Stampa







Destabilizzare l’Algeria con una “primavera” che viene dalla Tunisia
Djerrad Amar

Da qualche giorno girano informazioni su una organizzazione privata USA legata alla CIA che si occupa, dalla Tunisia, di reclutare Algerini per farne, dopo un’adeguata formazione, degli attori e animatori di una “Primavera araba” progettata in Algeria. L’organizzazione in questione, che altro non è se non una “vetrina” della CIA, è l’ONG “Freedom House”, che si dichiara impegnata nella difesa dei diritti umani, delle libertà e della democrazia, nei paesi dove sono in deficit. Sul sito di questa ONG appare infatti un annuncio intitolato “Direttore del progetto – Tunisia”, dove risulta che questi sarà incaricato di sviluppare e realizzare dei programmi diretti a sostenere la democrazia e i militanti per i diritti umani; gestire il programma dal punto di vista strategico, finanziario, delle risorse umane, della comunicazione, controllo e valutazione; stabilire rapporti con le organizzazioni locali di difesa dei diritti umani e i loro militanti; individuare le opportunità ed elaborare, in coordinamento col direttore regionale, dei programmi di finanziamento e di organizzazione. A tal fine Freedom House prende in carico i militanti di prima linea che lottano per “la diffusione delle libertà e la democrazia nel mondo intero, soprattutto la libertà di stampa e la libertà del Net”. Ha 13 uffici periferici e 2 negli Stati Uniti.


Il Segretario Generale del Partito dei Lavoratori, Louiza Hanoun, si è preoccupato, durante un meeting a Annaba, di lanciare l’allarme e invitare alla vigilanza per fare fallire ogni velleità di arrecare danno all’Algeria. Alcuni giornali tunisini hanno parlato della “formazione” di 200 Algerini residenti in Tunisia, ma altri parlano di 350, 150 dei quali sarebbero dei Tunisini che hanno già preso parte alla “destabilizzazione della Tunisia e dell’Egitto”. Questi “cyber-collabo” (cyber-collaborazionisti), come li definiscono in Tunisia, hanno già contribuito alla “rivoluzione del gelsomino”, sotto la guida di Freedom House, che dispone oramai di un ufficio a Tunisi per “accompagnare i Tunisini nel loro magnifico processo di trasformazione democratica”.


Secondo “Tunisie-Secret”: “L’Algeria doveva cadere contemporaneamente alla Tunisia. In soli due mesi (gennaio e febbraio 2011) avrebbero dovuto esservi quasi una ventina di immolazioni col fuoco. Secondo le nostre informazioni, gli studi di Al Jazeera erano già stati installati a Oujda, in Marocco, fin dal 23 gennaio 2011 per filmare scene di insurrezione interpretate da figuranti marocchini e farle passare come video autentici ripresi nelle città algerine. Esattamente come è accaduto nel caso di Bengasi e Tripoli”; per concludere così: “il governo usurpatore della Troika non si accontenta solo di spedire centinaia di jihadisti mercenari in Siria. Complotta anche contro l’Algeria, secondo una agenda USA-Qatariana”.


“Freedom House”, secondo Wilkipedia, si dichiara organizzazione non governativa impegnata nello “sviluppo delle libertà nel mondo. La libertà non è possibile se non in un sistema politico democratico, nel quale i governi sono responsabili di fronte al popolo, la legge è rispettata e le libertà di espressione, di associazione e di culto e il rispetto dei diritti delle minoranze e delle donne siano garantiti… I nostri consigli di amministrazione sono unanimi nel considerare che il predominio USA negli affari internazionali è essenziale per la causa dei diritti dell’uomo e della libertà”, precisa. Ma molti sono anche concordi nel ritenere che questa organizzazione sia una impostura, creata per difendere gli interessi degli USA e nient’altro. Justin Raimondo (scrittore e libertario statunitense, direttore del sito web antiwar.com) così la descrive: “Le norme di Freedom House sono elastiche e si piegano agli ordini della politica estera degli Stati Uniti”.

Infatti, a guardare le fonti di finanziamento (governo USA, i gruppi privati di Georges Soros) e i personaggi che hanno fatto parte del consiglio di amministrazione (come James Woolsey, ex direttore della CIA; Samuel Huntigton, l’autore dello “Scontro delle civiltà”; Zbigniew Brzezinski, ex consigliere per la sicurezza nazionale USA; Donald Rumsfeld, ex segretario alla Difesa degli Stati Uniti e Paul Wolfowitz, ex segretario aggiunto alla Difesa USA), è lecito dubitare fortemente degli obiettivi “umanisti” di questa fondazione! Se si aggiunge anche Zainab Al-Suwaij – un’ irachena che si è schierata con gli aggressori contro Saddam, per poi fuggire dal paese e diventare cittadina USA – che è dirigente della Freedom House e direttrice dell’AIC (American Islam Congress), si comprendono perfettamente la strategia, la tattica e gli obiettivi di questa organizzazione e di quelle a lei simili in questa offensiva in corso contro la parte del mondo arabo che si è scelto di destabilizzare.


