottrinamento e di manipolazione.

La Siria era iscritta come una tappa essenziale e determinante nello stratagemma definito “Nuovo Medio Oriente” – per colpire soprattutto l’Iran, diventato potenza regionale fondamentale, col pretesto che starebbe per sviluppare un’arma atomica – il cui obiettivo è di dominare questa regione mantenendo il predominio di Israele. La “sicurezza di Israele” essendo l’argomento, ingannevole e subdolo, che permette di legittimare ogni loro azione di guerra.


Ma il mondo evolve sempre nel senso dell’equilibrio e della giustizia, mai definitivamente nella direzione della dominazione permanente e della cupidigia. Le alleanze si fanno e si disfanno certamente in funzione degli interessi, ma soprattutto degli interessi ‘strategici’ di lungo termine che si fondino su basi sicure ed equilibrate.

L’unilateralismo USA che ha finora dominato le relazioni internazionali, dopo la caduta del blocco sovietico, ha generato solo più ingiustizie, più desolazione e caos. Tutti gli analisti e gli strateghi, indipendenti o meno, sono concordi nel considerare che “l’obiettivo siriano” mirante a preservare la supremazia dell’occidente, di fatto degli USA, sul mondo sarà il teatro “decisivo” che deciderà o per la conservazione o per la fine di questo unilateralismo; è precisamente in questa regione che la Russia e la Cina mostreranno e dimostreranno che nel mondo vi sono anche nuovi poli decisionali, per più equilibrio e più giustizia, in conformità con la loro dottrina. La Siria è dunque, secondo queste analisi, “un simbolo forte del ritorno della potenza russa e della sua capacità di opporsi all’unilateralismo occidentale, attraverso la leva della NATO”. L’ONU e le sue organizzazioni, nell’attuale situazione di pervertimento, servendo solo a produrre degli “alibi”, la CPI per minacciare, il FMI per rovinare e dare in pegno i paesi, la NATO per aggredire, l’AIEA per mantenere il monopolio del nucleare, la Lega degli “Stati arabi” come trappola per neutralizzare gli arabi, la stampa per ingannare e manipolare ecc… ebbene non saranno più strumenti nelle mani di queste lobbie che decidono da sole ciò che è buono e ciò che è cattivo nel mondo, con la minaccia di far porre sul banco degli accusati o addirittura aggredire dalla loro “comunità internazionale” chi “non si conformi”.


L’evoluzione delle cose, in questo “teatro siriano”, sul piano militare e diplomatico, prefigura già i nuovi “rapporti di forza” che si vanno delineando coi paesi del BRICS, che si allarga all’Iran, alla Siria, al Venezuela e ad altri ancora non dichiarati. La Siria costituisce un elemento chiave in questa geopolitica russa e cinese, il cui triplo doppio veto, deciso senza alcun dubbio sulla base di analisi geostrategiche obiettive, esprime da una parte una antinomia di interessi e dunque un rigetto di questa politica USA nel mondo, ma anche il ritorno sulla scena internazionale di attori che contano oramai per la loro potenza economica, politica e militare. Dalle loro dichiarazioni, anche se espresse in modo diplomatico, si può dedurre che qualsiasi eventuale azione, al di fuori del quadro legale che è quello del Consiglio di sicurezza, sarà interpretato come atto di guerra in sintonia col diritto internazionale. Secondo P. Dortiguier, i russi e i cinesi si  sentono “direttamente minacciati dall’offensiva attualmente avviata contro la Siria… E’ già un braccio di ferro mondiale nella misura in cui un ritiro di ciascuno dei 2 campi su questa questione condizionerà l’evoluzione della situazione geopolitica planetaria”. Dortiguier constata anche che l’Occidente è caduto nella “trappola siriana” che gli impedisce qualsiasi offensiva contro l’Iran e che “… la marcia indietro in questa crociata contro Teheran passando per Damasco, avviata nel 2011 nell’euforia e nell’imbroglio della gioventù mussulmana, strumentalizzata da falsi predicatori che hanno due mani, una per pregare, l’altra per attaccarsi agli Stati Uniti, è già cominciata e sarà portata a termine dal veto allargato degli Stati indipendenti”.


