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www.consortiumnews.com – 18 marzo 2011


L’invasione del Bahrein
di Graig Murray*


Nella stampa occidentale, l’invasione saudita del Bahrein viene garbatamente chiamata “movimento di truppe” o “arrivo” – e le reazioni di Washington e delle altre capitali occidentali brillano per la loro assenza, mentre il re sunnita del Bahrein autorizza l’annientamento violento dei manifestanti pro-democrazia della maggioranza sciita.
Torna l’informazione selettiva – per esempio (la radio) Democracy Now è più o meno il solo media a menzionare il fatto che un altro brutale alleato degli Stati Uniti, l’Uzbekistan, ha appena espulso l’organizzazione Human Rights Watch.
Immaginate che cosa sarebbe successo se l’uomo forte della Libia, Muammar Gheddafi, avesse chiamato in suo aiuto gli eserciti del Ciad, del Mali e del Burkina Faso per attaccare i ribelli di Bengasi.
Credete che i dirigenti occidentali, che condannano a buon diritto l’apparente ricorso di Gheddafi a mercenari stranieri, condanneranno il ricorso ad una forza militare straniera da parte degli sceicchi petroliferi per schiacciare una maggioranza di manifestanti a Bahrein. Certamente no.
Un alto diplomatico di una missione occidentale alle Nazioni Unite, che conosco da più di dieci anni  e con il quale ho confidenza, mi ha detto infatti che il Segretario di Stato Hillary Clinton ha dato il via libera all’ingresso delle truppe per spezzare la democrazia nel Golfo, come merce di scambio con la Lega Araba che ha sostenuto l’intervento occidentale in Libia.
Abbiamo anche sentito il canale Sky News, che appartiene alla famiglia Murdoch, giustificare l’invasione saudita del Bahrein sulla base di un accordo militare del Consiglio di Cooperazione del Golfo, che permette di domandare aiuto in caso di attacco. Cosa che non include tuttavia l’ipotesi di un attacco da parte del proprio stesso popolo che, sia detto en passant, non è armato.
La NATO è un’alleanza militare. Ciò non significa che il Primo Ministro inglese abbia il diritto di chiamare le truppe USA per abbattere dei manifestanti pacifici davanti al parlamento.
Ma la terribile azione degli sceicchi arabi passa sotto silenzio in Occidente perché questi sono i “nostri” figli di puttana (allusione alla celebra frase di un presidente USA, con riferimento ad un dittatore sud-americano: “Forse è un figlio di puttana, ma è il nostro figlio di puttana”). Questo sceicchi arabi ospitano le “nostre” truppe, comprano le “nostre” armi, e vendono a “noi” il petrolio.
Io spero che gli ultimi avvenimenti facciano prendere coscienza a coloro che si sono fatti abbindolare sulla necessità di sostenere l’intervento occidentale in Libia, quelli che credono che i capi degli eserciti occidentali siano motivati da preoccupazioni umanitarie.
C’erano già delle forze straniere stazionate in Bahrein – soprattutto la 5° flotta USA. Credete che la Segretaria di Stato Clinton o il Presidente Obama possano minacciare di intervenire per portare soccorso ai militanti per la democrazia se gli eserciti dell’Arabia Saudita o di altri regni locali si scatenino contro di loro? Io non credo.
Quale sarà l’effetto dell’invasione del Bahrein su di un’opinione politica trascinata dietro l’intervento militare in Libia?
Mi piacerebbe per esempio sapere se Menzies Campbell e Philippe Sand, che hanno scritto un editoriale su The Guardian intitolato “Il nostro dovere è di proteggere il popolo libico”, pensano che l’Occidente abbia il dovere di proteggere anche i manifestanti per la democrazia in Bahrein – di proteggerli dagli attacchi delle forze militari del re e dei suoi alleati.
Noi sappiamo, grazie all’Iraq, l’Afghanistan, la Serbia, il Libano e Gaza, che i “danni collaterali” di un bombardamento delle postazioni antiaeree libiche provocherà un numero maggiore di vittime rispetto a quelle che vi sono state nel corso degli avvenimenti in corso.
Se la chiusura dello spazio aereo rafforzerà il morale dei ribelli, resta che la maggior parte delle perdite da parte dei ribelli derivano dai tiri di artiglieria. Questa misura non sarà quindi idonea a modificare i rapporti di forza sul campo.
Sembrerebbe che sbarazzarsi di Gheddafi richiederà più tempo del previsto per l’Occidente ma una qualsiasi forzatura porterebbe ad un altro Iraq e concederebbe a Gheddafi l’aura immeritata di un patriota. E’ stato l’ex ambasciatore inglese in Libia, Oliver Miles, a dichiarare che occorre evitare un intervento militare occidentale, soprattutto a causa delle conseguenze imprevedibili.
Una conseguenza già c’è stata oggi, conseguenza involontaria da parte dei progressisti che si sono allineati a sostegno di un’aggressione militare contro Gheddafi. La campagna contro Gheddafi ha consentito di nascondere l’annientamento della democrazia in Bahrein da parte di un esercito straniero.
Clinton e Obama vincono su tutti i fronti: l’imposizione della politica estera degli Stati uniti in Libia dove Gheddafi è stato a lungo la bestia nera degli USA, e negli stati petroliferi del Golfo, dove la democrazia viene considerata una minaccia per la stabilità. C’è veramente da piangere.
 
*Ex ambasciatore inglese in Uzbekistan dal 2002 al 2004. E’ stato dimissionato quando ha protestato contro le informazioni ottenute da prigionieri torturati con pratiche estremamente violente dalle autorità uzbeke.