L’Expression, 30 luglio 2012 (trad. ossin)



Vanno a combattere il regime di Al Assad in nome di AlQaida
I nuovi jihadisti algerini
Ikram Ghioua


Nel sud tunisino è sorto un campo di addestramento per le nuove reclute, nella località detta “Jandouba”, ad una sessantina di chilometri dalla frontiera algerina

Danno collaterale o esito prevedibile? Invece di creare la democrazia, le rivoluzioni arabe hanno finito col secernere islamismo. Peggio ancora, sono diventate l’humus dove si sedimenta la minaccia terrorista. E’ il caso attualmente della Siria, dove dai diversi paesi arabi convergono combattenti, anche Algerini, per fare la guerra al regime dittatoriale di Al Assad.

Quale sarà la sorte di questa nuova versione di mujaheddin? Saranno arrestati al loro rientro? I servizi di sicurezza hanno raccolto abbastanza dati su questi futuri e potenziali terroristi della macchia algerina? In ogni caso, queste partenze di Algerini per andare a combattere la dittatura costituisce una vera minaccia per la sicurezza del paese. Rischiano di rieditare lo stesso scenario degli islamisti partiti alla fine degli anni 1980 per combattere il comunismo in Afghanistan.  Sono quegli stessi Afghani che, alla metà degli anni 1990, alimentarono la guerriglia terrorista per mettere poi il paese a ferro e fuoco per un decennio. Vale a dire che le rivoluzioni arabe hanno aperto nuovi spazi di manovra e di intervento per AlQaida, soprattutto in Maghreb. Cosa che è perfettamente riuscita all’ombra dell’intervento della NATO in Libia.

Dopo avere istallato un campo di addestramento per le nuove reclute in località “Jandouba”, nel sud tunisino, ad una sessantina di chilometri dalla frontiera algerina, AlQaida fornisce carne da cannone alla opposizione siriana. Secondo fonti molto bene informate, la nebulosa terrorista ha anche intenzione di installare una base avanzata nel triangolo tra le frontiere tunisina-algerina-libica. I servizi di sicurezza hanno d’altronde appena colto i primi indizi sulle reti di reclutamento e sulla base dei quali hanno avviato le indagini.  Secondo le nostre fonti, le nuove reclute vengono prese in carico fino al loro arrivo in Siria. Citando delle fonti bene informate, il quotidiano El Khabar riferisce nella sua edizione di ieri che alcuni Libanesi, alcuni Turchi e anche dei Libici e degli Egiziani sono incaricati di accompagnare le nuove reclute in Siria.

Questa informazione è stata confermata dalle nostre fonti che sottolineano, come riferisce lo stesso quotidiano, che dopo l’arresto di un membro di una cellula di reclutamento a Illizi, all’inizio del mese, l’uscita dal dedalo volge al termine.

Le stesse fonti confidano che molti elementi di AlQaida in Maghreb sono già partiti per la Siria, grazie ad Abou Zeid, oltre a nuove reclute di numero imprecisato, ma che oltrepasserebbe la ventina secondo una stima che le nostre fonti non ritengono esagerata. Le indagini delle forze di sicurezza mirano a stabilire la natura dei rapporti tra la rete di reclutamento in Algeria e i paesi coinvolti più sopra citati. L’inchiesta coinvolge non meno di otto wilaya, oltre Algeri: Tlemcen, Tiarte, El Oued, Illizi, Tebessa, Biskra, Ghardaia e Djelfa. Come abbiamo riferito in precedenza, le nuove reclute sono accompagnate a volte attraverso la frontiera libanese, a volte attraverso quella turca. La presenza di AlQaida in Siria è stata anche confermata da alti responsabili USA. La nebulosa, diventata complice di quello che viene definito “esercito libero”, ha rivendicato tutti gli attentati kamikaze perpetrati a Damasco e Aleppo, mentre i massacri collettivi costituiscono lo sporco lavoro dei ribelli siriani. Di fronte all’impossibilità di far fronte all’esercito siriano, AlQaida investe nel reclutamento. 2000 dollari e più sono versati per ogni nuovo elemento. Le forze di sicurezza non sono ancora riuscite a individuare la provenienza di queste somme. Ad ogni modo è logico pensare ai paesi del Golfo, che non è un segreto che finanzino i ribelli. Informazioni provenienti da fonti credibili, giunte a noi dal Libano, riferiscono della presenza di diversi uomini armati, provenienti da diversi paesi, tra cui l’Algeria, come hanno anche riferito alcune televisioni arabe ma anche siriane.

La testimonianza di un giornalista europeo sequestrato dai ribelli siriani e liberato dall’esercito regolare nel corso di una controffensiva, fornisce informazioni sulla natura degli avvenimenti che scuotono la Siria e conferma la presenza di molti Maghrebini e Africani alle frontiere siriane. Anche due Italiani hanno testimoniato, dopo la loro liberazione da parte dell’esercito regolare, che i terroristi non sono solo Siriani.   

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