Si realizza dunque in questo Medio oriente uno scontro tra due concezioni del mondo: uno unipolare e l’altro multipolare. Essendo la Siria – con l’Iran, il Libano e i Palestinesi – uno dei temibili bastioni contro l’egemonia USA sulla regione dove Israele è designata sovrana. Ogni altro argomento di ispirazione “umanista” contro la Siria, relativo alle “libertà”, “democrazia”, “diritti dell’uomo”, nascosti nelle “rivoluzioni spontanee dei popoli arabi sotto il mieloso titolo di “primavera araba”, per giustificare il “cambiamento di regime”, per installarne uno più docile, è solo propaganda, menzogne e manipolazioni facenti parte della “guerra psicologica” diretta a trasmettere “…informazioni selettive e indicatori ad ascoltatori stranieri per influenzare le loro emozioni, le loro motivazioni, il ragionamento obiettivo e, in ultima analisi, il comportamento dei governi stranieri, organizzazioni, gruppi e individui (con l’obiettivo)… di indurre o rafforzare i comportamenti stranieri favorevoli agli obiettivi del promotore”, secondo un documento del Dipartimento USA della Difesa. La stessa tattica è stata applicata in Jugoslavia, in Iraq, in Afghanistan, in Sudan e in Libia.  Si tenta adesso di applicarla contro la Siria dopo il suo fallimento contro l’Iran. Le loro ingerenze in Egitto, in Tunisia e in Yemen o il loro silenzio su quanto accade in Arabia Saudita e in Bahrein avevano, per contro, come obiettivo sia di recuperare le “rivolte autentiche” per reinstallare dei “regimi convenienti”, sia di mantenere al loro  posto i “regimi alleati”. Da questa “spedizione siriana” tutti gli Stati sono stati costretti a “mettersi a nudo”, prendendo posizione su questa questione. Di qui questa decantazione che mostra come il mondo sia diviso in due assi: l’asse ‘atlantista’ che raggruppa intorno agli USA-sionisti una parte dell’Europa, la Turchia, le petromonarchie del Golfo, alcuni Stati arabi alleati,  e l’asse BRICS che raggruppa anche l’Iran, la Siria, l’Iraq, alcuni paesi arabi non dichiarati, attorno alla Russia e alla Cina.

La strategia “Nuovo Medio Oriente” al quale si coniuga il progetto israeliano “Yinon”, destinato ad assicurare la superiorità di Israele, ha come obiettivo quello di riconfigurare il Medio Oriente nel suo ambiente geostrategico attraverso una “balcanizzazione degli Stati del Medio Oriente e dei paesi arabi” per farne dei piccolo Stati senza potenza. Auspica lo smembramento o la divisione della Siria, dell’Iraq, del Libano e dell’Iran, ma anche della Turchia e del Pakistan. Prevede la divisione dell’Africa del Nord, a cominciare dall’Egitto, per estenderla poi alla Somalia, al Sudan, alla Libia, al Mali e al resto della regione. Alla fine tende a dividere il mondo arabo-mussulmano per renderlo impotente e amorfo. La Siria, pezzo forte di questo gioco, doveva essere diviso in più mini-Stati che raggruppassero le diverse identità settarie e religiose dei sunniti, degli sciiti, dei cristiani e dei drusi.

Essendo la guerra diretta costosa e pericolosa, a causa della crisi economica che attraversa l’occidente e del nuovo rapporto di forze che va stabilendosi, gli strateghi USA hanno presto trovato la soluzione demoniaca che consente loro di farla per mano degli stessi arabo-mussulmani contro loro stessi, coi loro soldi, i loro uomini, i loro media! Limitando il loro ruolo agli orientamenti, alle tattiche, alle tecniche di propaganda e agli aiuti “logistici”, vale a dire le armi. Essi non possono trovare migliori alleati che l’Arabia Saudita e il Qatar per il finanziamento, l’indottrinamento e il reclutamento di mercenari/terroristi arabi (soprattutto gli jihadisti- salafiti e wahabiti di Al Qaida), oltre alla Turchia di Erdogan, la Giordania e i loro sostenitori anti-siriani del Libano, per istallare le retrovie per gli attacchi e i ripiegamenti ospitati nei campi detti di “rifugiati”. L’Associazione internazionale dei Fratelli Mussulmani ha presto mostrato il suo vero volto, in questo disordine arabo, difendendo a spada tratta le tesi occidentali nella destabilizzazione di alcuni Stati arabi, sia per mancanza di una lucida visione politica, incompetenza, sia per corruzione e furberia.


