Hebdo Al-Ahram, 22 marzo 2011


Il Poter panico
di Maha Salem


Dopo le violenze omicide della settimana scorsa e l’intervento dell’esercito saudita, le autorità del Bahrein annunciano di essere vittime di un complotto straniero


Ancora una volta viene agitato lo spettro di un complotto straniero. Il Bahrein ha annunciato di avere sventato un complotto contro la sua sicurezza, implicitamente accusando l’Iran. Questo piccolo regno del Golfo è fino ad ora fortemente aiutato dall’Arabia Saudita e gli Stati Uniti che vi hanno collocato una base militare che ospita la V° flotta. Questo arcipelago è infatti strategico per gli Stati Uniti, ma la dinastia dei Khalifa è contestata da un forte movimento di opposizione. Se pure l’opposizione non ha fino ad ora avuto alcun carattere religioso,  alcuni tentato di ricondurre il conflitto ad uno scontro tra sciiti e sunniti. L’80% della popolazione è infatti sciita, ma il governo è nelle mani della comunità sunnita dell’isola. “Il regno del Bahrein ha sventato un complotto straniero che era fomentato da almeno 20 o 30 anni”, ha annunciato il re Hamad bin Issa Al Khalifa. Non ha precisato quale paese sia coinvolto in questo complotto, ma Manama e i dirigenti sauditi hanno denunciato l’influenza dell’Iran.
I Sauditi hanno inviato un migliaio di uomini per sostenere il lignaggio dei Khalifa. Poi la polizia è intervenuta brutalmente per scacciare dal centro di Manama i protestatari che vi si erano accampati da diverse settimane. Anche gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar hanno inviato dei soldati, nell’ambito degli accordi di difesa dei paesi che fanno parte del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG). Gli Stati Uniti che hanno nel Bahrein il comando della loro V Flotta, incaricata della protezione delle rotte petrolifere del Golfo, hanno invitato le autorità alla moderazione, ma si sono astenuti da ogni altra forma di pressione. Gli Stati Uniti hanno per altro annunciato di non avere alcuna intenzione di intervenire in questo paese.
Il consigliere del presidente Barack Obama per la sicurezza nazionale, Tom Donilon, ha insistito sul fatto che le situazioni in Libia e Bahrein non sono “paragonabili”, giustificando in tal modo la diversa reazione USA. Ha aggiunto che il governo del Bahrein aveva proposto un dialogo nazionale con l’opposizione, ma che quest’ultima ha rifiutato, esigendo come primo passo le dimissioni del Primo Ministro, zio del Re, che è in carica da 40 anni. Hillary Clinton ha dal canto suo sostenuto che il Bahrein ha il “diritto sovrano” di chiedere l’aiuto dei suoi vicini del Golfo per difendersi. E’ chiaro che il Bahrein cerca di far passare la contestazione interna come un’ingerenza dell’Iran che, dal canto suo, rigetta ogni manipolazione.
Per difendere la sua posizione, il re Hamad ha assicurato che il complotto sventato aveva come obiettivi tutti i paesi del CCG  - Arabia Saudita, Bahrein, Emirati arabi uniti, Qatar, Oman e il Kuwait. Questi ricchi regni petroliferi temono, dalla sua istaurazione nel 1979, l’influenza della Repubblica islamica dell’Iran, unica teocrazia sciita della regione. Fino alla prima guerra del Golfo nel 1991, queste monarchie vedevano nell’Iraq di Saddam Hussein una protezione essenziale contro il regime di Teheran.  Ma dopo l’imbrigliamento e poi la caduta del presidente iracheno, la sicurezza del Golfo e dei suoi campi petroliferi è assicurata dagli Stati Uniti. “Gli Stati Uniti sono impegnati incondizionatamente per la sicurezza del Golfo”, ha ricordato la Clinton la settimana scorsa.  Ha denunciato le attività dell’Iran che, secondo lei, minano “la pace e la sicurezza” della regione.
La settimana scorsa l’Iran ha richiamato il suo ambasciatore a Manama per protestare contro la repressione sanguinosa delle manifestazioni in Bahrein,  ed ha denunciato l’invio di truppe saudite e degli Emirati. Dopo le autorità del Bahrein hanno espulso un diplomatico iraniano, accusato di aver fatto entrare delle armi in Bahrein. Teheran ha risposto applicando la legge di reciprocità ed ha espulso un diplomatico del Bahrein.
I manifestanti, che occupavano da un mese il centro della capitale, sono stati violentemente cacciati dalla polizia. Il re Hamad bin Issa Al Khalifa ha tuttavia promesso di continuare ad impegnarsi nel dialogo, ma la situazione resta bloccata.  In un comunicato, il Consiglio dei ministri si è rammaricato della risposta negativa dell’opposizione all’apertura di un dialogo mirante a trovare delle soluzioni.  Difendendo la scelta del rifiuto, lo sceicco Ali Salmane, capo del potente movimento dell’opposizione sciita Al-Wefaq, ha spiegato di essere “favorevole al dialogo. Ma non firmeremo alcuna resa e non tratteremo con un’arma puntata alla tempia”. Ha inoltre affermato che 100 persone risultano scomparse e 16 sono state uccise. Per difendere la propria posizione, la monarchia ha decretato lo stato di emergenza, ma tutto sembra indicare che il regime non sa più come fronteggiare le contestazioni.   

 

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