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 Siria, dicembre 2011 - Il dramma attualmente in atto in Siria non è locale, ma internazionale, trattandosi di uno dei luoghi di instabilità creati dall’oligarchia finanziaria inglese per scatenare un conflitto mondiale. Nel momento in cui l’impero finanziario off shore della City è sul punto di affondare, diverse agenzie britanniche sono al lavoro per forzare l’opinione pubblica mondiale a sostenere la distruzione della nazione siriana... (nella foto, Abdelhakim Belhaj)






Solidarité et Progrès, 26 dicembre 2011 (traduz. Ossin)



Come Londra è al lavoro in Siria


Il dramma attualmente in atto in Siria non è locale, ma internazionale, trattandosi di uno dei luoghi di instabilità creati dall’oligarchia finanziaria inglese per scatenare un conflitto mondiale. Nel momento in cui l’impero finanziario off shore della City è sul punto di affondare, diverse agenzie britanniche sono al lavoro per forzare l’opinione pubblica mondiale a sostenere la distruzione della nazione siriana, qualsiasi cosa ne pensi il suo attuale regime.

Come rivela il sito di informazione della sinistra USA
Huffington Post, “per la prima volta una società di raccolta di informazioni mainstream, con sede proprio negli Stati Uniti, rimette in discussione la linea editoriale sulla Siria”. Agenzia privata con sede nel Texas, Stratfor ha infatti appena pubblicato un rapporto nel quale, sulla scorta di una serie di esempi di sostegno, conclude che “la maggior parte delle denunce fatte dal Consiglio Nazionale siriano (CNS) si sono rivelate grossolanamente esagerate o semplicemente false, rivelatrici così più della debolezza dell’opposizione che del livello di instabilità in seno al regime siriano”. Il rapporto indica come protagonista di questa propaganda l’Esercito siriano libero e l’Osservatorio dei diritti dell’uomo, e spiega che “le forze di opposizione hanno interesse a evocare dei massacri imminenti, sperando così di realizzare le medesime condizioni che hanno portato all’intervento militare in Libia”.

Così, l’Osservatorio siriano dei diritti umani, organismo con sede a Londra, non solo è la unica fonte di tutti i media internazionali quando riferiscono del bilancio totale degli scontri in Siria, ma è anche la fonte delle cifre annunciate dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo. E questo “Osservatorio” riceve a sua volta le notizie da un’altra organizzazione londinese, lo Strategic Research and Communication Center, presieduto da Ausama Monajed, un oppositore siriano adottato dallo MI6 e coccolato dal Project Democracy statunitense. Ciò che dà da pensare, secondo l’ex agente della CIA Phil Giraldi, che il bilancio delle vittime siriane provenga direttamente dai servizi inglesi.

D’altra parte la moltiplicazione degli attentati, sabotaggi e attacchi contro i servizi di sicurezza siriani denuncia la presenza di gruppi addestrati alla guerriglia e riforniti di armi dall’estero. Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti sono al lavoro sul versante turco per addestrare e armare i combattenti siriani: “utilizzano la primavera araba e le manifestazioni come copertura, così come hanno fatto in Libia”, dichiara Paul Craig Roberts, ex ufficiale dell’amministrazione Reagan. “Queste non sono manifestazione spontanee e, in uno Stato autoritario come la Siria, non è possibile che vi siano delle opposizioni in grado di armarsi militarmente”. D’altronde, e questo non è più un segreto perché ne ha parlato anche la grande stampa, molti ribelli libici sono al lavoro in Siria.

Come hanno scritto l’inviato speciale de Le Figaro, che si è infiltrato nell’esercito siriano libero, e molti altri giornalisti, tra i Libici presenti ci sono Mahdi al Hatari e Adem Kikli, i luogotenenti di Abdelhakim Belhaj, il dirigente di AlQaida Libye utilizzato dagli Occidentali per rovesciare il regime libico e poi diventato comandante militare di Tripoli. Belhaj è il capo del Gruppo dei combattenti islamisti libici (GCIL), un gruppo terrorista “made in Inghilterra”, nato negli anni 1990 in Afghanistan e poi integratosi in AlQaida.