In questa lotta di influenza dei Grandi, gli Statunitensi sostengono di far parte dei “giusti”, recando aiuto ai popoli per la loro “emancipazione” nel quadro dei “diritti e doveri umani”, mentre i russi e i cinesi sostengono che spetta solo ai popoli, e senza ingerenze, di scegliere il proprio destino senza alcuna forza “straniera”  possa pretendere di dettare loro la forma e i modi. Ognuno applica la sua tattica secondo le alleanze e la sua forza! Tutti gli altri attori, in questa lotta, sono solo dei poveri disgraziati o delle marionette, che trovano il loro interesse presso l’uno o presso l’altro.

Durante un incontro coi giovani, a Damasco, Bachar al-Assad ha dichiarato: “Il popolo siriano si trova di fronte ad una valanga di complotti per avere detto di NO agli Stati Uniti… Il paese supererà la crisi attuale e sventerà i complotti, uno dopo l’altro. A questo punto i paesi arabi presenteranno le loro scuse al popolo e al governo siriani, per le loro posizioni anti-siriane”.

I media e i loro ausiliari dei “diritti dell’uomo” , tra cui l’OSDH del misterioso e invisibile giordano-svedese Rami Abdel Rahman di Londra che dipende direttamente da Washington e anche Human Right Watch che è affiliato anche all’AJC (American Jerwish Committee) o l’intempestiva entrata in scena della Sud-Africana N. Pillay, “Signora diritti dell’uomo” dell’ONU, per preparare le “accuse”, sono solo degli strumenti di appoggio ingaggiati in questa guerra. Questi media possono agire in proprio, chiamati media “mainstream”, o ingaggiati con la corruzione, ma una buona parte dei media arabi hanno seguito per indottrinamento, vendetta o incompetenza. I Russi hanno rivelato che alcuni dei loro giornalisti hanno ricevuto delle importanti somme di denaro dal Qatar in cambio di articoli anti-Assad. Si può dunque capire la ragione per la quale alcuni media e “giornalisti” arabi abbiano sostenuto le tesi occidentali in questa ondata delle “Primavere arabe”. Noi abbiamo letto con attenzione i loro articoli, dopo l’aggressione contro la Libia, attraverso i quali essi mostrano chiaramente il loro partito preso in favore delle tesi della NATO, del Qatar e dell’Arabia Saudita e il loro appoggio a quelli cui affibbiano il nome di “thouars” (rivoluzionari). Di conseguenza essi appoggiano le trame di quel sinistro filosofo del male, quel notorio sionista franco-israeliano, contro gli Arabi. Essi sono dunque dei relais di questa propaganda, riprendendo come pappagalli le informazioni delle agenzie di stampa e delle televisioni impegnate nella “guerra mediatica”, come Reuters, l’AFP, Al Jazeera, Al Arabia, CNN, BBC e France 24 in particolare.

A che punti siamo allora in Siria? Dopo 18 mesi in cui tutti i mezzi politici, economici e di disinformazione – anche i più ignominiosi, condannati dalle leggi e dalla ragione – sono stati utilizzati per destabilizzare questo paese e riportarlo nel loro seno, questa Siria resiste fronteggiandoli con qualche successo, nonostante la complessità dei complotti, e ciò grazie al suo esercito, al suo popolo e alle sue istituzioni. Malgrado qualche defezione di felloni, per corruzione, e l’assassinio di quattro alti dirigenti militari che avrebbe dovuto provocare, nei loro calcoli, il crollo dell’esercito, niente di tutto questo è accaduto. Questa istituzione è rimasta intatta nella sua forza e nella sua dottrina. Di più, soltanto adesso (e nemmeno nell’operazione di Baba Amr che ha annientato tutti i gruppi terroristi in pochi giorni) in questa battaglia di Damasco e di Aleppo, sono state impegnate unità dell’esercito in appoggio alle abituali unità speciali. Risultato: nella prima, a Damasco, si è avuta la disfatta totale dei gruppi in una settimana e si prosegue contro le frange residue; quanto alla seconda, ad Aleppo, bisognava prima allontanare la popolazione civile per bene individuare i gruppi.
Secondo le prime informazioni, la loro sorte è nascosta senza alcuna possibilità di sopravvivenza, al punto che i loro sponsor o i loro committenti – che già gridano al “massacro” o alla “tragedia” che si prepara – fanno appello all’ONU, fanno opera di diversione su pretesi rischi di “utilizzo di armi chimiche” e altre menzogne e diversioni con l’obiettivo di impedire, ovviamente, all’esercito di sterminare il loro “Esercito siriano libero”, ciò che determinerà i nuovi rapporti di forza. La Russia, attraverso la voce di Serguei Lavrov, evoca in effetti una “possibile tragedia”, spiegando che “non è realista sperare che un governo resti passivo mentre una opposizione armata occupa alcune città” e precisando che “i nostri partner occidentali insieme ad alcuni vicini della Siria sostengono e dirigono una lotta armata contro il regime. Il prezzo che si deve pagare è di sempre più sangue”.