Freedom House è già ben presente in Tunisia. Il suo nuovo obiettivo sarebbe adesso l’Algeria. Il relativo programma questa volta si chiama “nuova generazione di militanti per la democrazia in Algeria”, dopo il fallimento di quelli del gennaio e del settembre 2011. Detto programma sarebbe supervisionato, secondo il quotidiano “Alfadjr”, dal ministro tunisino per i diritti umani e militante del partito islamista Ennahdha, Samir Dilo. Il cavallo di Troia sarebbe una formazione politica islamista algerina, sedicente “moderata”.


I blogger algerini coinvolti nel progetto faranno un lavoro di individuazione delle restrizioni delle libertà in Algeria, di definizione dei bisogni sociali della popolazione e di documentazione sul cosiddetto “decennio nero” e sugli “abusi di potere” di questi anni. Combinando tutto questo con le condizioni socio-economiche un po’ difficili delle regioni del Sud, risulta facile elaborare una strategia e delle tattiche per scatenare una rivolta controllata, da ricomporre poi secondo gli obiettivi auspicati.


Ma tutto ciò non fa i conti con lo spirito di vigilanza e la diffidenza, acquisiti in Algeria durante la colonizzazione, e l’esperienza acquisita durante il decennio di guerra civile. La diffidenza è diventata genetica, al punto che ha dato luogo a due modi di dire, di grande impatto, come “aspettarsi il miele dal culo di una vespa”, oppure “non fidarti, neppure se ti portano il Paradiso sul palmo di una mano”. Gli Algerini sanno bene che nessun complotto può essere ordito se non vi sono complicità all’interno e all’esterno del paese, ottenute o col denaro o per desiderio di vendetta o più direttamente per tradimento. Trovare dei complici di questo tipo è sempre possibile. Ci sono delle canaglie, dei degenerati, senza morale, che il potere, l’avidità o il denaro hanno definitivamente pervertito. Ma gli Algerini sanno come localizzarli e sconfiggerli, grazie alla grande esperienza acquisita nelle avversità.


Allora, che siano 200  blogger o 2000, questo non sarà un terreno facile per i nostri felloni arabi del XXI° secolo, con le loro Al Jazeera, Alarabia, France 24, BBC Arabic, fossero anche sostenuti da Freedom House, dalla NED e dalla sua filiale Human Rights Watch, dall’Albert Einstein Institution, dalla Senior Intelligence School di Fort Holabird, tutte “vetrine” della CIA, o anche da quella che si autodefinisce “opposizione algerina all’estero”, coi suoi siti e le TV specializzate nella sovversione, finanziati da gruppi ostili all’Algeria.


Ma comunque  gli Algerini sono chiamati ad una maggiore vigilanza.




Promemoria sulla propaganda di guerra (Michel Collon)

(Estratto)


Questo spiega molte delle cose che oggi ci è dato vedere… Non credere a tutto e diffidare di tutto, potrebbe sembrare una paranoia, eppure siamo arrivati a questo punto… La guerra dell’informazione, per ottenere il sostegno della comunità internazionale… è una realtà. E’ realmente assai istruttivo… vedere che queste tecniche sono utilizzate ogni giorno per farci meglio bere delle sciocchezze, e bisogna tenerle sempre presenti, anche solo per continuare a guardare un telegiornale!

Esistono delle regole imprescindibili della propaganda di guerra? Sì


Regola n. 1 – Nascondere gli interessi
La regola più fondamentale della propaganda di guerra è di nascondere che queste guerre sono motivate da interessi economici precisi, quelli della multinazionali… Le guerre sono sempre economiche… mai umanitarie… ma ogni volta si racconta il contrario all’opinione pubblica.


Regola n. 2  - Demonizzare (l’avversario)

Ottenere il sostegno dell’opinione pubblica… attraverso una grande mediamenzogna spettacolare. Continuare a demonizzare l’avversario ripetendo all’infinito la trasmissione di immagini di atrocità. Mostrare immagini atroci che dimostrino che l’avversario è un mostro e che dunque si deve intervenire per una “giusta causa”.
Perché una simile mediamenzogna riesca bene, occorrono: delle immagini spaventose, se necessario truccate, da trasmettere continuamente per diversi giorni; monopolizzare i media impedendo che sia trasmessa anche la versione dei fatti dell’avversario; escludere ogni critica…; bollare come “complici”, addirittura come “revisionisti”, tutti quelli che la mettono in dubbio.


Regola n. 3 – Nascondere la storia

Nascondere la storia e la geografia della regione, per rendere incomprensibili i conflitti locali attizzati o provocati dalle grandi potenze.
I media occidentali nascondono all’opinione pubblica i dati storici e geografici essenziali per contestualizzare e comprendere la situazione delle regioni strategiche interessate.
Ciò consente di demonizzare a modo loro uno dei protagonisti che è sempre colui che resiste alle mire neocoloniali.


Regola n. 4  - Organizzare l’amnesia
Evitare ogni serio ricordo delle precedenti manipolazioni mediatiche. Esso renderebbe il pubblico troppo diffidente.
Quando una grande potenza occidentale prepara o scatena una guerra, non sarebbe il caso di ricordare le grandi mediamenzogne delle guerre precedenti? Di imparare a decrittare le informazioni trasmesse dagli stati maggiori? E’ successo questo in occasione di ognuna delle guerre degli anni ’90? Mai. Ogni volta la nuova guerra diventa la “guerra giusta”, ancora più bianca delle precedenti, e non è il momento di seminare il dubbio…