Tutte queste reazioni sono di fatto dei segnali del loro fallimento in Siria, che essi hanno dovuto prevedere, conoscendo bene le capacità e la potenza dell’esercito siriano nella regione e soprattutto di fronte ad Israele, considerata come la prima beneficiaria di questa destabilizzazione della Siria, come dimostrano il loro aperto sostegno a questa “ribellione” o le dichiarazioni, in un articolo pubblicato su Yediot Ahranot, di Efraim Halevy, l’ex capo del Mossad, che ha ritenuto che “… se si ristabilisce la pace in Siria, e se il mondo accetta la sopravvivenza del regime di Aassad con l’appoggio di Teheran, e se la Turchia, la Russia, la Cina, gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna e la Germania accetteranno di applicare il piano Annan, per noi questo sarà la disfatta più cocente da quando è nato lo Stato di Israele”.  Tra tutti questi sostenitori, è istruttivo ricordare alcune dichiarazioni, in particolare quelle di questo manipolatore sionista franco-israeliano (Bernard Henri-Levy, ndt) all’Università di Tel Aviv: “Se riusciremo a far cadere Gheddafi, questo sarà un messaggio per Assad” e quella durante una riunione del CRIF: “E’ come ebreo che ho partecipato a questa avventura politica, che ho contribuito alla formazione di fronti militanti, che ho contribuito ad elaborare per il mio paese e per un altro paese una strategia e delle tattiche”, o ancora quelle di Itamar Rabinovitch, ex ambasciatore di Israele a Washington, riportate dal The International Herald Tribune del 19-20 novembre 2011: “George W. Bush desiderava rovesciare Bachar al-Assad” nel 2005, aggiungendo che “Israele vuole farla finita coi leader che sostengono Hezbollah in Libano e Hamas in Siria… profondamente preoccupata per la minaccia iraniana, Israele pensa che togliere il mattone siriano dal muro iraniano potrebbe portare ad una nuova fase della politica regionale”.

Gli USA non possono non sapere che la partita è perduta con una accozzaglia eteroclita di “combattenti” composta da terroristi/mercenari a buon mercato, da accattoni, criminali, canaglie, frustrati, ma anche falsi bigotti – che non sanno nemmeno per chi lavorano – contro un esercito (quello regolare siriano, ndt) temuto perfino da Israele.

In questa logica, non posso che ripetere quanto ho già affermato in un altro articolo e che trova verifica in talune analisi sulla situazione siriana:  “A ben considerare gli annessi e i connessi, questa “battaglia” appare come un’operazione che mira, non tanto a conquistare Damasco, ma a “nascondere” tutti i personaggi che hanno ingaggiato ed hanno fallito, soprattutto quelli stranieri, in particolare Libici, Sauditi, Afghani, Egiziani, Giordani che nulla conoscono della realtà locale, dei desperados.  I Siriani non sono più la parte dominante e determinate delle bande ribelli in quanto la più parte si è consegnata con armi e informazioni alle Autorità, approfittando delle misure di clemenza decise nei loro confronti...Sarebbe stupido pensare che chi ha pianificato questa “battaglia di Damasco” intendesse vincerla, come sarebbe altrettanto stupido pensare che i servizi di informazione siriani, noti per la loro efficienza, non fossero al corrente di questa “operazione”...Il risultato non si è fatto attendere se in meno di una settimana Al Midan, questo quartiere di Damasco  che hanno fatto credere fosse stato “liberato”, è stato totalmente “ripulito” da questi gruppi...  Altri luoghi, più particolarmente le banlieue di Hallab, Idlib, Homs e Hama sarebbero oggetto di operazioni in corso per ripulirle degli ultimi gruppi armati che sono impegnati in combattimenti di retroguardia... Questa “battaglia di Damasco” è stata certamente ben studiata, tatticamente, da parte dei “servizi” dell’esercito siriano per riuscire a mettere in rotta, militarmente e moralmente, una buona parte dell’ESL (Esercito Siriano Libero)". In effetti gli strateghi USA sono abbastanza perspicaci per progettare di trasformare una “disfatta” in un “successo”, prevedendo di fare eliminare dall’esercito siriano, dopo avere ingaggiato e messo insieme il massimo dei terroristi islamisti, i loro nemici di sempre, nel caso avessero fallito. Non c’era un’occasione migliore. Quanto al fallimento di questa avventura, il pragmatismo USA, che insegue solo l’interesse, saprà ritirare le “sue biglie”, così come le ha discretamente dispiegate, senza troppe conseguenze, e al momento giusto autorizzare il “dialogo” per uscire dalla crisi.


Una osservazione sull’Egitto. Abbiamo trovato curioso che i “Fratelli Mussulmani” non abbiano fino ad oggi preso posizione contro il “regime di Bachar”. E’ forse per non dover sostenere da soli la causa palestinese, il loro credo che determina la loro esistenza, della quale nella situazione attuale non possono prendersi carico? E’ anche per assicurarsi una uscita di emergenza verso un eventuale riposizionamento  sull’atro asse in caso di difficoltà?


L’avvenire prossimo ci fornirà maggiori dettagli sui minimi particolari di questo “obiettivo Siria”, con le sue conseguenze sul piano geopolitico e di politica interna dei paesi coinvolti; soprattutto le monarchie dell’Arabia Saudita e del Qatar, che hanno messo in gioco la loro dinastia, ma anche la Turchia di Erdogan, cui è affidato il ruolo dello “zimbello di tutta” la Nato in questa spedizione anti-siriana. Se questo “obiettivo siriano” non riuscirà a produrre il rovesciamento del “regime di Damasco”, la lettura politica che bisognerà farne è quella della definitiva “disfatta” di questa NATO anacronistica, disfatta che annuncerebbe la fine dell’unilateralismo USA sul mondo. E le due monarchie medioevali ricche, la loro pretesa dominazione economica, politica e religiosa nel mondo arabo, perfino in occidente – con, per il Qatar, il suo mito di “eldorado qatariano” – che avvantaggia di fatto solo i principi, una minoranza di autoctoni o dei naturalizzati molto selezionati, oltre che agli Occidentali ed altri arabi opportunisti, devono sparire per lasciare il posto a Stati più moderni e virtuosi.


Giacché le guerre moderne sono fatte più di disinformazione, propaganda, sovversione, manipolazione mentale e di virtuale, è bene chiudere ricordando qualche elemento della “guerra psicologica” che mostri bene come essi sono applicati in Siria per realizzare il piano di ricomposizione del Medio oriente. Citiamo qui cinque tipi di controllo dell’individuo e della società il cui obiettivo è di far crollare la fiducia, suscitare un senso di colpa e di inferiorità, la paura, lo shock traumatico e anche qualche sogno, per renderli vulnerabili: tecniche di “pianificazione”, “psicologiche”, “di propaganda”, di “disinformazione”, di “azioni mirate”. I mezzi più efficaci cui si ricorre sono soprattutto i media audiovisivi e il net che raggiungono direttamente la cellula familiare.
Si può consultare la “strategia dei padroni del mondo” di Sylvain Timsit che definisce 10 punti per la manipolazione e il condizionamento delle masse.

Ogni Stato deve dunque premunirsi e proteggere i suoi cittadini dotandosi di mezzi – adeguati e di qualità, servendosi di competenze – per contrastare o fronteggiare alla manipolazione e alla sovversione. Capendo quali sono le strategie dei manipolatori, diventa facile sviluppare delle strategie di “contro-manipolazione”. Il fine essendo di spezzare questa propaganda con la verità e la realtà delle cose, sviluppando lo spirito critico. “Bene informati, gli uomini sono dei cittadini, male informati diventano dei sudditi” (Alfred Sauvy).


A proposito propriamente della disinformazione, chiudiamo citando, a titolo di esempio, un interessante rapporto redatto da due centri di ricerche francesi, pubblicato nel gennaio 2012 e intitolato “Siria, una libanizzazione fabbricata”. Si tratta del CF2R (Centre français de recherche sur le renseignement) e del CIRET-AVT (Centre international de recherches et d’études  sur le terrorisme et l’aide aux victimes du terrorisme). Nel capitolo dedicato alla disinformazione, intitolato «Le tecniche di disinformazione in atto », citiamo questo estratto :


(…) “Le tecniche di disinformazione in atto” (Cap. 5, pag. 33)


La redazione di Al Jazeera ha fatto un lavoro molto preciso di selezione di elementi di linguaggio (wording) destinata a colpire il governo siriano ed a legittimare le manifestazioni, compresi gli atti di violenza e di terrorismo:

• Tecnica di estensione: non sin cita questa o quella località, si parla sempre della “Siria” o di “un paese occupato da una famiglia”.

•  Tecnica di etichettatura: non si parla di “gruppi salafisti”, ma dell’esercito siriano libero e delle forze della resistenza.

• Tecnica di abolizione del tempo: si retrodatano gli avvenimenti, si annunciano degli scontri prima che abbiano luogo.

• Tecnica della falsificazione: diversi canali satellitari arabi hanno diffuso immagini dell’Egitto o dello Yemen (vecchie di settimane o di mesi) affermando che erano state girate in Siria. Spesso queste riprese non corrispondevano né alla stagione né al meteo del giorno, mostrando gente che sfilava col cappotto in piena estate 2011.


I reportage citano raramente le fonti. Alla maniera di Fox-News, il commento parla della “opposizione” e della “resistenza”. Le espressioni – qualcuno pensa che…”, “in città si dice che…” o “alcuni abitanti hanno visto che…” – ritornano spesso.

Si citano per lo più dei “testimoni oculari”, menzionando raramente il nome o la qualità di vittima. I luoghi e la data restano spesso approssimativi e le immagini di archivio non sono praticamente mai citati come tali.

Nei media vengono regolarmente intervistati diversi individui che si presentano come “attivisti siriani”, senza fornire allo spettatore la minima prova della loro qualità. In un caso specifico si è potuto accertare che lo “pseudo testimone” era in realtà un giornalista libanese che vive nei Paesi Bassi.

Diversi corrispondenti di televisioni francesi, “testimoni oculari dei massacri”, si è scoperto che si trovavano invece a Dubai, in Giordania o in Kuwait.

Infine una delle principali fonti dei media occidentali a proposito delle “atrocità” del regime siriano e del numero dei morti provocati dalla repressione è l’Osservatorio siriano dei diritti umani (OSDH), riconosciuto dall’Unione Europea, che pretende di divulgare le cifre dei Comitati locali di coordinamento che contano le vittime sul campo. Ma la sua affidabilità appare discutibilissima.

L’Osservatorio è stato infatti creato da alcuni Fratelli Mussulmani che vivevano in esilio a Aix-la-Chapelle, in Germania, prima di trasferirsi a Londra. Il suo dirigente, l’avvocato Al-Malh, 81 anni, presidente della Commissione siriana dei diritti dell’uomo, è stato otto anni in prigione per la sua appartenenza alla Confraternita. E’ uscito di prigione solo nel 2010.

Soprattutto l’emittente qatariana Al-Jazeera dedica da 5 mesi quasi il 70% del suo tempo di antenna alla crisi siriana:

- Questo paese giustifica obiettivamente una tale copertura?  Come per la Libia ci si può legittimamente chiedere al servizio di quale agenda politica questa emittente pone tanta insistenza in un lavoro che assomiglia più ad una copertura militante che ad informazione.


Possono essere citati numerosi esempi di manipolazioni mediatiche:

• A Lattaquié, l’11 settembre 2011, Al-Jazeera e Al-Arabia annunciano delle sparatorie alle 2 del mattino. Ebbene esse sono cominciate solo due ore più tardi, alle quattro del mattino…

• A Damasco, il 23 settembre 2011, le stesse due emittenti parlano di importanti manifestazioni sulla piazza degli Abbasidi… che avranno luogo solo il sabato successivo. 

• A Duma, nel novembre 2011, Al-Jazeera e Al-Arabia annunciano alle ore 1,30 che un posto di sicurezza siriano è stato attaccato e bombardato. La TV siriana invia una troupe alle ore 2,30 per dimostrare che non era vero. Non di meno questo centro sarà davvero attaccato, ma alle ore 3,00!

• Regolarmente le code di attesa dei taxi, particolarmente lunghe in piazza Umawiyeen a causa degli ingorghi di traffico, vengono presentate come manifestazioni contro il regime.

• A Homs, inizio dicembre 2011, ha luogo una manifestazione per chiedere le dimissioni del governatore “che non protegge efficacemente la popolazione dagli insorti”. Essa  stata presentata dai media stranieri come una “manifestazione contro il regime” (…)     

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